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Violenza assistita: scriverne e parlarne per conoscerla

Violenza assistita: scriverne e parlarne per conoscerla

Intervista a Maria Grazia Anatra, narratrice con la passione per l’infanzia e per le questioni di genere

Domenica, 29/11/2020 - La violenza assistita è un argomento di primaria importanza eppure ancora poco frequentato dal punto di vista narrativo tanto che, osserva Maria Grazia Anatra “in Italia se esistono studi di analisi del fenomeno da parte di specialisti del settore della psicoterapeutico, non così può dirsi per le storie rivolte a bambini e bambine sulla tematica. Nella panoramica editoriale italiana della narrativa per bambini/e, stenta a trovare accoglienza una tematica così spinosa che osa mettere in discussione la èsacralitàè della famiglia italiana, anche quando all’interno di essa avvengono atti di violenza drammatica e ripetuta. Ne consegue, per gli specialisti/e del settore, la necessità di utilizzare testi pubblicati all’estero, riadattati in lingua italiana".
Partendo da questa constatazione Maria Grazia Anatra, docente liceale ora in pensione e appassionata di politiche di genere, da anni lavora sulla narrativa per bambini/e con particolare attenzione alla formazione del corpo insegnanti. Si colloca nel solco della narrativa terapeutica il suo primo libro sul tema della violenza assistita “Possiamo tenerlo con noi?” (Matilda editrice, 2018). È invece recente l’uscita di "La bambina che aveva parole" illustrato da Sonia Maria Luce Possentini (Matilda editrice) in cui Nina, la protagonista della storia, ha alle spalle un vissuto pesante di violenza domestica; grazie all'amicizia speciale con Elena e all'atmosfera inclusiva che l'insegnante e l'assistente sociale sanno costruire intorno a lei riuscirà a ‘salvarsi’ e ad esprimere il proprio talento personale. Non a caso per Elena Malaguti (esperta di resilienza, psicologa, psicoterapeuta e docente di Didattica speciale presso UNIBO), che firma la postfazione, "questo albo illustrato può essere utilizzato come mediatore per promuovere la resilienza in educazione".
Da sottolineare che la pubblicazione è nata all’interno del Progetto Festival Uscire fuori dal guscio-Educare alle differenze, fortemente voluto dalla Sindaca di Castel Maggiore, Belinda Gottardi, sostenuto dall’Unione dei Comuni Reno Galliera, dall’Associazione Genitori Rilassati e dalla Regione Emilia Romagna.
La recente presentazione del libro, cui ne seguiranno altre già programmate, è occasione per raccogliere un’intervista dell’autrice.

Maria Grazia, puoi raccontare come nasce l’idea di "La bambina che aveva parole", come hai sviluppato la trama e come è stato accolto?
"La bambina che aveva parole” è la terza storia sul tema della violenza assistita che ho scritto e nasce come le prime due: "Possiamo tenerlo con noi?" (Matilda Editrice, 2018) e "La stanza dei Delfini" che vedrà la luce nei primi mesi del 2021 all’interno di un testo di saggistica per addetti ai lavori, per Erickson Edizioni, dal rendersi conto di quanto tali proposte possano diventare utili strumenti di lavoro per psicoterapeuti/e che hanno in carico minori coinvolti in tali drammatiche situazioni familiari. Per quanto riguarda la trama, un forte contributo è venuto da Elena Malaguti, esperta di resilienza a livello nazionale e internazionale, condizione che ha sicuramente favorito il vivo interesse al testo da parte di alcuni ambiti (quello educativo/formativo più in generale, quello più specialistico dell’ambito psicoterapeutico). Le suggestive ed espressive illustrazioni di Sonia Maria Luce Possentini hanno poi sicuramente potenziato il testo !
Da evidenziare il prossimo inserimento della storia, da martedì 1 dicembre 2020, tramite clip sonora, all’interno della trasmissione RAI Radio Kids che riserva per bambini/e Letture consigliate...Che stia cambiando qualcosa? Speriamo…

Il tuo lavoro, di studiosa e di narratrice, parte dalla constatazione dell’assenza in Italia di materiali sulla violenza assistita. Come spieghi questo silenzio?
È un silenzio assordante quello che esiste in Italia rispetto a situazioni drammatiche che i numeri dei femminicidi testimoniano ogni giorno. La famiglia italiana costituisce spesso un baluardo granitico di principi retoricamente positivi, ma che a volte purtroppo diventa contesto drammatico di violenza non solo sulla donna, ma indirettamente sui bambini/e ancora più violentati, abusati, in quanto minori difficilmente in grado di portare in superficie e denunciare dolori e traumi.
Tali condizioni di sofferenza da parte dei bambini/e, sono gli studi a confermarlo, alimentano e favoriscono anomalie di comportamento nello sviluppo psichico che confluiscono in molti casi in vere e proprie patologie psichiche nell’età adulta.
Dunque è una società ancora oggi omertosa e fortemente conservatrice, dove “i panni sporchi si lavano in famiglia”, dove sono spesso le famiglie a ostacolare per i loro figlie/ figlie la lettura di queste storie che indirettamente denunciano le conseguenze devastanti di chi subisce atti di violenza. Mettere in discussione la famiglia in un paese ancora arretrato/maschilista e perbenista come il nostro, diventa atto sobillatorio e dunque inaccettabile.

“La stanza dei Delfini” è un altro tuo racconto che è parte di un saggio (“La stanza dei Delfini. Per un approccio narrativo alla violenza assistita”) in uscita nel 2021 per Erikson Edizioni. Qual è la particolarità di questo racconto?
Questo testo narrativo è forse quello “più clinico” che ho scritto, nel senso che obbedisce a determinate “passaggi situazionali” che dovevo inserire nella storia. Verrà utilizzato sia tramite una lettura ragionata con i minori, ma anche attraverso una serie di schede laboratoriali a corredo dello stesso, pensate come strumenti di lavoro da parte di personale specializzato (psicoterapeuti/e). In questo caso è utile rammentare il supporto psicopedagogico di professioniste del settore che ha seguito la realizzazione della storia.

Da queste tue attività e passioni è nata anche l’associazione Woman To Be, che hai fondato nel 2009 e che presiedi. Quali sono le sue iniziative più significative?
Sono ormai poco più di 10 anni che esiste l’Associazione che per statuto ha l’intento di “sostenere in forme e modalità differenziate le donne, i loro talenti, la loro legittima rappresentanza sia nell’ambito delle istituzioni, dell’impresa, della società in generale”.
In questo caso l’attenzione all’ambito formativo ed educativo è sempre stata centrale. In questi anni Woman To Be ha contribuito a diffondere iniziative di supporto all’imprenditoria femminile: Donna e Agricoltura, Donna e Nautica, Donna e Turismo, a introdurre il tema della Salute di Genere tramite il progetto Donna&Salute realizzato in collaborazione con la rivista NOIDONNE e con l'Associazione Salute e Genere, a lanciare nel 2012 un premio di Letteratura per l’Infanzia Narrare la Parità. Un premio per l’Europa
L’intento del premio è stato quello, sin dall’inizio, di contrastare stereotipi sessisti fin dalla più tenera età, favorendo letture che portino messaggi come il rispetto delle identità, condizioni più equilibrate nei rapporti tra il genere femminile e maschile.
Il premio è cresciuto sia come prestigio sia come partecipazione, diventando ormai internazionale e ottenendo per questa ultima edizione e il testo vincitore (Turchina la Strega) di Maria Sole Brusa e Marta Sevilla (Matilda Editrice) pubblicata in italiano, inglese e spagnolo da NubeOcho Ediciones, due straordinari riconoscimenti internazionali: (White Ravens 2020) cioè l’inserimento nei 200 testi di narrativa per bambini ritenuti più significativi per il 2020, dalla prestigiosa Biblioteca internazionale della Gioventù di Monaco e l’altro riconoscimento recentissimo da parte della Chicago Public Library, come uno dei 200 testi meglio illustrati per il 2020!
Dunque ci auguriamo di continuare a fare sentire la nostra voce, sperando di incidere un poco nel cambiamento e nella trasformazione della mentalità e di una cultura troppo spesso discriminatoria e sessista.

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