Domenica, 10/03/2019 - Sua maestà LA POLPETTA è la protagonista di “Polpettology” (ed Manni), un libro divertente e intelligente che Daniela Carlà e Daniela Brancati (videointervista) hanno scritto a quattro mani sommando, anzi amalgamando, la passione per la scrittura e l’amore per impasti fantasiosi, composti in libertà e con amore.
Non catalogabile come libro di cucina, questo simpatico volume disegna la poliedrica pietanza con approccio storico e filosofico e ha un evidente intento: conquistare alle sorprese che la polpetta riserva.
Ai riferimenti letterari - da Apicio, I secolo a.C, fino ad Alessandro Manzoni - le autrici intrecciano riflessioni e aneddoti su un cibo semplice e antico, etico e universale. “La polpetta non è solenne come la lasagna, né raffinata come un sartù, ma è comoda come una pantofola” scrivono, proponendo un’immagine convincente cui fanno seguito altre efficaci riflessioni. Ad esempio il vanesio, o chi soffre di ansia da prestazione, cucina anatra all’arancia e mai polpette, che “tendono a mimetizzarsi all’interno del menù dove non saranno mai dichiarate regine pur essendolo nei fatti”.
La legge delle tre C - convivenza, condivisione, contaminazioni - è la regola, coniata per l’occasione, che riconduce le polpette all’universalità delle tradizioni e alla “fratellanza” che accomuna popoli lontani ad un cibo universale ed evocativo delle singole tradizioni e, infatti, chiamato ovunque in modo diverso. Osservazione ribadita nel sottotitolo del libro: ‘Teoria e pratica del cibo più amato al mondo’.
Più che ricette tecnicamente definite, nella seconda parte del libro le autrici suggeriscono idee e profumi nel rispetto di una pietanza che “porta con sé un messaggio di sapienza e pazienza” e che può anche tramutarsi in “antidoto alle nevrosi e al pessimismo”.
Polpette (anche) rivoluzionarie? Un poco sì, lo sono. Lo testimonia la "rivincita" che hanno avuto sui tortellini alla panna e sulla nuovelle cuisine. Cioè: la solidità della tradizione contro i falsi virtuosismi, l'essere contro l'apparire. E non è poca cosa, di questi tempi!
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