Mercoledi, 03/04/2019 - Nasce e rimane, in questi 25 anni, una rivista femminista. "Marea" è un giornale che vuole "dire lo stare al mondo delle donne". Fondata nel 1994 a Genova, 'Marea' si è trasformata adeguandosi agli sviluppi delle tecnologie, ma è rimasta sempre fedele alla sua ragion d'essere. Intervistiamo Monica Lanfranco, femminista, direttora e fondatrice della rivista, in occasione delle iniziative organizzate per questo 'compleanno', eventi che sotto il titolo VENTI (CINQUE) – VENTICINQUE ANNI DI MAREA si tengono ad Atzara in Sardegna in due weekend: dal 5 al 7 aprile e dal 12 al 14 ad Atzara.
Monica, 25 anni è un tempo lungo, guardando il cammino che ha fatto Marea: quali sono le tue osservazioni e riflessioni?
Provo una grande gioia ogni volta che ho tra le mani la rivista, perché continuare a esistere nonostante quello che accade in Italia mi pare un grande, ed energetico, azzardo. Osare raccontare ogni anno, (da 25 anni) quello che si muove nel mondo con ottica femminista attraverso 4 parole chiave, una per ogni numero, è stata la nostra proposta editoriale e politica inedita. Nel 1994 erano ancora in pista molte riviste femministe, e ci parve interessante provare questa formula, ovvero partire da quattro concetti e declinarli. A guardare indietro, senza presunzione, mi pare che questa chiave abbia prodotto qualche numero di pregio.
Il nostro tentativo è stato anche quello di essere una rivista dinamica e in ascolto, il che ha significato dare la spinta e stare dentro alcuni eventi, o processi politici precisi, sempre prendendo come spunto una parola chiave: mi riferisco per esempio alla parola globalizzazione: Marea è stata una delle promotrici di Punto G-Genova, genere, globalizzazione nel giugno del 2001, ponendosi in conflitto con il movimento no global. Pur avendo un ruolo importante dentro al GSF siamo state critiche dall’inizio sulle pratiche di piazza e sul rischio di cancellazione dello sguardo femminista sui fenomeni che il neoliberismo iniziava a produrre nella vita quotidiana. Abbiamo edito ben tre numeri sull’argomento, nel 2001, 2011 e nel 2017, intrecciando la riflessione sulla globalizzazione con quella ecofemminista.
Su questi temi in Italia abbiamo raccolto e reso disponibile molto materiale per non disperdere un pezzo di storia femminista che altrimenti sarebbe stata dimenticata anche all’interno del femminismo stesso.
Ancora, sui temi della laicità e della lotta ai fondamentalismi religiosi siamo state le prime a creare relazioni con i movimenti internazionali di attiviste laiche provenienti dai paesi musulmani, come il WLUML e la Secular Conference, portando nel 2006 tre giornate di seminario poi pubblicate in piena epoca di ‘scontro di civiltà’ con un numero che aveva come tema La libertà delle donne è civiltà.
La creazione, nel 2008, di Radio delle donne, www.radiodelledonne.org
il podcast audio e video con il quale abbiamo aperto un canale multimediale per usare anche le risorse digitali offerte da internet, ci ha permesso di avviare contatti con le nuove generazioni e i nuovi linguaggi. In questa kermesse in Sardegna per i 25 anni intrecciamo il sapere della nostra maestra Lidia Menapace, che ha 95 anni, con la presenza di giovani donne che stanno iniziando a conoscere il femminismo anche attraverso le pagine di Marea.
Insomma è bello sapere che, insieme anche ad altri media femministi, come NOIDONNE, riusciamo a essere una voce e una presenza nutriente per chi è più giovane.
Perché mantenere la versione cartacea del giornale? Non potrebbe essere più semplice (e meno oneroso) fare un giornale on line?
È vero, essendo totalmente autofinanziate il problema del cartaceo è quello di avere dei costi vivi di stampa che sono sempre più pesanti, visto che si stenta a trovare fondi. Siamo ancora persuase però che avere copie disponibili in carta sia interessante e utile, stampando in piccoli numeri, per soddisfare una richiesta che ancora c’è di rapporto fisico con ‘l’oggetto’ rivista. Piuttosto siamo alla ricerca di risorse per trasformare tutto l’archivio in digitale: come ha fatto la storica rivista EFFE e come sta facendo NOIDONNE, penso sia fondamentale rendere disponibile in internet lo storico del nostro percorso. Sarebbe importante provare a pensare a creare un percorso di finanziamento per mettere on line tutti i numeri usciti prima della rete. È importante dare visibilità alla storia della comunicazione delle nostre riviste.
Che senso ha, oggi, fare informazione femminista?
La mutazione antropologica provocata dal digitale ha cambiato in modo radicale e drammatico il nostro modo di comunicare, spesso svuotando il senso stesso del fare informazione ma anche offrendo strumenti formidabili da riempire di contenuti. Ecco, è in questa possibilità di significare che penso stia la possibilità del femminismo di rendersi visibile e farsi spazio nella violenta babele social.
Per esempio, oltre a guardare il mondo e gli eventi partendo dalla lente del genere, fare informazione femminista per me vuol dire rimettere al centro la storia delle donne, anche quella singola e meno glamour: da due anni Marea esce con il quarto numero dedicato all’auto narrazione e al ringraziamento della femminista di riferimento. Si chiama Grazie a lei-ti racconto la mia femminista, e offre la possibilità di raccontarsi e di raccontare una genealogia privata che diventa così pubblica e politica. Poi c’è il tema della disinformazione e della cancellazione dell’agire collettivo del movimento delle donne da parte dell'informazione mainstream, ma questo è un male storico che comunque grazie alla rivoluzione digitale sta avendo una evoluzione. Credo che essere capaci di esistere in ogni modo possibile nella comunicazione sia indispensabile. Ho creato nel 2008 un luogo fisico dove fare formazione e comunicazione femminista, si chiama Altradimora, www.altradimora.it , perché penso che ci sia bisogno di continuare a pensare e produrre contenuti, formazione e informazione creata soprattutto dalle relazioni in presenza, e dalla riflessione.
Qual è la tua opinione dei nuovi movimenti delle donne, in Italia e all'estero? Concordi con le loro parole d'ordine?
Dopo la faticosa esperienza di Genova, come portavoce nel Genova Social Forum del movimento delle donne (si chiamava allora Marcia delle donne) ho fatto un passo indietro rispetto alla partecipazione in prima persona dentro ai movimenti di massa. Come ho scritto prima della manifestazione di Verona mi preoccupano alcuni aspetti presenti nella rete di NUDM, il cui simbolico, negli ultimi tempi, appare, a tratti, contaminato da quello dei centri sociali (il volto coperto per lo sciopero dell’8 marzo, per esempio); per la prima volta, inoltre, nel lancio delle iniziative c’è parola ‘trans’ davanti a quella ‘femminista’, come se il pensiero prodotto dai movimenti delle donne non fosse sufficientemente autorevole e dirompente. Come se, da solo, il pensiero femminista non bastasse, e si dovesse incutere paura ai bigotti con il (presunto) disordine sessuale versus famiglia tradizionale che quel ‘trans’ potrebbe generare.
Viviamo un tempo storico confuso, violento e però ricco di stimoli; quello che spero e per cui lavoro è che, ora che da pochissimo il femminile portato in luce dal femminismo si è affacciato alle soglie della visibilità storica e politica, la sua presenza non sia rigettata indietro nel neutro nel quale è stato soffocato per millenni.
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