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Maddalena, la profuga raccontata da Graziella Carassi

Maddalena, la profuga raccontata da Graziella Carassi

Un affresco dell'Italia dei primi del secolo scorso e la storia di una famiglia: un intreccio appassionante sul valore della memoria e della solidarietà

Domenica, 26/11/2017 -  “MADDALENA profuga per sempre” - Graziella Carassi - Capponi Editore - 2012
Il bel libro di Graziella Carassi, psicoanalista che opera tra San Benedetto del Tronto e Roma, non può essere definito una biografia né un romanzo, non una autobiografia né una ricostruzione storica, ma tutte queste cose, messe insieme a comporre un testo complesso; dal ricordo e dalla memoria si dipana, nell’arco di quasi un secolo, un fecondo intreccio tra vicende private e contesto generale, fitto di personaggi, informazioni, aneddoti e arricchito da una minuziosa ricostruzione di avvenimenti storici, genealogie familiari, personaggi noti e meno noti, tradizioni locali e infine ricorrenze civili e religiose.
E’ un libro alla sua seconda edizione, curato in ogni particolare con una veste tipografica preziosa a partire dalla copertina, disseminato di numerose e suggestive foto d’epoca, scritto con un linguaggio chiaro, semplice, ma con una sua eleganza e raffinatezza. L’uso in vari passaggi del dialetto marchigiano dà spessore e colore ai protagonisti, suggerisce sorrisi, provoca risate e intende sottolineare che siamo di fronte a donne, uomini, bambine e bambini che sono esistiti, che esistono nella realtà, una realtà restituita in questo modo ad una sua indiscutibile autenticità. Nessuno e nessuna diventa solo un nome e le numerosissime note a piè di pagina stanno a testimoniarlo; a loro l’autrice presta pensieri ed emozioni servendosi di una fervida immaginazione, di grande sensibilità ed empatia, offrendo così a chi legge da un lato l’incanto proprio del romanzo, dall’altro l’emozione che in genere suscita un racconto di vita vissuta. Fulcro principale del libro è la storia di Maddalena, nata a Gorizia il 10 giugno 1909, ritrovata per caso dall’autrice alla fine degli anni settanta a Roma dove la donna si era trasferita dopo la guerra. Era stata una cara compagna di scuola della madre di Graziella Carassi. Maddalena infatti, ancora bambina, era stata scacciata con la sua mamma e il suo papà da Gorizia dopo la disfatta di Caporetto nel 1917 ed era approdata ad Offida, in provincia di Ascoli Piceno, dove aveva frequentato la scuola elementare e dove la mamma Caterina aiutava nei lavori domestici la prozia/nonna dell’autrice; a Gorizia Caterina aveva lavorato prima come domestica e poi come cuoca presso la famiglia ebrea di Carlo Michelstaedter, ed era lì nell’ anno 1910 quando il giovane scrittore e filosofo si tolse la vita. Molti anni dopo, da quel primo incontro a Roma tra Maddalena e Graziella, nasce e cresce una amicizia molto forte, un legame intenso nonostante la notevole differenza di età. Le due donne si ritrovano in tante occasioni, hanno modo di parlare, guardarsi negli occhi, raccontarsi, riconoscersi nella comune, anche se non proprio coincidente, condizione di profughe, esperienza di uno sradicamento che in modi differenti segna le loro esistenze. Dopo una vita tribolata, ma vissuta con generosità e passione, Maddalena muore a 92 anni il primo gennaio del 2000 e lascia all’amica un compito non facile: distribuire i beni mobili e immobili a realtà che praticano la solidarietà. La narrazione ha inizio proprio dentro la casa di Maddalena da poco deceduta, una casa vuota della sua presenza, ma piena di oggetti, foto, mobili, vestiti.
Graziella sente, insieme al dolore per la perdita, il forte desiderio di ricostruire la storia della sua amica e nel farlo ritrova anche le sue radici. Viene fuori man mano un affresco intimo all’interno della storia generale che prende avvio dall’emigrazione italiana in America verso la fine dell’Ottocento e attraversa la prima guerra mondiale, il fascismo, la Resistenza, l’occupazione nazista, ancora guerra, il difficilissimo dopoguerra fino ad arrivare ad anni più recenti. E’ la fatica del vivere, tra diseguaglianze sociali, ingiustizie, povertà, drammi, ma anche quelle forme di solidarietà che rendono sopportabile il dolore e le privazioni materiali, psicologiche, simboliche. Molto ben delineata è la condizione di profuga, estranea e strana, di Maddalena, nel suo iniziale dialetto friulano e nel fatto -imbarazzante soprattutto a scuola di fronte a compagne e insegnanti- di non portare il cognome del padre: un mistero questo che resterà dentro di sé come elemento inquietante della sua identità e che solo da adulta riuscirà a farsi svelare da sua madre. Una verità sconvolgente che le restituisce intatto il dramma di chi le ha dato la vita, una verità con cui vuole assolutamente fare i conti e che la porterà alla ricerca delle proprie origini nel tentativo di ricucire una antica, dolorosa lacerazione. Nel 38 si reca per questa ragione con la famiglia di nuovo a Gorizia dove in soli tre mesi, a 29 anni, rimane orfana di madre e di padre.
La vita di Maddalena, sia pure interrotta da altre storie, scorre pagina dopo pagina, profuga in ogni luogo, tra errori, sogni infranti, tragedie, miseria, lavori precari, solitudine, ma anche amicizie, rapporti con il mondo del cinema dove ha più volte lavorato come comparsa e infine la parrocchia in cui è stata sollecita e solidale fino alla morte. Non mancano in queste pagine alcune decise sottolineature sulle disparità tra donne e uomini, come nel caso della condanna di adulterio che costrinse Maddalena ad abbandonare Roma e tornare nelle Marche poiché intratteneva una relazione con un uomo sposato; la punizione fu solo per lei e non importa se all’inizio era stata ingannata da quell’uomo che non le aveva detto di avere una moglie legittima. Nel ricostruire questo lungo percorso Graziella, come già detto, inevitabilmente incontra il suo passato, i suoi affetti, la sua genealogia e ci racconta della sua famiglia, dei luoghi dell’infanzia da cui ancora molto giovane era fuggita e verso cui ha sentito, grazie anche a Maddalena, il piacere di tornare, di ricordare e di scrivere per fissare sulla carta, con meticolosa precisione e per sempre, persone e accadimenti altrimenti destinati all’oblio. Il libro si conclude con il compito assegnatole da Maddalena: la difficile distribuzione della eredità ad associazioni umanitarie in Italia e all’estero. Particolarmente significativa è la motivazione dell’adozione a distanza di dodici bambine in diversi Paesi perché “presso i popoli più arretrati e diseredati del mondo, ingiustizie gravissime vengono perpetrate nei confronti della donna” dove le ragazze sono “predestinate ad una condizione subalterna e all’acquiescenza verso soprusi e maltrattamenti di ogni genere”.
Alla fine della lettura da questo complicato mosaico emerge in primo piano la ragione profonda di questa pubblicazione: l’affermazione del valore della memoria, dell’amicizia e della solidarietà. Questo libro si colloca in questa scia, il ricavato della vendita è infatti destinato alla Lega del filo d’oro di Osimo, associazione per la riabilitazione delle persone sordocieche. Un dato questo della persistenza, oltre la morte, del significato profondo che ha avuto il legame tra l’autrice e la sua amica Maddalena.
Rosanna Marcodoppido

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