Un libro che racconta le artiste nei secoli. Omesse dai manuali scolastici, sono circa quattrocento figure femminili che hanno contribuito a fare la storia dell’arte. Ce le racconta l’autrice...
Livia Capasso è una storica dell'arte. In pensione dopo una lunga carriera come insegnante nei licei, ha potuto unire la passione per l'arte a quella della memoria femminile ed è partendo da queste premesse che scrive "Le maestre dell'arte", edito da Nemapress in collaborazione con Toponomastica femminile, associazione di cui Capasso è stata co-fondatrice e per anni vicepresidente nazionale.
Il libro "è una storia dell'arte al femminile che raccoglie più di 400 figure di artiste delle quali nei manuali delle scuole non si fa menzione" spiega l'autrice. Infatti sfogliando il corposo volume, completo di preziose illustrazioni a colori e prefato dalla già ministra Valeria Fedeli, troviamo nomi noti, come Artemisia Gentileschi o Elisabetta Sirani, accanto ad artiste meno conosciute e ingiustamente ritenute "minori": Judith Leyster, Rosalia Novelli o Mary Beale… solo per citarne alcune riportate nel capitolo dedicato al Rinascimento. La scansione dei capitoli è cronologica e dall'antichità arriva ai nostri giorni comprendendo "protagoniste dell'arte contemporanea spregiudicate, provocatorie (che) usano il proprio corpo e quello di amiche e amici per denunciare desideri repressi, speranze infrante, ossessioni del mondo in cui vivono".
In questa intervista Livia Capasso illustra la genesi e gli obiettivi di "Le maestre dell'arte", un impegnativo lavoro cui ha dedicato molti anni di ricerche e raccolta di materiali.
Studiando la storia dell'arte dal tuo specifico punto di vista, quale è la considerazione generale che ti senti di fare rispetto alle artiste e alle loro modalità espressive nei vari tempi in cui hanno vissuto?
Nel mondo dell’arte hanno agito per lo più personaggi maschili; non solo artisti, ma anche committenti, mecenati, collezionisti; la presenza femminile comincia a farsi notare solo dal XV secolo in poi. Costrette a generi limitati, come la miniatura per lo più all’interno di manoscritti sacri, o la tessitura di arazzi e paramenti sacri,non avevano accesso all’istruzione, non potevano viaggiare, e quindi studiare le opere di grandi artisti, né tanto meno i nudi dal vero. Nonostante le tante limitazioni, però, non perdevano occasioni per affermare la propria indipendenza, e tante con ostinazione e coraggio hanno sfidato gli stereotipi, anche se poi la storia le ha cancellate. La mano femminile è riconoscibile in ogni opera d’arte. Se nel passato questa mano si riconosceva nella finezza, nella delicatezza, nella sensibilità cromatica, e nella scelta di tematiche intime legate alla famiglia, questo non è più vero per l’arte dal XX secolo in poi. Gli autoritratti, piuttosto rari nella produzione maschile, costituiscono in ogni tempo il genere più frequentemente praticato dalle artiste, mosse dal desiderio di dichiarare pubblicamente la loro femminilità. E poi soprattutto hanno lavorato sul proprio corpo, oggetto da sempre di uno sguardo maschile incline al sessismo. Mi viene in mente l’americana Alice Neel, che, sfidando i modelli stereotipati dei nudi femminili, ha ritratto donne in gravidanza, e sé stessa a ottant’anni, nuda, coi seni cadenti, la pancia flaccida e prominente, trovando perfettamente legittimo e altamente dignitoso questo soggetto.
Qual è la situazione odierna nel mercato dell'arte, se osserviamo le presenze delle donne sul piano numerico e non solo?
Dopo tanti secoli finalmente, nella seconda metà del XX secolo, le donne hanno guadagnato il posto che meritavano nel campo dell’arte. Le porte si sono aperte anche per committenti, curatrici, direttrici di musei. È negli anni Settanta, con la rivolta del femminismo, che le artiste sono state riconosciute in tutto il loro talento. Oggi sono largamente presenti in tutti i settori della produzione artistica, superando a volte la presenza maschile. Mostre, esposizioni, fiere, diffondono la conoscenza di artiste di ogni parte del mondo, provenienti da grandi città di paesi sviluppati, ma anche da realtà degradate di paesi in equilibrio precario per miseria e negazione di diritti civili. Nell’ultima Esposizione Internazionale d’arte di Venezia, più conosciuta come Biennale, 59ma edizione, 2022, la curatrice Cecilia Alemani, prima curatrice italiana donna della Biennale Arte,ha scelto 191 artiste, di cui 26 italiane, e solo 22 artisti. Negli oltre 127 anni di storia dell’Esposizione non era mai capitato che la maggioranza fosse femminile: l’80% era costituito da donne e persone non binarie, molte le nere o appartenenti a minoranze, o apolidi. Tuttavia la strada da percorrere per una piena visibilità e una parità di opportunità rimane ancora lunga. Le artiste contemporanee usano una molteplicità di mezzi espressivi, spesso sconfinando da una tipologia all’altra. Gli ultimi prodotti della tecnologia e i nuovi modi di comunicare hanno ampliato il campo dell’arte, includendo la fotografia, i fumetti, e ancora l’arte digitale, i graffiti, la video-art, l’arte multimediale, interattiva ed elettronica. In questi nuovi campi le donne sono entrate in massa con entusiasmo, ma faticano a farsi conoscere e comunque, a parità di valore, guadagnano meno dei loro colleghi maschi.
Nei manuali scolastici le artiste raccontate sono ancora poche. Perché?
Ancora scarsa è la presenza delle artiste nei manuali di Storia dell’arte. Il dato riguarda anche le autrici esposte in musei e gallerie che, secondo una recente stima, sono mediamente appena il 18%, mentre la figura femminile, come soggetto dell’opera d’arte, specie nei nudi, è presente nell’80% delle opere esposte. Tanto che qualche tempo fa un gruppo di artiste femministe americane, che si definivano guerrilla girls, denunciò che le donne entrano nei musei solo nude. Nel manuale su cui ho studiato al liceo, solo nel terzo volume piccoli trafiletti erano dedicati a due artiste, la veneziana Rosalba Carriera e l’ora notissima Artemisia Gentileschi (citata Artemisio nell’indice!). Pian piano negli anni sono entrate altre artiste, non a caso imparentate con artisti famosi: l’impressionista Berthe Morisot, cognata di Manet, Sonia Terk, Nathalie Gonciarova, mogli di due celebri pittori dell’avanguardia, Delaunay e Larionov, Antonietta Raphael, moglie di Mafai; poi hanno fanno una timida apparizione anche Carla Accardi, grande astrattista italiana, l’architetta Gae Aulenti, l’espressionista tedesca Kate Kollwitz, Giulia Lama, unica pittrice del ‘600 a essere citata, la performer Gina Pane, Suzanne Valadon, madre del più noto pittore Utrillo.In volumi più recenti si possono trovare la performer Marina Abramovic, l’archistar Zaha Hadid, la fotografa Letizia Battaglia, l’impressionista americana Mary Cassat, le notissime Frida Kahlo, Tamara de Lempicka. Arriviamo a poco più di una ventina. Mancano ancora le tante miniatrici del Medioevo, le pittrici di nature morte, le ritrattiste, Teresa Dieç, prima pittrice spagnola, Sofonisba Anguissola, grande pittrice alla corte di Spagna, Christine de Pizan, scrittrice e miniatrice, antesignana del femminismo, Plautilla Bricci, architetta romana del 600, le pittrici neoclassiche, Angelica Kauffmann e Elisabeth Vigée le Brun, tutto il gruppo delle impressioniste, futuriste e preraffaellite, le archistar internazionali, le performer… Insomma la storia dell’arte che noi studiamo è distorta e parziale. Un elevato livello di classe sociale, una buona istruzione e rapporti familiari con artisti certamente hanno facilitato l’accesso all’esperienza artistica per le donne, che si sono dedicate per lo più a generi come il ritratto, la natura morta, il paesaggio, scene di vita familiare. Le altre, più sfortunate, sono state impedite dai tanti divieti imposti alle donne, e una storia, scritta da uomini, non si è preoccupata di ricordarle arrivando alla loro cancellazione. Oggi, coi tanti studi internazionali che da quarant’anni vengono condotti sulla presenza di artiste, non si può più parlare di marginalità per l’arte realizzata dalle donne; oggi le artiste sono presenti in tutti i settori dell’arte, ma ancora per essere conosciute, devono lavorare più dei loro colleghi maschi e creare opere sensazionali, ancora c’è chi si sente dire come complimento che dipinge “come un uomo”.
Quanti anni hai impiegato a renderti conto della gravità dell'assenza di figure femminili nella storia dell'arte 'ufficiale'?
Ho insegnato Storia dell’arte nei licei per una vita e ho maturato lentamente la consapevolezza di una presenza femminile importante, ma dimenticata, vittima anch’io di una formazione universitaria che privilegiava i grandi protagonisti maschili e poi della cancellazione operata dai manuali. Ho studiato su imponenti corsi monografici tutta la vita e le opere di Giotto, Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Picasso, ma mai nessuna artista donna è stata contemplata nei miei studi e per anni, lo ammetto, ho continuato a trasmettere ai miei alunni e alle mie alunne questa visione parziale. Intanto le battaglie femministe degli anni ’70, anche se non vissute in prima persona, cominciavano a scardinare questa concezione; uscivano contemporaneamente biografie di artiste e qualche museo cominciava a dedicare loro qualche mostra. Ma l’illuminazione è venuta dalla mia adesione all’associazione Toponomastica femminile, che mi ha aperto gli occhi sull’importanza della presenza femminile, sul contributo che hanno dato alla società e sulla necessità di ridare alle donne il posto che hanno meritato nella storia. In particolare ho unito la mia passione per l’arte a questo ritrovato desiderio di dare spazio alla memoria femminile e ho cominciato a fare ricerche e scrivere articoli su artiste dimenticate. Nell’ambito dell’associazione ho collaborato a organizzare molte mostre, che con pannelli illustrativi, esposti in scuole o biblioteche, recuperavano la memoria di donne in vari settori, dalla letteratura alle scienze, dal teatro allo sport. In particolare, ovviamente, mi sono interessata alle artiste. E contemporaneamente in progetti scolastici parlavo a giovani studenti di stereotipi, di linguaggio sessista, di soffitti di cristallo.
Come è maturata la decisione di provvedere a questa carenza?
Constatando l’ingiusta assenza nei manuali in uso nelle scuole di tante artiste, pur originali e talentuose, ho deciso di recuperare la loro memoria impegnandomi a scrivere una storia dell’arte tutta al femminile, che partisse dalle prime creazioni dell’umanità fino ai nostri giorni. Ne ho scoperte così tante che ho dovuto poi operare una selezione secondo criteri di originalità, mettendo sempre in luce le difficoltà da loro incontrate per emergere e il coraggio e la determinazione usate per perseguire la loro inclinazione. Ne ho contate più di quattrocento. Il mio intento è stato quello di scavare nelle pieghe della storia per sollevare la coltre di oblio che le ha sepolte, ridare loro quella visibilità negata da pregiudizi e stereotipi, riconoscere una loro costante presenza pur tra mille difficoltà, nella consapevolezza che ancora tante altre potrebbero venire alla luce. Nel racconto che procede cronologicamente, dalla preistoria ai giorni nostri, per stili e per temi, per ogni figura presa in esame c’è una biografia, necessariamente breve, che punta a mettere in evidenza lo spirito di indipendenza e autonomia, la voglia di emergere, la caparbietà necessaria nell’affrontare le tante difficoltà, non ultime le qualità stilistiche, spesso indipendenti e differenti da quelle di padri e mariti nelle cui botteghe molte ebbero la possibilità di lavorare. Sono citate col cognome della nascita, anche se tante sono note col cognome dei mariti, che loro stesse hanno voluto mantenere. La selezione, non facile, è avvenuta sulla base di un giudizio personale di qualità e di particolare rilievo, generato da un linguaggio innovativo, da un’originalità di forme e contenuti, dalla capacità di interpretare il proprio tempo, e non ultima dalla padronanza dei mezzi espressivi. E per amor di patria, lo confesso, l’attenzione e lo spazio dedicati alle artiste italiane è maggiore; anche la limitazione dovuta a una visione occidentale dell’arte, a cui la nostra cultura ci ha abituato, esclude le innegabili presenze in altri continenti.
Quanti anni di lavoro hai impiegato per raccogliere documenti e materiali?
“Le maestre dell’arte” viene alla fine di un lungo periodo di riflessione, di studi, che ha prodotto ricerche e articoli apparsi su giornali cartacei e online sulla presenza femminile nell’arte. Ho deciso poi di dare sistemazione a queste ricerche, organizzandole secondo un percorso storico. Non è stato facile raccogliere notizie, proprio perché l’oggetto della mia indagine era stato per lo più cancellato e dimenticato dalla storia, ma, lavorando con pazienza escono fuori tante informazioni. Oggi abbiamo a disposizione la Rete, dove si sono accumulate negli anni grandi quantità di informazioni che, se ben utilizzate, possono essere di aiuto per qualsiasi ricerca. Siti enciclopedici, motori di ricerca, testi, immagini, commenti che offrono una serie di vantaggi e rendono immediatamente consultabile una grande quantità di informazioni solo con un clic. Occorre però essere prudenti e valutare l’attendibilità della fonte e, per le immagini, che in un libro di arte figurativa sono ovviamente tante, rispettare il copyright.
A quale tipo di pubblico può interessare "Le maestre dell'arte"?
È un manuale di storia dell’arte, dedicato esclusivamente alle artiste; come tutti i manuali procede cronologicamente, per aree tematiche e per stili; manca la presenza maschile, che ovviamente non può essere dimenticata, quindi è un testo che dovrebbe essere usato nelle scuole a completamento dei tradizionali manuali che non parlano di artiste. È destinato a un pubblico giovane, che deve crescere con l’idea che le donne, al pari degli uomini, hanno avuto una parte importante nella storia e hanno contribuito allo sviluppo della società. Sono state partigiane, scienziate, sportive, inventrici, politiche e…artiste. Poi è chiaro che chiunque, appassionato di arte, può leggerlo. Io per Natale l’ho regalato al mio parrucchiere, appassionato di arte, col quale spesso discuto di artiste, mentre mi fa la piega, trasmettendogli l’idea, che lui non avrebbe mai immaginato, di una forte presenza femminile.
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