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La prima volta delle sindache in Italia

La prima volta delle sindache in Italia

Nel 1946 l’Italia va al voto anche per le elezioni amministrative. In 2000 sono elette nei consigli comunali e 12 diventano sindaca. Intervista a Patrizia Gabrielli, autrice del libro ‘Il Comune alle donne’

Venerdi, 14/02/2025 -

La guerra aveva lasciato l’Italia tra lutti, macerie e povertà. Una popolazione stremata e offesa da tante sofferenze e violenze sperimenta con il voto la possibilità di un riscatto che per le donne assume ulteriori valenze simboliche. Per la prima volta possono esercitare il pieno diritto di cittadinanza entrando nei seggi elettorali il 2 giugno per scegliere tra repubblica e monarchia al Referendum e concorrere alla composizione dell’Assemblea costituente che avrebbe scritto la Costituzione. Ma quell’importante appuntamento è preceduto in primavera dalle elezioni amministrative che vedono le donne per la prima volta nei consigli comunali. “Le donne sono elettrici e anche elette e nel 1946 a diventare consigliere in vari comuni sono circa 2000. Sappiamo ora che le prime sindache sono 12, ma sappiamo che continuando le ricerche negli archivi se ne potrebbero trovare altre”. Patrizia Gabrielli, professoressa ordinaria di Storia contemporanea e Storia di Genere presso il Dipartimento di Scienze Politiche e internazionali dell’Università degli studi di Siena, ha dedicato approfonditi studi a questo periodo e nel suo libro “Il Comune alle donne. Le dodici sindache del 1946” (Affinità elettive, 2021) ne da conto inquadrando le biografie e i percorsi di queste prime sindache nel contesto nazionale ma anche esaminando alcune scelte amministrative alla luce delle specifiche esigenze locali. “Sono donne molto diverse tra loro, che hanno età e culture differenti. Per esempio c’è Elisa Carloni (classe 1889), una donna colta che conosce molto bene il francese e ha al suo attivo alcune pubblicazioni; Caterina Tufarelli, eletta in Calabria, è la più giovane essendo nata nel 1922. In alcuni casi hanno un’esperienza politica alle spalle, come Anna Montiroli Coccia che era stata esule antifascista in Francia insieme al marito socialista ed è anche ricordata da Vera Modigliani nelle sue memorie. Lo stesso vale per Ada Natali, nata in una famiglia politicamente molto attiva (il padre era stato sindaco di Massa Fermana) e lei stessa negli anni ’20 e ’30 aveva subito la repressione. Le donne cattoliche hanno esperienze diverse: vengono dal volontariato e dell’associazionismo femminile cattolico. Avendo studiato gli atti conservati negli archivi posso dire che, pur nelle differenze, le loro azioni sono ispirate ad un comune denominatore. Queste sindache operano in un paese e che va ricostruito e nei loro comuni saranno protagoniste di scelte importanti e lungimiranti. Riservano massima attenzione ai bisogni primari della cittadinanza e, ovviamente, anche alle infrastrutture. Sentono molto il problema del lavoro che manca e cercano soluzioni; per esempio in Calabria una sindaca pensa addirittura a costruire uno stabilimento balneare per valorizzare il territorio dal punto di vista turistico. In Sardegna due sindache cercano di favorire lo sviluppo economico creando delle cooperative legate alla pastorizia, oppure vediamo Ada Natali far leva sulla tradizione della lavorazione della paglia nelle Marche e promuovere la costituzione di cooperative di donne. Accanto a tutto questo esse hanno sempre un’attenzione all’infanzia e quindi costruiscono mense, asili e scuole. Si coglie nel loro operato da un lato un grande slancio ideale e poi c’è lo sguardo al futuro. Mentre interpretano la spinta di questa nuova Italia sono capaci di un grande pragmatismo e cercano di trovare risposte a tante esigenze nonostante le poche risorse disponibili”.
Il volume è corredato da alcune preziose immagini provenienti dalle edizioni di Noi Donne del 1948 e 1949 oltre che dall’archivio di Ada Natali.

Patrizia Gabrielli
Il Comune alle donne. Le dodici sindache del 1946
Affinità elettive
Pagg 158   euro 16,00


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