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La 'Nuova famiglia' sancita da una Riforma storica nel rispetto della donna

La 'Nuova famiglia' sancita da una Riforma storica nel rispetto della donna

Intervista a Costanza Fanelli, tra ricordi e riflessioni sull'importanza politica e sociale di una lotta molto dura e partecipata

Martedi, 20/05/2025 -

“Il concetto di parità nella famiglia appare oggi una cosa scontata e l’anniversario dei cinquanta anni del nuovo Diritto di Famiglia rischia di essere ricordato e percepito solo sul piano formale. In realtà, aldilà del fatto che ci sono ancora condizioni strutturali e culturali che oggi ostacolano o limitano una reale condizione paritaria tra uomo e donna nei contesti familiari (oggi molto diversi e più complessi rispetto a quanto non lo fossero negli anni Settanta) questo passaggio e questa legge sono stati il frutto di un lungo processo e di una lotta molto dura e partecipata, in primo luogo dalle donne ma anche da tanti altri settori sociali ed economici”. Costanza Fanelli è stata tra le donne che, negli anni Sessanta e Settanta, hanno seguito con impegno politico e sociale il percorso che ha portato all’approvazione di tante leggi importanti e, tra queste, la Riforma del Diritto di famiglia è stata, e rimane, una pietra miliare per i diritti delle donne. Chiediamo a Costanza di raccontare quel periodo e lei, riavvolgendo il filo dei suoi ricordi, lo descrive facendo anche una panoramica sul contesto generale.
“È utile ricordare il contesto sociale e politico di quel periodo per capire tutta l’importanza di un approdo legislativo, così innovativo e articolato insieme, quale è stato quello della legge 151 del 1975. Nel 1974 io ero impegnata nell’UDI (Unione Donne Italiane), una delle organizzazioni più attive in quegli anni su tanti terreni che riguardavano aspetti concreti e legislativi della condizione delle donne. Come cattolica di sinistra ero stata molto attiva nel Comitato del NO per difendere la legge sul divorzio dagli attacchi clericali e conservatori. Del nuovo diritto di famiglia, in realtà, si parlava da tempo sia all’interno delle forze politiche e parlamentari che soprattutto da parte dei movimenti delle donne. Si era costruito una sorta di alleanza trasversale tra donne dei movimenti femminili e donne appartenenti a partiti diversi: cattoliche, comuniste,socialiste, repubblicane. Una spinta che contribuì moltissimo a tracciare i contorni e i contenuti quali furono poi codificati nella legge. Infatti già nel 1972 fu approvato un testo alla Camera dei deputati con il consenso unitario di tutte le forze democratiche, ma la dura battaglia referendaria per il divorzio e il contrattacco conservatore di fatto produsse un blocco di quell’iter. Il divorzio passò alla grande e anche per questo si riattivarono molti tentativi per colpire o annacquare parti importanti della riforma del diritto di famiglia. Divorzio e diritto di famiglia, quindi, hanno non a caso un intreccio profondo. Di fronte alle resistenze dei settori conservatori si riaccese la mobilitazione delle donne. Si raccolsero migliaia di firme, si andò in piazza. In quel contesto, nel novembre 1974 l’UDI mi chiese di scrivere un articolo che doveva essere ospitato in uno spazio di Tribuna Libera su Il Corriere della Sera, che fu pubblicato con il titolo ‘L’angelo del focolare è pronto a difendersi’. Rileggendo oggi quell’articolo, conservato nel mio archivio personale insieme a tanti altri documenti del periodo, mi colpisce l’attualità di alcune cose che ancora sono valide oggi. Intanto la lettura delle condizioni difficili delle donne ad affermare una vera parità nel mercato del lavoro e nella società. Diseguaglianze imputate non solo all’interesse a mantenere le donne in posizioni marginali nei processi economici di ampi settori produttivi ma ‘per confermare e consolidare una visione della donna proiettata nella famiglia, eterna supplente di servizi sociali che non ci sono.. Questa visione di coniuge debole riproposta durante il referendum non è stata sconfitta e rischia di ritrovare nelle oggettive difficoltà di ordine economico e sociale una stampella per riproporsi a trovare spazio nell’opinione pubblica”…Di fronte a questo sottolineavo che “ le forze che intendono battersi per realizzare una effettiva emancipazione non possono che partire dal presupposto che non è possibile più scindere gli aspetti cosiddetti strutturali della condizione delle donne da quelli cosiddetti sovrastrutturali cioè di quelli che fanno in termini soggettivi della donna un essere con un ruolo già precostituito’. Queste mie riflessioni che rispecchiavano quello che muoveva dal profondo l’iniziativa di tante donne esprimono bene cosa c’era dietro alla consapevolezza che la conquista del nuovo diritto di famiglia rappresentava. Non era una semplice legge”.

Costanza continua a spiegare quale era, in concreto, l’importanza per le donne di questa nuova legge e quale impatto era destinata ad avere.

“La battaglia per il nuovo diritto di famiglia teneva insieme tanti aspetti che toccavano sia la vita concreta delle donne che il quadro dei diritti soggettivi e portava con se la forza dirompente di una rottura del rapporto tra le donne e la famiglia che risaliva ad uno schema patriarcale di lungo corso ma che il fascismo aveva rafforzato come ‘destino’ delle donne quali mogli sottomesse all’autorità maritale, autorità a cui erano sottoposti anche i figli, un autoritarismo di base che serviva a sostenere altri tipi di autoritarismo pubblico. Accanto al riconoscimento della parità tra uomo e donna dentro la famiglia anche nei confronti delle responsabilità genitoriali verso i figli forse il dato più rivoluzionario che la riforma conteneva era quello economico: il riconoscimento del valore economico del lavoro delle donne, sia quando questo si esercitava nel contesto di imprese familiari sia quando si trattava del lavoro familiare e casalingo. Premessa della svolta che la legge aprì sul piano dei diritti economici delle donne, sanciti non solo sul piano formale paritario della condivisione di responsabilità in ruoli e attività svolte in ambito familiare ma che trovava finalmente concretezza nel principio della comunione dei beni. Un principio che ha fornito alle donne negli anni successivi strumenti basilari di tutela economica rispetto a contenziosi familiari. Ma uno dei capitoli più rivoluzionari della riforma riguarda anche il riconoscimento della parità tra figli nati dentro e figli nati fuori dal matrimonio. Non si può capire oggi l’importanza della cosa se non si ricordasse la drammaticità e l’ampiezza del fenomeno dei tantissimi bambini illegittimi, senza diritti certi e di conseguenza quella delle loro madri, colpevolizzate, senza diritti sociali ed economici per il sostegno dei loro figli”.

Cinquant’anni è un tempo sufficientemente lungo per fare un bilancio rispetto all’impatto che ha avuto la legge 151/75 anche nella società italiana, in generale.

“La storia della conquista del nuovo diritto di famiglia è per me come una lezione importante di scuola: per l’importanza dei contenuti e per l’analisi ancora da fare oggi dell’impatto concreto che ha avuto o non ha avuto a sufficienza sulla vita di tante cittadine e cittadini. Poche leggi come questa hanno retto al tempo ma ci sono oggi segnali preoccupanti che quello che era il presupposto di questa legge, il riconoscimento della parità non solo formale ma sostanziale tra uomini e donne, viene eroso sotto varie forme. Parità infatti significa anche riconoscimento reciproco di pari dignità come persone nel rispetto delle differenze e delle scelte. Ma c’è anche un’altra lezione che questa legge ci ha lasciato: la capacità che ci fu allora di creare una forte e intelligente alleanza tra donne, nei movimenti e nelle istituzioni,per arrivare ad un obiettivo comune”.
Intervista a cura di Tiziana Bartolini


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