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Isabella Pedicini sulle tracce di Diana De Rosa, pittrice barocca dimenticata dalla Storia

Isabella Pedicini sulle tracce di Diana De Rosa, pittrice barocca dimenticata dalla Storia

Diana De Rosa, conosciuta ai suoi tempi come Annella di Massimo, fu forse vittima di femminicidio. Di lei rimangono poche tele, come le due conservate nella Chiesa della Pietà dei Turchini a Napoli

Lunedi, 23/06/2025 - Domenica 22 giugno, nell’accogliente spazio della Libreria Ubik di Benevento e introdotta da Marialaura Simeone, la scrittrice e saggista sannita Isabella Pedicini, docente di arte presso il Liceo Umberto I di Napoli, ha presentato il suo ultimo libro: “Diana De Rosa (Annella di Massimo). La pittrice mai esistita”.
Edito da Armando De Nigris Editore, il libro è una investigazione storica su questa figura di donna sulla quale le fonti sono pressocché inesistenti. Infatti, sulla figura della pittrice napoletana Diana De Rosa, meglio conosciuta come Annella di Massimo, finora esistevano solo due libri: una commedia storica in quattro atti di Carlo Tito Dalbono ed un dramma storico in quattro atti di Michele Cuciniello. Di lei parla anche il biografo e pittore napoletano Bernardo De Dominici, detto il “Vasari napoletano”, per avere dato alle stampe l’opera intitolata Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani (1752). Divisa in tre libri, tale opera traccia brevemente i profili di decine di artisti napoletani, che il Vasari aveva puntualmente ignorato nella sua monumentale collezione di artisti italiani. Pare, dai diversi riscontri storico-filologici, che alcune delle biografie tracciate dal De Dominici siano state inventate di sana pianta.
Tra quelli che hanno stroncato l’opera del De Dominici vi è Benedetto Croce, che in uno dei numeri della sua rivista, 'Napoli Nobilissima', racconta proprio la storia di Diana De Rosa.
Negli anni Cinquanta gli abitanti del Vomero, attraverso una petizione, chiesero che Via Annella di Massimo cambiasse nome, perché la pittrice non era mai esistita.
Di Massimo è un patronimico e si riferisce al fatto che la pittrice aveva avuto come suo maestro il pittore Massimo Stanzione.
Secondo il De Dominici, Stanzione abbracciò la De Rosa per complimentarsi dell’ottima riuscita di una tela. Purtroppo, sempre secondo il biografo, una domestica andrà a riferire questo particolare al geloso marito di lei, il pittore Agostino Beltrano, che la ucciderà per motivi di onore. Non è certo se, in seguito, l’uomo abbia lasciato Napoli, forse per sfuggire alla vendetta dei parenti di Diana, ma è certo che Isabella Pedicini è voluta andare in fondo a questa storia, andando a cercare e a recuperare l’atto di morte di Diana, sul quale, stranamente (visto che era una prassi), non è indicata la causa del decesso. La donna morirà a 41 anni, lasciando i figli in ottime condizioni economiche e tra loro Cristina seguirà le orme della madre divenendo pittrice.
In un viaggio appassionato e appassionante tra suspence e ironia, Isabella Pedicini conduce il lettore ad approfondire la storia di questa donna, dimenticata come tante altre artiste della sua epoca. Eloquente il finale di questo libro che si legge tutto d’un fiato: «Non reputo questo testo un approdo, ma piuttosto un punto di partenza per riscoprire una straordinaria pittrice seicentesca. E insieme a lei tante altre donne cadute nell’oblio.
Questo libro è per tutte e per tutti, ma un po’ di più per mia figlia Anita e per le ragazze del futuro».

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