Nato da un’idea della professoressa Maria Rosaria Pagnani, che scrive anche di storia delle donne ed è attivissima a livello associativo, è una collezione assolutamente da vedere
Lunedi, 14/08/2023 - Quest’estate ho fatto una piacevolissima scoperta storico-culturale recandomi nel bellissimo e antico comune di Buccino, che si trova in provincia di Salerno e che vale la pena di visitare per mille motivi (che qui sarebbe veramente troppo lungo elencare). Ho scoperto il Museo della Donna, allestito da Maria Rosaria Pagnani, docente di lettere in pensione, collezionista di oggetti al femminile, scrittrice e cultrice di oggetti al femminile. Ma, soprattutto, una persona di una simpatia e di una signorilità uniche. Una personalità dai mille interessi, a cui si deve un allestimento particolare: il Museo della Donna, che è ospitato nelle prime sale del Municipio di Buccino, sito nell'antico convento degli eremitani di Sant’Agostino, fondato nel Basso Medioevo.
In questo ultimo scorcio d’estate, se avete voglia di immergevi nel turismo culturale, scegliete una meta come Buccino ed i paesi circostanti, tutti carichi di storie, di archeologia, di bellezze impensabili.
Ho chiesto a Maria Rosaria Pagnani di parlarci in prima persona di questa sua creatura. E anche un po’ di se stessa.
Tu sei una personalità poliedrica, molto attiva a livello culturale ed associativo, una persona dei mille interessi. Parlaci un po’ di te...
La mia timidezza infantile si è evoluta in una grande voglia di stare tra la gente e di operare nell'interesse di tutti, soprattutto delle donne, svegliandole da un atavico torpore. Insegnante di lettere dimissionaria, mi sono tuffata nel sociale, dapprima con la creazione di un'associazione al femminile, "ll percorso", seguita, poi, dalla partecipazione a più associazioni del territorio salernitano.
Il pensionamento precoce, quindi, mi ha vista impegnata a tempo pieno, tra la famiglia, una scuola privata, le associazioni, un laboratorio di ricami e la scrittura.
Ora sono Presidente della esuberante associazione sociale e culturale ebolitana "E. Massaioli" che conta oltre trecento cinquanta soci, della dormiente associazione " Ex Alunni del Liceo classico di Eboli” e della attiva Fondazione Pagnani-Pansa di Postiglione, un caratteristico paese alburnino. Inoltre sono Vicepresidente dell'Aiparc Buccino-ager volceianus e della sezione Fidapa di Salerno, nonché socia impegnata dell'associazione Buccinesi nel mondo.
L' incarico più importante, assegnatomi dalla mia unica figlia, mi vede impegnata nello stare accanto ai due nipotini di 11 anni e di 15 mesi. Gli spostamenti settimanali, in bus tra Eboli e Salerno, mi riempiono di gioia, facendomi dimenticare i segni che il tempo ha generosamente lasciato sulle mie articolazioni.
Come è quando è nata l’idea del Museo delle Donne? E in che anno ha visto la luce?
Il mio amore per pizzi e merletti è di antica data. Non ricordo se ho cominciato prima il mio essere collezionista o "scrittrice" della domenica. A volte, studiando antichi contratti dotali e testamenti ho scoperto un mondo lontano che si andava materializzando in ruvide tele cifrate e in sofisticati matinée, altre volte erano abiti e ventagli che mi raccontavano di timide spose e di loquaci nobildonne e lo studio e il collezionismo si completavano.
Confesso che avverto con gli oggetti raccolti una sorta di legame affettivo, che mi porta ad amarli tutti allo stesso modo, sempre il mio pensiero va a chi li ha posseduti, li ha custoditi e, poi, dispersi, perché arrivassero fino a me. Pertanto, mi sento la depositaria di storie sommerse, mi sento investita da una faticosa e piacevole missione; raccontare il difficile percorso delle donne per la conquista della libertà. Perciò, riempito un valigione, ho portato in giro, da Monza a Rimini a Potenza, i capi più significativi della collezione, perché il mio progetto de Il Museo delle donne cercava inutilmente casa. Dopo assegnazioni e traslochi forzati, il 13 maggio 2023 sono ritornata ad allestire le bacheche nella stupenda cornice della Casa Comunale di Buccino, convento del XIV secolo.
Mi auguro che la mostra permanente "Mode e modi di donne" sia l'anticamera di un vero museo, capace di accogliere il ricchissimo materiale che posseggo, che si va accrescendo con donazioni, perché la mia passione è contagiosa.
Sostare davanti alle "mie" bacheche significa entrare in una storia minore, a volte anonima, a volte, firmata con nome e cognome delle protagoniste, donne ignare che sarebbero state affidate allo sguardo affascinato delle future generazioni.
Qual è la peculiarità di questa collezione? Perché visitarla?
La peculiarità della mia collezione è che, nonostante parli più lingue e affonda le sue radici in tempi diversi, non teme contraddizioni. Essa è nel suo insieme la storia delle donne. Così non soffre lo scialle contadino a dividere lo spazio con il cappellino borghese e il prezioso ricamo claustrale delle monache napoletane ben si adagia accanto al ricamo della madre lucana.
Quali sono state le fasi di realizzazione di questo lavoro? Ed in che modo i vari oggetti sono entrati a farne parte?
Parte della collezione appartiene alla mia famiglia, moltissimo l'ho acquistato curiosando tra mercatini e mostre antiquarie. Per esempio: le forme in legno da modista vengono da Reggio Emilia, il manichino strizzato in vita dal mercato antiquario di Orvieto e portato faticosamente in treno da me e da mia figlia, uno scialle interamente ricamato a mano l'ho comperato in un villaggio indiano, di cui non ricordo il nome, un copribusto di mia nonna porta ancora i segni di quando lo indossavo sui jeans a zampa di elefante... E così in un lungo diario di viaggio, ogni oggetto ha la sua storia da raccontare, una storia che si fonde e si confonde anche con la mia e con quella di uomini e donne che si possono riconoscere, possono ricordare o soltanto immaginare.
Sei legata a degli oggetti in particolare?
Certamente vi sono degli oggetti, a me più cari, dai quali mi sono separata a malincuore. Mi sorprendo sempre a guardare gli imparaticci – sistemati nella prima bacheca – quei compiti su tela delle giovanette alla scuola di ricamo. Un susseguirsi di lettere e numeri da trasferire sulla biancheria da chi non aveva accesso all'istruzione, ma che ha lasciato in eredità tenere scritte con l'ago "armiamoci sempre", " mille baci", "La tua novella aurora ti porti fortuna"...
Mi piacciono i fazzoletti in lino, ora in disuso, pochi centimetri di stoffa che racchiudono storie d'amore, di gelosia, di verginità perdute, di lacrime e di addii...
Nella bacheca destinata al matrimonio, due oggetti particolari: un ricamo ottocentesco in capelli e una bambola dal dolce viso da musmè.
Sono due pegni d'amore, con una grande valenza nella storia delle donne. Troppo lungo da raccontare... mi piace, però, ricordare che la bambola – accanto alle fanciulle fin dalla preistoria – tra le sue tante finalità, augurava alla coppia fertilità e prosperità. Con questo scopo fu donata nel 1934 da Umberto alla sua sposa Ada, quando si avviavano a mettere su famiglia e a darmi la vita.
Parliamo ora della tua attività letteraria. Tu scrivi di storia, sotto forma di romanzo. E, spesso, scrivi di donne…
La passione per la storia mi ha guidato alla laurea in lettere classiche e alla specializzazione in archeologia, ed è la molla che mi ha portato a scavare tra gli oggetti dimenticati. È la molla che ha guidato la mia penna a scavare nella storia sommersa e portare alla luce personaggi poco conosciuti. Ne ricordo solo alcuni.
Bruzia Crispina, imperatrice lucana, sfortunata moglie di Commodo, figlio degenere di Marco Aurelio, imperatore filosofo.
Trascurata dalla storiografia ufficiale mandata in esilio a Capri con una falsa accusa di adulterio e condannata alla damnatio memoriae, è stata da me difesa, recuperata e offerta ai lettori, in tutta la sua genuinità, dopo duemila anni di silenzio.
La stessa sorte per Emma de Ala, contessa normanna di Eboli, che compare solo su sei pergamene di Cava, datate intorno al 1090. Emma, invece, vive a tutto tondo nel mio romanzo come governante in un difficile periodo storico, ma anche come moglie appassionata, madre affettuosa e nonna premurosa. Tante ancora le mie creature, come Margherita Colonna Caracciolo, duchessa di Buccino, Caggiano e Martina (Franca), morta di parto nel 1631, o Emilia, che visse nella Eboli del 1400 una sessualità complessa. Isolata dalla famiglia e dalla comunità combatte da sola fino a che si libera della sua femminilità non accettata per far vincere il maschio che era in lei.
Sepolta tra carteggi vari ho portato alla luce la storia di Helia, egumeno nella badia di Pattano nella metà del 1400. Condannato per stupri, omicidi e ruberie dalla giustizia terrena, nelle mie pagine appare come l'unico male nella sempre bella terra cilentana.
Le altre donne raccontate e che non ho citato non sono meno importanti, ma credo di aver occupato già troppo spazio e temo di annoiare.
Per concludere, vorrei che parlassi alle lettrici di Noi Donne dell’evento letterario che avrà luogo a Buccino il prossimo 10 settembre...
Il 10 settembre l'Associazione Buccinesi nel Mondo conclude le sue giornate dedicate a studiosi di Buccino, stimati anche fuori i confini dell'Italia. Ricorderemo Giuseppe Arduino, studioso, archeologo, grande conoscitore del territorio, scomparso prematuramente, lasciando in tutti noi un gran vuoto di affetto e di cultura.
Nella stessa giornata ci sarà la premiazione del concorso letterario sul tema dell'artigianato, che insieme all'agricoltura ha alimentato l'economia del passato. Il concorso porta il nome di Felice Sacco, un ramaio della Buccino degli anni '40. La lavorazione del rame, già nota all' antica Volcei (Buccino in età romana) ha prodotto dei veri capolavori usciti dalle mani dei nostri maestri ramai. L'intento della Associazione è richiamare l'attenzione su questa antica arte, ormai scomparsa, ed ora, portata avanti da un solo coraggioso artigiano.
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