Il ruolo delle militanti che accettarono i pericoli della clandestinità contribuendo alla lotta contro il regime. Biografie di donne che credevano nell’emancipazione femminile nella società e nella famiglia. Intervista all’autrice
Furono tante le donne che durante gli anni bui del fascismo scelsero la clandestinità, convinte di voler sostenere il Partito comunista d’Italia. Una scelta difficile e pericolosa che contribuì alla circolazione della stampa e delle idee contrarie alla propaganda del regime. Patrizia Gabrielli - professoressa ordinaria di Storia contemporanea e Storia di Genere presso il Dipartimento di Scienze Politiche e internazionali dell’Università degli studi di Siena - ha studiato le biografie di alcune di queste donne coraggiose, raccontando il loro ruolo in quel periodo storico nel libro “Fenicotteri in volo. Donne comuniste nel ventennio fascista” che l’editore Affinità elettive ha pubblicato nel 2024 (ristampa dell’edizione del 1999 con Carocci). Sono figure e circostanze sinora non adeguatamente approfondite e che, invece, possono offrire informazioni preziose tanto per valorizzare l’apporto femminile alla lotta contro il fascismo quanto per cogliere e riconsiderare particolari elementi. Incontrando l’autrice in occasione della presentazione del libro a fine gennaio (Archivio Centrale dello Stato, Roma, alla presenza di Alexander Höbel e di Emanuela Fiorletta), le abbiamo chiesto di illustrarci sinteticamente i punti salienti del volume, che è frutto di ricerche svolte prevalentemente presso il Casellario politico centrale del Ministero dell’interno. “Le donne che negli anni ’20 e ’30 aderirono al Partito comunista d’Italia non furono poche e svolsero un ruolo importante per garantire la sopravvivenza del Partito assicurando il collegamento, il proselitismo e la propaganda. Contribuirono inoltre al dibattito sull’emancipazione della donna, del diritto al lavoro e della partecipazione femminile alla vita politica ovvero al processo rivoluzionario; affrontarono questioni importanti come la maternità e l’infanzia, oppure i rapporti in seno alla famiglia e tra coniugi, quindi il tema della parità anche nella dimensione privata. Con la promulgazione delle leggi fascistissime, nel ’25 e ’26, le organizzazioni democratiche furono costrette alla clandestinità e molte donne entrarono a far parte della schiera dei ‘fenicotteri’, nome che Partito comunista d’Italia attribuiva a chi operava clandestinamente mantenendo nei territori i contatti tra i diversi centri di intervento e tra i compagni e le compagne. Le singole storie sono di grande interesse poiché dimostrano come soggetti di diversa cultura e ceto sociale scelsero la militanza, accettando il rischio del carcere, del confino o addirittura di emigrare, pur di non sottostare alla repressione e alla violenza del fascismo. Tra le donne, in particolare, ci sono diverse provenienze tra le militanti della prima e della seconda generazione. Le nate nella seconda metà dell’Ottocento, che si formarono nello Stato liberale e furono attive nell’associazionismo fino ai primi del Novecento, erano perlopiù maestre e impiegate. Le militanti della seconda generazione erano spesso operaie, come Teresa Noce o Dina Ermini. Pur credendo nell’emancipazione femminile, avevano una visione più radicata intorno ai temi della lotta di classe: in sostanza pensavano che l’emancipazione del proletariato avrebbe automaticamente portato anche all’emancipazione femminile. Sono tutte biografie interessanti e di donne spesso poco o per nulla conosciute. Soprattutto tra le giovani ricercatrici c’è una grande attenzione intorno a questi temi e a questo periodo, sinora poco studiato. Ragion per cui è stato necessario ristampare il volume”.
Patrizia Gabrielli
Fenicotteri in volo. Donne comuniste nel ventennio fascista'
Affinità Elettive, 2024
pagg 350
Euro 24,00
Lascia un Commento