Da Rebibbia femminile a Torvajanica: in scena l'amore saffico, e altro ancora ...
“Ramona e Giulietta. Quando l’amore è un pretesto” di Francesca Tricarico (Le Donne del Muro Alto): il 4 luglio la prima rappresentazione fuori dal carcere
Domenica, 18/07/2021 - Il titolo del lavoro teatrale firmato da Francesca Tricarico (ass. Per Ananke) esplicita l’intento di questa nuova impresa, tessuta e realizzata tra le mura del carcere femminile romano di Rebibbia nonostante il Covid. “Ramona e Giulietta. Quando l’amore è un pretesto” è una rilettura della celebre opera di Shakespeare e una trasposizione della trama, che si svolge nell’istituto di pena. È la storia di un amore tra detenute, un amore saffico, dunque, coltivato all’ombra di pregiudizi e tabù e ostacolato anche dalle rigidità del regolamento. La necessità vitale di vivere e sentire l’amore attraversa i dialoghi, ma c’è anche il dubbio se quello di Ramona e Giulietta sia un sentimento vero oppure solo una via d’uscita dal dolore che il carcere infligge o, ancora, una sorta di riparo dalla rabbia che la restrizione alimenta e che talvolta è incontenibile.
Si paga con l’isolamento e con altro dolore un piccolo spazio di libertà, conseguenza di “rancori e insoddisfazioni che nulla hanno a che fare con il tempo presente…. Ma che arrivano da luoghi remoti… nel cuore di chi, non avendo avuto il coraggio di affrontarli a tempo debito, li ha pietrificati costruendo muri di rabbia…”.
Parole dure sorreggono dialoghi intensi che aprono anche affacci sul quotidiano della vita nel carcere, con i passaggi di concelline e spesine tra i reparti Camerotti e Cellulare, affondi utili a dare parola ad una realtà che ‘il mondo fuori’ rifiuta di conoscere e capire.
“L’idea di questo spettacolo nasce dopo che, nell’ottobre del 2017, a Rebibbia femminile è stata celebrata la prima unione civile tra persone dello stesso sesso in un carcere italiano - spiega Francesca Tricarico, regista della compagnia ‘Le Donne del Muro Alto’ che da sette anni, insieme a Chiara Borsella e Sara Paci, lavora con le detenute a Rebibbia -. È stato un episodio che ha riportato l’attenzione sul delicato dibattito intorno all’affettività delle carceri, un tema molto sentito che ha suscitato un dibattito intenso. Non è stato semplice parlarne nel gruppo, comprendere da dove nascono le divisioni, ma la necessità è stata più forte della difficoltà e il teatro offre lo spazio di libertà ideale per potersi esprimere senza temere il giudizio degli altri”. Così nel 2018 è nato questo spettacolo, che per la prima volta è stato rappresentato fuori dal carcere lo scorso 4 luglio a Torvajanica.
L’emozione era grande tra le attrici, in scena come ex detenute e spronate da un altro appuntamento che le aspetta, a settembre, a Siena. Sono i primi passi, dopo tanto lavoro e sofferenze, verso nuovi scenari che il teatro apre a notevoli talenti, anche canori.
Più che giustificato, quindi, l’orgoglio di Bruna Arceri, Alessandra Collacciani, Annamaria Repichini, Sara Paci, Daniela Ion Savu, Raquel Robaina Tort la sera del 4 luglio, al pari della gioia del gruppo di lavoro che sostiene questa piccola e tenace compagnia teatrale convinta, come ha spiegato Tricarico, dell’utilità del teatro in carcere quale “occasione di riscatto e incontro attraverso il racconto di dolori e gioie che appartengono a tutti e tutte”.
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