La paura della pandemia restituisce valore alle competenze, ma attenzione a non confondere la fiducia nella scienza con il bisogno di ricette rassicuranti e semplificatorie. Intervista a Fiammetta Ricci
Martedi, 07/04/2020 - Continuano, con questa intervista alla professoressa Fiammetta Ricci, docente di Filosofia politica all’Università di Teramo e componente dell'Istituto Italiano di Bioetica, le riflessioni* di carattere filosofico e bioetico intorno alle questioni che l’epidemia del coronavirus pone con forza alla nostra attenzione. Il tema della fiducia, dell’affidarsi è diventato cruciale e permea la nostra quotidianità. Siamo sovrastati dalle tante incognite dell’impatto che questo morbo sconosciuto porta con sé, ci sentiamo totalmente indifesi, non possediamo strumenti né conoscenze per interpretare il fenomeno o immaginare soluzioni. Possiamo solo credere nelle persone di scienza e nei medici, affidandoci alle loro competenze. La facile polemica sembra aver momentaneamente lasciato spazio e parola ai tecnici, riconoscendo loro le capacità e possibilità di curarci. È un generale atto di fiducia totale e, per certi versi, sorprendente se consideriamo che in questo paese abbiamo visto dare credito a improbabili cure omeopatiche per il cancro o che fino a pochi mesi fa divampava il dibattito sull’opportunità delle vaccinazioni.
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