Migliaia di decessi ci obbligano a guardare la morte in una dimensione sconosciuta: una solitudine individuale ma anche di massa
Mercoledi, 25/03/2020 - Giorno dopo giorno il bollettino della Protezione Civile alle ore 18 arriva, impietoso, con i suoi numeri nefasti di contagi, ricoveri e decessi. A migliaia. Siamo come storditi di fronte all’immensità della tragedia in cui siamo immersi, incapaci di reagire. Eppure non possiamo sottrarci alla prova cui ci costringe il coronavirus: confrontarci con la morte, una dimensione naturalmente connessa alla vita ma che avevamo come espulso dai nostri orizzonti. Ci sentivamo eterni e ci comportavamo come se lo fossimo davvero. Le camionette dell’esercito cariche di bare destinate ai cimiteri che hanno spazi sufficienti per ospitarle costituiscono una prova inconfutabile della nostra finitezza come esseri viventi. È una realtà con cui brutalmente il coronavirus ci rimette in connessione. Con la professoressa Luisella Battaglia (Istituto Italiano di Boietica) continuiamo il ciclo* di conversazioni filosofiche e bioetiche sui temi che con l’epidemia si pongono alla nostra attenzione. Questa volta ci concentriamo sulla morte, tremenda e dolorosissima implicazione del Covid 19.
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