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"Cioccolato e pistacchio”: dalla violenza si esce con la forza dell’amore

Il romanzo di Chiara Lico “Cioccolato e pistacchio” in una nuova edizione con Le strade bianche di Stampa Alternativa

Mercoledi, 26/09/2018 - “Ecco che cosa ti fa chi ti ruba la vita: ti lascia a metà di un percorso e tu guardi avanti e indietro e non sai più qual è la via giusta”. Una manciata di parole bastano a Chiara Lico per descrivere le scorie avvelenate della violenza che rimangono indelebili nel corpo e nell’anima della donna che la subisce. L’autrice si misura con un tema, quello della violenza contro le donne, di cui non è facile parlare senza cedere alla retorica o, magari, scivolando in un involontario voyeurismo. Grazie a decenni di denunce e proteste delle donne sono stati conquistati parecchi spazi nell’informazione su questo tema, ma la battaglia non può dirsi conclusa considerati i tanti stereotipi di cui ancora non ci si libera: dagli ‘amori malati’ ai ‘raptus’ che provocherebbero i femminicidi, fino alle allusioni più o meno celate all’abbigliamento come causa di stupri. Libri come questo contribuiscono e tenere la rotta giusta nel mare tempestoso di una comunicazione ancora troppo spesso inadeguata.
Con “Cioccolato e pistacchio” - che esce in una nuova edizione grazie a Le strade bianche di Stampa Alternativa a distanza di 7 anni dalla precedente - Chiara Lico agguanta lo stomaco e il cuore di chi inizia a leggere il romanzo e non molla la presa fino all’ultima pagina. Uno stile asciutto e spesso ruvido, descrizioni crude e minuziose delle torture inflitte che poco o nulla lasciano all’immaginazione, un ritmo incalzante della narrazione, che riapre continuamente le sofferenze delle carni e quelle dell’animo senza nulla concedere al pietismo, conferiscono alla storia una forza inaspettata.
Dopo la mostruosa e gratuita violenza di gruppo da cui esce viva per miracolo, Rossella cambia nome e diventa Alessandra, forse nel disperato tentativo di trovare il bandolo di un’altra esistenza. Raccontando la storia in prima persona, la protagonista scandaglia il suo animo, seziona impietosamente i dolori delle sue carni e della psiche, osserva la vita di ‘prima’ e sa che un varco verso una vita del ‘dopo’ non c’è perché “… le ferite non guariscono. Semmai si nascondono nella pelle e alla fine non si vedono più. Ma non scompaiono, vanno solo a fondo. E lì restano”.
Poi le cose accadono e gli spiragli, che ci sono sempre, occorre saperli scorgere e utilizzare per andare incontro al possibile riscatto. Gli uomini sono pallide e irrisolte figure che restano sullo sfondo di un intreccio tutto femminile e che esprime la straordinaria potenza umana di cui le donne , talvolta, sono capaci.
Il vigore e la sintesi giornalistica giocano un ruolo decisivo nell’efficacia del libro e l’autrice ha immaginato la vicenda traendo ispirazione proprio dai processi che ha seguito come cronista di ‘nera’ e ascoltando ‘in diretta’ i racconti delle vittime. Per questo la storia è verosimile, nonostante le incredibili e disumane aberrazioni descritte, anche perché tutto è filtrato dalla sua sensibilità di donna. È grazie ad una consapevolezza generata dalla antica sapienza femminile che Rossella/Alessandra sceglie di “guardare avanti” sapendo che la risposta non verrà dal Tribunale di piazzale Clodio , “una struttura senza speranza”, ma dalla sua capacità di amare. Di tornare ad amare.



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