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Un viaggio tra le donne migranti in Italia per far conoscere le loro storie e i loro bisogni

Un viaggio tra le donne migranti in Italia per far conoscere le loro storie e i loro bisogni

Intervista a Isabella Peretti, curatrice con Ilaria Boiano di "Femminicidi d'onore. Dal 'Processo Saman' ai diritti negati delle donne migranti" (Futura Editrice)

Martedi, 03/12/2024 -

Sarà presentato a Roma (Più libri. Più liberi, 8 dicembre h 18:30) in anteprima nazionale "Femminicidi d'onore. Dal 'Processo Saman' ai diritti negati delle donne migranti" (Futura Editrice, 2024). Con riferimenti ad un percorso realizzato grazie ad un progetto della Casa Internazionale delle Donne di Roma sostenuto con i Fondi dell'8xMille della Chiesa Valdese e realizzato a cura di Ilaria Bioano e Isabella Peretti, il libro riporta testimonianze e riflessioni basate su esperienze dirette e corroborate dalle compentenze di esperte in materia di diritti delle donne in migrazione. Abbiamo chiesto a Isabella Peretti alcune informazioni sul libro.

Quando nasce l'idea di scrivere questo libro?
L'idea di fare un libro nasce dalla consapevolezza che andavano fatte conoscere a un pubblico più vasto tutte le esperienze di incontri, avuti durante il progetto, con donne afghane, pakistane, nigeriane, ivoriane in varie città d'Italia, incontri in cui sono state protagoniste, in cui "avevano tutte una gran voglia di parlare", in cui hanno espresso non solo la volontà di lottare per i propri diritti, ma anche profonde considerazioni sul sistema di integrazione e convivenza in Italia, in cui ci hanno raccontato le loro vite, le loro  avventure, la loro vita qui. Ma non solo: a Reggio Emilia abbiamo incontrato giovani donne afghane e pakistane che sono fuggite da un patriarcato violento delle loro famiglie e si sono rifatte una vita, mentre altre, come Saman Abbash non sono riuscite a scappare,  sono state vittime di un femminicidio d'onore, d'onore nel senso che padri e mariti hanno voluto, uccidendole, salvare "l'onore" della famiglia e delle tradizioni, il proprio potere sulle loro vite, la possibilità di farle sposare forzatamente con uomini che neppure conoscevano, per mantenere la loro sudditanza e spesso anche per ricavarne vantaggi economici. Tutto ciò andava raccontato, e l'abbiamo fatto con un documentario - grazie al lavoro di Tiziana Bartolini -, e lo facciamo ora con questo libro, in cui sono presenti entrambe le tematiche, le esperienze del Tribunale delle donne e le risposte giuridiche ai problemi emersi, e la questione dei femminicidi d'onore. 


Su quali questioni, tra le varie che le migrazioni pongono, vi siete soffermate in particolare?

A Casal di Principe sono emerse le difficoltà delle donne nigeriane con le Commissioni territoriali per l'asilo: quale verità delle proprie vite raccontare, pena il non essere credute per pregiudizio, nelle audizioni per ottenere l'asilo , e la profonda differenza tra ciò che ci comunichiamo nelle relazioni tra donne, e ciò che si racconta alle varie istanze burocratiche e giuridiche, anche se per le donne migranti non tutta la sofferenza  è dicibile, comunicabile. A Palermo, nella sede delle Donne di Benin City, sono emersi  tutti i problemi della tratta e ora il circuito vizioso per cui il Comune non concede la residenza, ciò determina la difficoltà di lavorare e guadagnare, di avere un reddito e una casa e quindi la possibilità di essere considerate, perché troppo povere, inidonee a tenere con sè i propri figli. Proprio quelle istituzioni che dovrebbero garantire loro i diritti sociali, sono le stesse che, negandoli, le considerano "cattive madri". A Reggio Emilia abbiamo discusso del "processo Saman" con le avvocate parte civile nel processo, che scrivono nel libro, e denunciano le inadempienze delle forze dell'ordine e dei servizi sociali nel difendere Saman quando non doveva essere lasciata sola a casa con la propria famiglia, che poi l'ha uccisa. A ucciderla, anche se non si sa se materialmente, è stata anche la madre di Saman. Si è discusso quindi del rapporto tra le madri ancora subalterne al patriarcato e le figlie, le nuove generazioni che vivono una vita diversa e hanno aspirazioni diverse. Molte ragazze, che sono riuscite a fuggire, hanno detto: Anch'io  potevo fare la stessa fine di Saman.

Quali obiettivi si pone il libro e a quali interlocutori vuole rivolgersi?
Innanzitutto, l'obbiettivo di far conoscere tutte queste esperienze e problematiche a un pubblico vasto, perché non possono restare patrimonio di riflessione solo di chi le ha vissute. Ma soprattutto di rivolgersi al movimento delle donne, ai movimenti femministi, perchè i problemi emersi sono anche nostri, li dobbiamo conoscere ed affrontare, se vogliamo vivere e costruire insieme alle donne di origine straniera una società migliore. Ci arricchiremmo insieme di "virtute e conoscenza", di relazioni nuove. Anche per superare quel crinale sostenuto dalle destre che separa tradizioni presunte barbariche e un Occidente presunto dei diritti; le donne forse potranno trovare un terreno comune nell'universalità dei diritti e, in Italia, nella Costituzione. E Infine farebbero bene a leggerlo - e a guardare il documentario - tanti e tante che lavorano nei Centri antiviolenza, nei servizi sociali, nelle questure, nei tribunali…

Intervista a cura di Tiziana Bartolini


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