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Marina Morelli:

Marina Morelli: "Il mio è un dire ogni giorno un nuovo sì"

“... Le mie figlie le ho volute e le ho amate fin dal primo momento in cui ho saputo di aspettarle. Quello che non sapevo era che sarebbe stato un percorso così lungo, così avversato dalla società e dal sistema..."

Mercoledi, 22/05/2024 -

Avrebbe voluto lavorare e talvolta sogna di essere in un ufficio, esattamente quello della multinazionale in cui è stata impiegata negli anni della sua giovinezza. Marina Morelli, madre di Arianna (29 anni) e Chiara (38 anni), due donne con un grave disturbo dello spettro dell’autismo, ha dovuto fare la sua scelta quando la nonna e la zia non hanno potuto più supportarla. Una sorte che tocca un po’ tutte le donne o perché non possono contare su un aiuto dalla famiglia o perché hanno uno stipendio troppo basso, osserva Marina.

“Io oggi sono la mia scelta di donna, ventiduenne, di diventare madre. Le mie figlie le ho volute e le ho amate fin dal primo momento in cui ho saputo di aspettarle. Quello che non sapevo era che sarebbe stato un percorso così lungo, così impegnativo, così al di sopra delle mie possibilità. E soprattutto che sarebbe stato un cammino così avversato dalla società e dal sistema. Sento di essere l’emblema di come oggi i figli siano essenzialmente delle madri per la società, che si aspetta da loro una totale abnegazione. Nessun welfare che permetta alle donne di essere madri e al contempo lavoratrici esiste nel nostro paese, le Istituzioni e i Servizi languono, e nel caso di noi caregiver il sistema si regge sul nostro sacrificio. Il mio è un dire ogni giorno un nuovo sì a questa prova molto al di sopra delle mie possibilità. Del resto chi può essere preparato a diventare genitore di una persona con autismo…”.

Una pacatezza accompagna il racconto di Marina Morelli, anche quando spiega di essersi concentrata sul benessere delle figlie in situazione monoparentale, pur avendo buoni rapporti con i padri, perché “quello cui ho dovuto rinunciare io era meno grave di quello che avrebbero perso le mie figlie”.Infatti, le foto disseminate sulle mensole e alle pareti ritraggono Chiara e Arianna nei numerosi viaggi che hanno fatto insieme alla mamma: New York, Parigi, Londra, Barcellona, le Asturie e la Catalogna in Spagna, la Svizzera, le Maldive, la Tunisia, il Marocco, l’Egitto, i Paesi Scandinavi, la Provenza e la Costa Azzurra in Francia, l’Austria, l’Inghilterra, il lago di Como e poi tante altre città in Italia.

La scrittura è lo spazio di libertà che Marina Morelli ha costruito per se stessa. “Ho una naturale inclinazione e sinora ho pubblicato solo il 15% di quello che ho scritto”. Una passione che le vale anche riconoscimenti che le restituiscono il sentimento suscitato dalla sua situazione “anche tra le persone con maggiore cultura”.Sono interessanti le sue sottolineature al commento che accompagna la sua poesia ‘L’empatia’, dedicata ad Arianna, pubblicata in una antologia. “Il mondo vede noi tre come un unicum, una sorta di triade botticelliana. A conferma di questo, recentemente, per un premio ricevuto, la nota critica mi definisce ‘madre per sempre’ e, cogliendo il punto vero, descrive la nostra come una dipendenza, anche affettiva. Ecco, il mondo ci vede così, ed è difficilissimo districarsi da questi che sono copioni prestabiliti. Una volta delle persone mi definirono ‘sfortunata’ per avere avuto due figlie con autismo.Certo non è una situazione auspicabile, però andrebbe capito che una condizione umana, che può capitare a chiunque, diventa una sfortuna quando si è sotto schiaffo del sistema, quando i diritti non sono certi perché manca il poderoso rispetto della persona a qualsiasi livello questa persona sia”.

In conclusione dell’intervista - e confessando di sentirsi in difficoltà nel dover parlare di se stessa quando per decenni ha parlato delle figlie, del loro benessere o dei diritti loro negati - Marina Morelli, dice che la sua maggiore preoccupazione riguarda il “dopo di noi”, l’incertezza che le sue figlie possano avere una vita dignitosa anche quando lei non sarà più in grado di sostenerle. Poi, ritorna a parlare di sé e osserva “indubbiamente c’è una parte di me negata, ma ho avuto la fortuna di sapermi guardare dentro e ho scoperto una capacità che mi ha permesso di colmare quella mancanza di conoscenza del mondo che avrei maturato attraverso la vita vissuta, per esempio, nel lavoro. Dentro di me ho trovato tante risposte che mi hanno spiegato il mondo, ho fatto un’esperienza di me connessa al mondo. Sicuramente il sistema mi ha ridotto a essere una persona con non tutti i diritti costituzionali ma il processo creativo è stato il dono che una vita come questa mi ha fatto. Èuna fierezza, l’orgoglio che muta in fierezza è stato il regalo che una vita come questa mi ha fatto”.


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