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 Elisa Cedrone e Le case Marceglie: il valore sociale della ruralità dell’Appennino

Elisa Cedrone e Le case Marceglie: il valore sociale della ruralità dell’Appennino

A San Donato Val di Comino, in provincia di Frosinone, un’impresa agricola a trazione femminile resiste tra problemi climatici e ostilità burocratiche

Sabato, 09/07/2022 - “Io avrei voluto fare solo agricoltura, ma purtroppo non è redditizia perché non viene dato il giusto valore a quello che produciamo”. Come tantissime altre realtà, Elisa Cedrone grazie alla multifunzionalità riesce a sostenere l’azienda che gestisce insieme alla sorella Rita. Infatti a Le Case Marceglie Elisa coltiva grano, raccoglie olive, alleva animali, prepara marmellate e - contemporaneamente - accoglie le scolaresche nella fattoria didattica, è guida naturalistica nel Parco Nazionale d’Abruzzo e organizza il pernottamento e la ristorazione, attività legate all’agriturismo.

Molto più che un ‘luogo del cuore’, Le Case Marceglie simboleggia la storia centenaria della sua famiglia, che viveva a San Donato Val di Comino, in provincia di Frosinone, già nel 1700. Come attesta il Catasto onciario del Regno di Napoli “dove è registrata la particella di un mio antenato bovaro proprio qui dove siamo ora”. Dunque la definizione ‘senso di appartenenza’ non è sufficiente per restituire pienamente il legame di Elisa con questa terra, con questi luoghi. Qui i panorami tipici dell’Appennino si intersecano con le caratteristiche dell’agricoltura di montagna. Siamo a ridosso del Parco nazionale d’Abruzzo, versante del Lazio, dove l’orso e il lupo sono di casa. Dove l’occhio esperto riesce a vedere nel sottobosco la copertura rilasciata dal ‘palco’, il velluto che ricopre le monumentali corna dei cervi con la muta periodica. Dopo il diploma all’alberghiero e dopo aver lavorato in hotel a cinque stelle, Elisa ha scelto di impiantare qui la sua azienda agricola. Pagando mutui è riuscita a riunire le proprietà, frazionate tra eredi ormai lontani e non interessati a tornare.

Il casale prende il nome da un antenato: Marcello.. Marceglie, in dialetto, per dire della volontà di sentirsi parte di una lunga catena di saperi e tradizioni da curare e trasmettere. Profumano di storia e di fatica le pietre con cui è costruito questo bell’edificio dall’aspetto solido ed elegante. Storie e leggende che Elisa racconta alle scolaresche con intelligenza e originalità.
La linea del tempo - battezzata ‘La Valle delle Valli’ - è un lungo tappeto che, srotolandosi, illustra l’evoluzione degli insediamenti umani nell’Appennino. Ricami e collages di stoffe colorate raffigurano l’uomo della selce, il carbonaio, il brigante, il boscaiolo, il nevaro e via andando fino ai giorni nostri con lo sciatore, il naturalista nel Parco, che quest’anno festeggia il suo centenario. Tanto amore e passione sono l’humus del duro lavoro quotidiano, che non ripaga più con i raccolti attesi.

“Da circa dieci anni il cambio climatico ha influito pesantemente in modo negativo sulla produzione agricola. Con le olive, per esempio, da che facevamo mille litri di olio, capita che un anno non raccogliamo niente e l’anno successivo arriviamo a malapena meno della metà. Non piove da novembre e le olive sono in sofferenza, nonostante la nostra sia la ‘marina’, una specie forte che non ha bisogno di trattamenti. È così per tutte le coltivazioni. Non si può più contare sul reddito agricolo. Sono cresciuta nell’agricoltura ed è vero che gli imprevisti climatici ci sono sempre stati, però se andava male un certo raccolto potevi compensare: non venivano le olive ma veniva il grano o altro. Ora si sommano fattori che impediscono di recuperare: le spese sono altissime, gli adempimenti burocratici sono asfissianti e sproporzionati rispetto alle possibilità di un piccolo produttore. Poi c’è anche qualcosa che riguarda la consapevolezza: finché le persone al supermercato troveranno tanti prodotti non riusciranno a capire la gravità delle condizioni in cui è costretta l’agricoltura. Le coltivazioni sono diventate tutte di serra e questo sta trasformando le abitudini, l’economia, il panorama. Chi viene in agriturismo si aspetta i comfort di un albergo; ammira le farfalle e le lucciole di notte, che non si vedono più per l’inquinamento, ma non sopporta le zanzare. Mi dicono di fare una piscina, ma non capiscono che qui non c’è abbastanza acqua, che i trattamenti non farebbero arrivare le mosche e zanzare e che il cloro danneggerebbe l’habitat naturale. Ma io non mi arrendo e, nonostante le sempre maggiori difficoltà, continuo a proporre un’offerta che propone la conoscenza della ruralità autentica e non di facciata”.

Con questo spirito Elisa organizza gli incontri nella fattoria didattica. “Qui non si fa il giretto guardando da lontano gli animali, organizzo giochi che fanno interagire con l’ambiente, che sollecitano l’osservazione. Sono giochi che spesso invento io”. Zerlomina, una vecchina che indossa il costume tradizionale del luogo e realizzata da Elisa come un burattino, racconta il valore delle tradizioni e il lavoro che produce ciò che mangiamo. “La fattoria didattica non deve somigliare ad un cartone animato, ma deve essere occasione di autentica sensibilizzazione dei bambini e delle insegnanti”.

Dietro a questa ulteriore fatica c’è un pensiero profondo, che Elisa sintetizza così “all’Istituto alberghiero si studiava l’evoluzione dell’accoglienza che, dai semplici spazi riservati al viandante ci ha portati via via agli sfarzi dei grandi alberghi, che ho conosciuto perché ci ho lavorato. Poi si è passati ad un ritorno alla dimensione rurale, ma una dimensione alterata e non corrispondente alla realtà. Non è, come si voleva, un capire come vive l’agricoltore e come escono le produzioni. Nelle strutture di agriturismo si pretende di avere gli stessi confort degli alberghi a cinque stelle. Sono artefazioni che distorto il messaggio e creato una concorrenza sleale. Io ho fatto una scelta: chi viene da me trova la vita contadina vera, non quella patinata, e deve rinunciare ad alcuni comfort in cambio della conoscenza dell’identità del territorio, della mia identità. Io voglio comunicare e far conoscere quello che faccio, il nostro sacrificio, la nostra agricoltura. È tutela del valore di questi territori che sono parte delle nostre origini. Valorizzare significa non sminuire tutto quello che abbiamo, saperlo vedere”.

La ruralità e i suoi valori antichi, certo, ma come si costruisce l’innovazione in una dimensione come questa e con le scelte che ci racconta Elisa? “Facendo la guida naturalistica ho visto che è possibile tenere insieme l’agricoltura, la natura e l’economia. L’ho fatto per dieci anni nelle aree protette e l’ho voluto riportare qui, organizzando questo luogo in modo che sia fruibile a chi è disponibile ad apprezzarlo. Ha funzionato in questi 14 anni ma, dopo il covid e con l’aggravarsi dei problemi climatici, dobbiamo fare dei cambiamenti anche tenendo conto che siamo schiacciati dalle direttrici che da Roma e Napoli portano a Pescasseroli, in Abruzzo. Questa valle è sempre stata un crocevia, un punto di confluenza da e per varie direzioni, terra di emigrazione e di storie straordinarie. Pensa che la modella de Il bacio, la scultura di Rodin, era di qui. La seminatrice raffigurata sul franco francese era Adelina Pesce, di Gallinaro. E ancora: l’unico orso autorizzato a ballare davanti al Cremlino arrivava da qui: prima di arrivare nella piazza rossa di Mosca gli venivano tagliate le unghie”.

Insomma una cultura riccamente stratificata che è un piacere conoscere attraverso i racconti fascinosi di Elisa, profondamente innamorata dell’agricoltura e dei sassi della sua terra. Una situazione complessiva poco agevole per un’economia fermamente intenzionata a mantenere intatto un delicato equilibrio che punta sul paesaggio e sulle tradizioni.

“Avendo questo obiettivo, di recente abbiamo completato l’acquisto di un’ultima porzione del casale; avevamo quasi completato il primo mutuo contratto anni fa, e ne abbiamo acceso un altro” dice Elisa senza nascondere preoccupazioni che possiamo solo immaginare. Quello che capiamo sicuramente è l’importanza di questo presidio, che va salvaguardato. Oltre al rispetto dovuto a queste due donne e imprenditrici per il loro impegno e per la grande fatica, c’è in ballo la correttezza dell’uso delle risorse destinate al sostegno dell’agricoltura e il sostegno per un prezioso know how che va salvaguardato nell’interesse di tutti noi, soprattutto mentre ci riscopriamo fragili in uno scacchiere mondiale in cui il grano è diventata un’arma di guerra. “Ci siamo assunte una grande responsabilità - sottolinea Elisa - e continuiamo ad andare nella direzione di mantenere la proprietà e anche l’integrità del territorio, delle sue origini, dello spirito”. Essere accanto a loro, sostenerle, è utile anche a noi.


Testimonianze raccolte nell’ambito del
progetto
‘Da sole non c’è storia. Donne al lavoro tra passato e futuro’
sostenuto dalla Regione Lazio. #lavoroXlei


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