L'incontro annuale dal titolo 'Oltre le barriere. Verso l’autonomia economica e psicologica delle donne', una sintesi della giornata
La sala è affollata e il piacere di partecipare al convegno che sta per iniziare è palpabile. Siamo a Dortmund per l’incontro annuale di di ReteDonne (Coordinamento italiane all‘estero) che per questa edizione (9 novembre 2024) ha scelto il titolo “Oltre le barriere. Verso l’autonomia economica e psicologica delle donne” concentrando il focus dei vari interventi sui vari aspetti della violenza di genere, a partire da quella fisica, ovviamente, ma con particolare attenzione alla violenza economica e psicologica, “due forme di esercizio del potere patriarcale e maschile, in molti casi correlate tra di loro, che pur non lasciando lividi visibili mettono le donne in una condizione di subordinazione, dipendenza e controllo”.
Questo appuntamento - alla cui realizzazione hanno collaborato: Com.It.Es di Dortmund, Ital-Uil Germania, DIG, Auslandsgesellschaft.de e Italienverein Dortmund - ha ottenuto il Patrocinio del Consolato d’Italia di Dortmund e del Women 7 Italy. Si tratta di riconoscimenti significativi poiché sottolineano l’importanza delle molte iniziative che le varie diramazioni territoriali di ReteDonne organizzano sempre con l’obiettivo di “far riflettere e riflettere, insieme alle altre donne, sui nostri diritti, affinché in tutti gli ambiti, da quello lavorativo a quello sociale e familiare, venga attuata la parità di genere. Attraverso i nostri incontri e momenti informativi - spiegano le attiviste - ci poniamo anche l’obiettivo di fornire strumenti teorici e pratici per superare e abbattere il gender gap, con la consapevolezza che, vivendo all’estero, le difficoltà che l’universo femminile deve affrontare sono spesso aggravate dalla solitudine personale e dalla mancanza di reti sociali”. Infatti ReteDonne opera su tutto il territorio federale tedesco ed è “un laboratorio di impegno al femminile che prova a mettere in rete le donne italiane che vivono in Germania, in Europa e in Italia”, come hanno ricordato la Presidente Luciana Mella e la vicepresidente Eleonora Cucina nell'introdurre i lavori.
Noidonne segue questa associazione fin dai suoi primi passi e quest’anno ha l’onore di partecipare portando come contributo una riflessione di chi scrive sulla situazione della violenza di genere in Italia con un focus sui media ‘tra spettacolarizzazione e responsabilità’ in cui si osserva come la narrazione in termini emergenziali delle violenze o dei femminicidi riveli una sostanziale ‘resistenza’ al cambiamento culturale che è coerente, purtroppo, con la negazione della parola patriarcato come fenomeno persistente nella società e alla radice delle violenze. Un intervento che sottolinea quanto ancora ci sia da fare anche nel linguaggio del giornalismo per smascherare stereotipi di genere e discriminazioni, nonostante i codici deontologici professionali e i trattati internazionali (Convenzione di Istanbul).
Una panoramica sulla situazione nazionale, normativa e di fatto, nell’intreccio con gli scenari economici internazionali la compie Claudia Segre, intervenuta come co-chair di Woman7, soggetto impegnato sui temi di inclusività, uguaglianza di genere e pari opportunità che promuove proposte sui diritti delle donne da presentare ai Governi nell’ambito del G7. “In occasione del Summit tenutosi a Borgo Egnazia abbiamo presentato un documento in cui richiamiamo l’attenzione sul lavoro, con particolare attenzione all’Intelligenza artificiale e sui relativi stereotipi, sul legame tra partecipazione lavorativa e empowerment femminile, sulla tutela dalle violenze e sul rispetto della salute delle donne - spiega Segre, sottolineando come non sia adeguato ai tempi - il cambiamento del lavoro in atto che non accolga pienamente le donne e le loro competenze perché è una disattenzione che depotenzia le possibilità di partecipazione attiva delle donne al mondo del lavoro”. Un gap ancora troppo evidente che contrasta con “l’indipendenza economica delle donne, alla base del contrasto alle violenza di genere”. Un obiettivo sul quale puntare convintamente attraverso “la formazione nel campo finanziario anche per riequilibrare nelle famiglie il lavoro di cura oggi troppo sbilanciato, puntando alla condivisione e alla possibilità per le donne di coltivare i propri sogni e aspirazioni senza scontrarsi con aspettative sociali che la ostacolano; obiettivi che richiedono di lavorare insieme: settore privato, settore pubblico e terzo settore”. Un grande lavoro, quindi, che richiede “crescita delle competenze, che le donne siano consapevoli del loro valore e che il Paese capisca che ha bisogno di queste competenze”. Tra i molti aspetti correlati all’importanza di sostenere la presenza delle donne nel lavoro, Segre fa riferimento ad un welfare pubblico e aziendale all’altezza delle necessità, alla certificazione di genere che va coniugata alle Convenzioni dell’ILO, alla parità delle retribuzioni, agli investimenti pubblici e all’imprenditoria femminile. Un insieme di politiche che “inseriscano pienamente le donne nel tessuto economico con un rapporto aperto e franco accogliendo i cambiamenti già in atto nella società e sfidando stereotipi e disuguaglianze sociali”.
Il contributo di Roberta Mori - già sindaca e poi, in qualità di consigliera regionale, Presidente della Commissione regionale per la piena parità tra donne e uomini - si concentra sull’apporto fondamentale che possono dare i territori nel contrasto alla violenza di genere con l’ascolto attento dei bisogni, con interventi normativi e con azioni di sistema. “Noi donne dobbiamo pretendere con convinzione politiche di prevenzione e contrasto alla violenza di genere - ha osservato Mori -, nel rispetto delle norme esistenti a partire dall’art 3 della Costituzione. Dobbiamo avere, però, piena consapevolezza di questi diritti previsti sulla carta, che non sono ‘gentili concessioni’ ma politiche indispensabili per produrre quello scatto in avanti necessario a tutta la società. Gli amministratori locali toccano con mano ogni giorno la necessità di applicare queste norme e in questo senso la regione Emilia Romagna ha agito sul piano delle norme in modo stringente e anche con finanziamenti adeguati”. Il punto vero, sottolinea Mori, è che “la politica deve credere nell’importanza del contributo delle donne alla società e agire di conseguenza anche negli stanziamenti di risorse economiche per promuovere la crescita di una cultura del rispetto e autodeterminazione delle donne, una parola che significa tante cose, spesso non si capisce fino in fondo che è un investimento molto serio. In Emilia Romagna abbiamo approvato una legge quadro che ho voluto fosse promossa dopo una larga partecipazione popolare, questo perché sono convinta che sia indispensabile la comprensione profonda del senso dei provvedimenti. Avrei potuto proporre un testo e arrivare rapidamente alla sua approvazione, invece siamo partite con una proposta di legge popolare e abbiamo raccolto migliaia di firme: i 45 articoli sono diventati così patrimonio condiviso e abbiamo potuto spiegare la scelta di mantenere nella legge un approccio olistico, multisettoriale e interiezionale per cercare le possibili declinazioni in tutti i settori”. È quasi accorato l’appello di Mori alla preparazione che le donne devono avere. “Sulle politiche di parità dobbiamo essere molto competenti, dobbiamo conoscere le leggi e i risultati che producono”. Conoscenza che sono indispensabili anche perché, mette in guardia Mori “il pericolo di tornare indietro è sempre in agguato”. In questo senso va una riflessione di primaria importanza. “Faccio sempre molta attenzione alla vittimizzazione secondaria, che può annidarsi anche in provvedimenti pensati a favore delle donne e quindi le leve antidiscriminatorie vanno pensate non perché le donne sono deboli ma perché hanno diritti non garantiti”. Con queste accortezze non dobbiamo “rinunciare mai ad essere proponenti e propositive, anche da minimi livelli territoriali o in piccole realtà associative possiamo forzare il sistema. Dobbiamo imparare a pretendere e a farlo anche alzando molto la voce”.
Il pomeriggio è dedicato al panel ‘Parole che lasciano lividi. Seminario di approfondimento sulla violenza psicologica” con gli interventi di Luciana Degano Kieser (psichiatra, psicoterapeuta) su “Dimensione sociale e fenomenologica della violenza psicologica” e di Alessia de Carlo (psicologa) su “Troppe volte vorrei dirti no. E poi ti vedo e tanta forza non ce l’ho. Il passo da minuetto a danza infernale è molto breve”. Due contributi ai quali sono seguiti gruppi di lavoro e riflessioni sugli elementi messi a disposizione attraverso slides informative, oltre che con sollecitazioni 'impreviste'... e assai apprezzate!
La giornata si conclude con la presentazione, coordinata da Beatrice Virendi, di “Che genere di donna? Retrospettive femministe di due expat tra Italia e Germania” (PM ed, 2024), il libro di Lisa Mazzi e Elettra de Salvo.
Una trasferta densa di contenuti e ricca di incontri fecondi che ha avuto un mirabile seguito il giorno successivo, con l’apprezzato concerto 'Fortissime!' in cui Valentina Scheldhofen Ciardelli, Letizia Maulà e Alvaro Siculiana propongono una rilettura dei personaggi femminili pucciniani.
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