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Vite in prestito: modificare il nostro modo di vivere per cambiare il mondo

Vite in prestito: modificare il nostro modo di vivere per cambiare il mondo

"...Claudia Iandolo, delusa dalla società attuale, stimola a riflettere sul senso della modernità, sui falsi valori come il denaro, il successo, il potere ..."

Giovedi, 11/08/2022 - “C’era Adele nel sogno con l’uomo che non si vede mai, anche quando ha il viso sgombro da ogni altro dettaglio, Rosa sa chi è, eppure non lo sa. Il tempo indecifrabile dei sogni, le leggi arcane che ne regolano la narrazione. Adele invece è Adele, sempre. Le città, i posti in cui si muovono sono quelli che Rosa ha amato, li ricorda con precisione solo quando sogna. Diffida delle foto, non ne fa mai in viaggio, tanto meno capisce l’ossessione di filmare qualunque cosa, dovunque, di documentare gli attimi, perdendoli, irrimediabilmente, proprio nello sforzo di fermarli. Gira per i luoghi che non conosce senza macchina fotografica, annusando l’aria, spiando nei volti altri odori e sapori nuovi, che solo la mente può rubare, che solo la memoria del corpo registra. Sa che prima o poi le saranno restituiti nel gioco magico di una connessione improvvisa e continua che è il sottofondo della vita e di tutte le relazioni possibili. È sicura che anche Adele avrebbe viaggiato così, allo stesso suo modo, senza prenotare la felicità, senza sforzarsi di ricordarla. Ha sognato la sua Barcellona, che è quella di Adele”.

I sogni, spesso metafora delle nostre esistenze, hanno via libera quando, eludendo la rigida vigilanza dell’io cosciente, l’inconscio può finalmente manifestarsi. È così, che ciò che si è tenuto a freno, talvolta rimosso, finalmente libero dal controllo, riemerge, anche se non sempre in maniera chiara o lineare, ma attraverso frammenti di un vissuto che necessita di ulteriori tasselli affinché venga ricomposto e compreso.

Rosa, la protagonista del romanzo, ha sogni ricorrenti.

Giornalista insoddisfatta di un quotidiano di provincia, è alle prese con un passato custode di alcuni drammi irrisolti della sua vita: un padre che adorava, morto nel fiore degli anni; una zia, Adele, suicidatasi (forse) a 25 anni per motivi mai rivelati, che tentare di chiarire in famiglia, è un tabu; una madre, un tempo maniaca dell’ordine, al contrario di sua figlia (che lo detesta e teme, come i luoghi chiusi, le banalità e i congiuntivi sbagliati), ormai irreversibilmente assente, a causa dell’Alzheimer.

A ciò vanno aggiunti: Alberto, un ex fidanzato medico, con moglie e bambini, ma presente quando lei chiama; un direttore cinico che le assegna compiti ingrati pur di vendere il giornale; i condomini del suo palazzo, che quasi non conosce, tranne Marisa Rocco, una “signorina di 56 anni” che vive sola con la sua gatta e dei dubbi esistenziali che, oltre a farle aprire l’altrui posta in cerca di attenzione, la condurranno verso un destino tragico. Un romanzo sulla condizione umana, in cui si evince anche la vocazione poetica dell’autrice, abilmente raccontato come un thriller psicologico, nel quale le vite apparentemente distanti dei personaggi, si intersecano, anche quando costoro non vogliono vedere, per distrazione o incapacità, le connessioni che li legano gli uni agli altri. Similitudini di vite solitarie apparentemente molto diverse, accomunate da dubbi, fobie, che stimolano alcune domande chiave: come sarebbe stato il destino di ognuno di loro se la correlazione con la vita degli altri fosse stata palese, se avessero comunicato? L’interazione con un altro essere umano, apparentemente distante per cultura e modus vivendi, può salvare dalla depressione e da un destino drammatico? Non è forse la consapevolezza di essere accomunati da un unico, ineluttabile destino, quella che ci dà la possibilità di trovare un motivo di sopravvivenza nella solidarietà? Non sono indifferenza e assenza, i peggiori mali dei nostri tempi? Non è la mancanza di empatia, la distrazione dal nostro prossimo, l’incapacità di comunicare, la mancanza di rispetto per l’altro, che ci rende più egoisti, sempre meno sociali? E come si è arrivati a questa cinica condizione?

Dopo anni di appassionato impegno nel sociale e come docente, Claudia Iandolo, delusa dalla società attuale, stimola a riflettere sul senso della modernità, sulla cosiddetta normalità, sugli alibi che forniamo alla nostra esistenza, sui falsi valori come il denaro (“tutto è in vendita e tutto si compra”), sul sistema capitalistico, necessariamente da modificare, il successo, il potere, che ci hanno distolto dalla capacità di sentire l’altro, dalla solidarietà, dal senso stesso dell’umanità. “Scrivere,- ci ha detto l’autrice, - è una necessità comunicativa ispirata dalle esperienze. Non ci si può arrendere: il finale, pur se amaro, lascia spazio alla necessità di aprire alla speranza. Sta a ognuno di noi accettare la sfida, comprendere come farlo e rimboccarsi le maniche per creare un mondo nuovo, in cui riportare al centro l’umanità”.

Durante la presentazione ad Ariano Irpino, l’autrice ha fatto un appello a tutti coloro che volessero aiutare la famiglia di un amico bulgaro, finito in coma dopo aver tentato di difendere un cinese aggredito e ucciso nel suo negozio a Monteforte, da un nigeriano bisognoso di cure che da mesi viveva per strada ed era stato lasciato a se stesso, privato anche dei farmaci essenziali di cui necessitava. Una tragedia nella tragedia, che ha lasciato la famiglia del bulgaro, in grave difficoltà. (per info ed eventuali sostegni conttatare: isidora03@libero.it)

Claudia Iandolo
Nata a Milano per caso, attualmente vive a Mercogliano (AV). Dopo essere stata combattuta tra il giornalismo e l’insegnamento, ha scelto quest’ultimo: è docente di latino e greco presso il liceo classico Virgilio di Avellino. È autrice dei romanzi: “Il paese bianco di Isidora vecchia” (Ed. Mephite), “Qualcuno distratto” (Ed. Palomar), “Vite in prestito” (Ed. Saladino) e delle raccolte di poesia: “Aegre” (Ed. Sellino,) “Alia” (Ed. Tracce) e “Sororità” (LietoColle).

Claudia Iandolo
Vite in prestito
Carlo Saladino Editore
Pag. 111 € 15


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