I 'succulenti' e curiosi ricordi di chi ha cucinato per personaggi famosi della cultura, della politica, della società civile
“Uno dei momenti più emozionanti della mia carriera è stato assistere alla prima apertura, dopo il montaggio, del sipario del teatro Modena che è stato poi il mio teatro per 20 anni. Un segnale forte: stava iniziando una nuova avventura. Quindi ora per la prima volta nella mia vita, con molto pudore, ho deciso di scrivere per raccontare il connubio delle mie passioni: si apra il sipario!”
Parla Pina Rando, “forzatamente” in pensione dal 2018, nel mondo teatrale dal 1980, negli ultimi vivaci anni del cosiddetto Teatro di ricerca. Come direttrice organizzativa dell’Archivolto di Genova, che considera la sua seconda famiglia, ha guidato la compagnia dal 1986 al 2018, producendo oltre cento spettacoli e numerose rassegne e festival. Nel 1997, dopo un attento lavoro di ristrutturazione, ha restituito alla città il magnifico teatro ottocentesco Gustavo Modena. Insieme al teatro, la passione di Pina è anche la cucina, vero antidoto allo stress per gli ospiti e per lei, intenta a creare piatti scegliendo gli ingredienti sotto casa o in giro per il mondo. Così l’autrice ha avuto il privilegio di cucinare per personaggi famosi o che “lo saranno”, di tutti i settori: della cultura, della politica, della società civile. “Tante persone interessanti, con cui è stato piacevole conversare in tavolate accoglienti, familiari, tranquille: si chiacchierava, ci si confrontava, a volte si progettava. Nel nostro teatro funzionava così, senza ipocrisie, per noi era cosa normale, faceva parte del nostro modo di essere, di lavorare. Era il nostro stile, racconta e, ripercorrendo quegli anni, tra sfide, difficoltà economiche e vittorie, riporta molti aneddoti. Senza una sede per oltre 10 anni, ospitati dallo Stabile e da altri teatri genovesi per le produzioni che portava in tournée in giro per l’Italia, dopo anni di richieste, la Compagnia del Teatro dell’Archivolto finalmente nel 1995 si vide assegnare dal Comune di Genova, a condizione che se ne assumesse l’onere del restauro, lo storico Teatro Gustavo Modena, inaugurato nel 1857. Sebbene di proprietà comunale, due palchetti del teatro ubicato a Sampierdarena, appartenevano a una tale signorina Garibaldi, vivace novantenne, pare discendente dell’Eroe dei due mondi, la quale, non fidandosi dei giovani, non voleva concedere il suo assenso. La situazione si sbloccò con l’intervento dell’allora assessore Aleandro Longhi, che convocò in Comune la Garibaldi mandandola a prendere in auto blu e ricevendola con tutti gli onori, le parlò poi in stretto dialetto genovese rassicurandola sulla conservazione del teatro e che lei non avrebbe sborsato un soldo. All’inaugurazione la signora si sarebbe presentata orgogliosa nel suo palchetto! Ma il periodo del restauro, ricorda Pina, fu intenso e laborioso, seppur alla fine gratificante: nonostante i contributi del Ministero della Cultura, degli enti locali e di alcuni privati, la compagnia dovette indebitarsi. Ognuno fece minuziosamente la sua parte, dalla redazione del progetto dell’architetto Alberto Filippi, alla parte strutturale dell’ingegner Giorgio Stella, al recupero di stucchi e ori di Alessandra Cavalli, alla direzione dei lavori del geometra Gianfranco Mossetti, all’impianto di luci e fonica di Fabio Cingano e Pietro Ferraris, a Valter, il compagno di vita con cui da oltre 50 anni divide “normalità e follie”. E per anticipare i tempi, direttore tecnico fu Simona Rigamonti, una donna, genere con cui sottolinea, ha sempre preferito lavorare. Il 31 ottobre 1997 il Modena fu inaugurato con lo spettacolo Snaporaz, Fellini. Andò in scena un’idea di decentramento culturale, parte integrante della formazione dell’autrice, che si inventò una forma di abbonamento di 10 biglietti prepagati, riuscì a riportare a teatro molti ex spettatori, studiò slogan e spettacoli di qualità e soprattutto, facendo squadra, incuriosì il pubblico fino all’ultimo giorno di cartellone. Ma il Modena era carente di camerini, uffici, sartoria, sala prove, una cucina e una sala che potesse contenere una tavolata per molti ospiti: il massimo per la sua vita professionale! Così, grazie alla concessione della gestione del confinante mercato ortofrutticolo in disuso, anch’esso da ristrutturare, si sarebbe potuto creare un centro polivalente. La Sala Mercato disponeva di 200 posti: consentendo di modificarne l’assetto per le esigenze dello spettacolo, era dotata di un foyer delle conferenze, un grande atrio, un bar, biglietteria, guardaroba, uffici, camerini, una lavanderia, un piccolo magazzino e finalmente, una cucina e uno spazio scenografico (progettato da Marcello Chiarenza) in grado di ospitare fino a 60/70 persone. Tra cene e scene, scopriamo aneddoti e preferenze culinarie di molti personaggi, accompagnati dalle ricette dei loro piatti preferiti: Altan “fumettista, disegnatore, ma soprattutto un filosofo con il dono della sintesi”, è un appassionato dei baci di dama, che non ama il pesce, ma gusta qualsiasi cibo, soprattutto se accompagnato da buon vino rosso. Ambra Angiolini è appassionata delle torte di verdura, che Pina le ha sempre preparato con piacere (propone la torta di bietole e quella di spinaci). Alessandro Baricco ama il minestrone; Giuseppe Battiston, le lasagne al cacao con crema di gorgonzola; Stefano Benni è appassionato del pandolce genovese; Claudio Bisio ama il pane, sulle cui tecniche di piegatura (oltre che sulla ricetta della pagnotta, della ciabatta e dei panini di semola) l’autrice si sofferma a lungo con tanto di foto. Stefano Bollani, che “si esalta davanti a qualcosa di bello”, ama le lasagne al pesto, mentre Claudio Burlando predilige quelle di castagne e funghi. L’ironica Lella Costa ama le torte di verdura o il polpettone di fagiolini e patate. Maurizio Crozza ama mangiare, gradisce il pesce, ma predilige le acciughe, crude marinate nel limone, in umido o fritte (proposte tutte e tre le ricette). Angela Finocchiaro è golosa di torta al cioccolato. Riccardo Garrone, goloso di melanzane, dopo aver gustato la parmigiana di Pina, di cui avrebbe voluto portare un pezzo a casa, ma era finita, all’offerta di fargliene un’altra l’indomani, non resistette e inviò il suo autista a ritirarla.
Giorgio Gallione il regista col quale, pur caratterialmente agli antipodi, Pina ha condiviso il progetto teatrale fin dall’esordio, è goloso di dolci, in particolare della pastiera. Ecco come rievoca quei momenti (estratto): “Le cene del dopoteatro di Pina sono per me l’emblema di quello che voleva essere, ed è stato, il nostro Archivolto. Condivisione, complicità, amicizia, empatia e generosità. Grazie alla meravigliosa accoppiata palcoscenico/cibo siamo riusciti a raccontare a noi stessi, ai nostri collaboratori, ai più diversi ospiti e agli artisti che invitavamo al convivio, quella che era per noi la nostra casa e anche la nostra poetica: il teatro come luogo di incontro e confronto, accogliente e vitale. In questo Pina è stata lungimirante e geniale. Dopo una pastiera o un minestrone da godimento estremo, come si poteva dire no a qualsiasi proposta artistica nascesse a tavola, assediati amabilmente da torte di verdure e lasagne? Ma il meraviglioso è che tutto ciò non era tattica o strategia “imprenditoriale”. Era una reale, concreta e limpida voglia di incontrarsi, di sceglierci, di trovare accanto alle vicinanze artistiche anche quelle umane, persino etiche”.
Lo “strabordante” Alessandro Haber, capace di spiluccare anche dai piatti degli altri commensali, è un appassionato di casatiello napoletano. La straordinaria Milva La Rossa si era appassionata ai fagottini al cioccolato che Pina le aveva fatto trovare in camerino e si era comportata da gran signora e vera donna di sinistra, quando per il flop al Sistina, l’impresaria era stata costretta a rescindere il contratto con Garinei. Al cinquantesimo compleanno, Pina festeggiò con gli spettatori, a sorpresa, lo straordinario affabulatore Luis Sepulveda che scriveva per: “amore delle parole e per l’ossessione di dare un nome alle cose a partire da una prospettiva etica dettata da un’intensa pratica sociale”. Per lui un pan di Spagna ai frutti di bosco. Il travolgente Neri Marcorè gradiva molto le pizzette di salsiccia e friarielli. Francesco Guccini, che si vantava di essere nato lo stesso mese e giorno di Che Guevara, amava la pasta sfoglia e i fagottini di prosciutto e così si esprimeva (stralcio): “Se è vero che teatro è una parola che viene dal greco théatron, un luogo destinato allo spettacolo, allo stesso modo posso affermare che i piatti di Pina sono anch’essi uno spettacolo, una forma d’arte appunto”. Il lungo viaggio di Pina, con prefazione di Carla Signoris, passa per Don Andrea Gallo, Franca Rame, Dario Fo, Dori Ghezzi, Michele Serra, Staino, Pirovano, Baricco, Pennac, Saramago, De Cataldo, Carofiglio e molti altri: non riusciamo a citarli tutti, lasciando al lettore il piacere della scoperta, certi che troverà il libro, arricchito anche del nutrito elenco degli spettacoli, affascinante e istruttivo.
Pina Rando
Ricette dietro le quinte. Aneddoti e cene al Teatro dell’Archivolto
Il canneto editore
pagine 257 € 27
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