Domenica, 12/05/2019 - Se uno di voi sarà più dolce con sua madre, una sera, per causa mia e di mia madre, non avrò scritto invano (A.Cohen).A Ivana.
La frase in incipit, una delle tante e pregnanti che lo costellano e lo informano, fa parte de Il Libro di mia Madre di Albert Cohen, scrittore ebreo ed intellettuale immenso che ebbe il coraggio di pubblicare il testo a distanza di 11 anni dalla scomparsa della madre, un lutto elaborato a fatica, forse mai metabolizzato del tutto, divenuto un canto d’amore nel tentativo di sottrarla all’oblìo, di fissarla in immagini struggenti e dolci che ne restituissero la semplicità, l’ingenuità e le piccole quotidiane debolezze, la dedizione alla famiglia ma, soprattutto, l’amore per l’unico figlio: un amore totale, assoluto, come è quello di ogni madre. Un amore che i figli sanno forse comprendere pienamente solo quando le madri non sono più.
Più sereno e rasserenante, ad un tempo, il ricordo invece che Don Umberto Pasini, grande figura di mèntore, docente e sacerdote portuense/ferrarese scomparso da tempo, dedicò alla propria madre, una lirica delicata transustanziata, se si passa il neologismo, in un simbolo da sempre parte della nostra cultura cristiana e cristologica, il pane.
Buono come il pane fatto in casa, si diceva una volta, facendo riferimento ad un cibo, ad una leccornia o, più metaforicamente, ad una persona dotata di particolari qualità, umanamente parlando: e cosa c’è di più buono di una madre, di ciò che una madre ‘fa’ per il figlio nel corso della sua esistenza?.
E in fondo, ellitticamente, anche la madre cui è dedicata la poesia che segue è, al di sopra di ogni religione o fede una madre a tutto tondo, una yiddishe mame come quella di Albert Cohen che per il figlio sarebbe morta…
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