Un Rinascimento che parla di congedi maternità e scorda quelli di paternità
Il documento di analisi e di proposta prodotto dal gruppo di lavoro Donne per un nuovo Rinascimento creato dalla ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia
Giovedi, 28/05/2020 - di Manuela Manera e Laura Onofri
Il 25 maggio sul sito del Dipartimento per le Pari opportunità e la Famiglia è stato reso pubblico il documento di analisi e di proposta prodotto dal gruppo di lavoro Donne per un nuovo Rinascimento. La task-force, che si è incontrata per la prima volta il 15 aprile, è stata costituita dalla ministra Bonetti, convinta che «ripartendo dalle donne, con le donne, possiamo insieme costruire un nuovo percorso, un vero e proprio Rinascimento per il nostro Paese».
Più che come osservatorio impegnato a garantire che le proposte delle altre task-force istituite per affrontare l’emergenza Covid19 nei vari settori abbiano un approccio gender-sensitive e gli interventi siano gender-oriented, l’équipe della ministra Bonetti, prendendo atto che l’impatto dell’epidemia ha esacerbato situazioni di diseguaglianza di genere, mira a «costruire un percorso inedito di crescita per il Paese»: il compito delle dodici professioniste designate è indicare strategicamente, attraverso “proposte fattive, fattibili”, come riparare a disparità di genere che, emerse più chiaramente in questi mesi, sono in realtà strutturali – e non emergenziali, come il richiamo a un lessico bellico (task-force) potrebbe lasciar intendere.
Si tratta, infatti, di disparità di lungo corso, contro cui già molte associazioni e gruppi di studiose operano con iniziative sul territorio: un’esperienza che sarebbe da tesaurizzare. Proprio per questo sarebbe stato auspicabile, prima della pubblicazione del documento, un confronto con queste realtà, metodo adottato, per esempio, dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio per la presentazione di emendamenti su provvedimenti per il contrasto alla violenza sulle donne nel recente decreto “Cura Italia”. Le proposte presentate nel documento riguardano tre macro-ambiti:
- Ricerca, Stem e formazione delle competenze
- Promozione del lavoro femminile e inclusione delle donne nei ruoli decisionali
- Riorganizzazione dei tempi di vita e di lavoro e metodologie di comunicazione finalizzate all’abbattimento di stereotipi e cambio di paradigma
Bene, ottimo. Non è chiaro, però, con quali modalità si procederà a integrare le indicazioni con quelle che scaturiranno dal Comitato di esperti ed esperte presieduto da Vittorio Colao. Resta inoltre da chiedersi perché, di fronte a così incontestabili propositi, non si inizi da questo stesso documento a usare quel linguaggio inclusivo capace di andare oltre gli stereotipi, tanto invocato: basterebbe rispettare le regole della grammatica italiana, senza sforzarsi di creare “un nuovo tipo di linguaggio verbale”. Non ci si capacita come in un documento intitolato Donne per un nuovo Rinascimento pubblicato dal Dipartimento P.O. si leggano, in riferimento a donne, direttore, professore ordinario, professore associato, ingegnere, consigliere…
È andato perso il lavoro del Comitato Esperti/e del linguaggio di genere che nel 2015 ha lavorato proprio presso il Dipartimento delle Pari Opportunità?
Non si sa che, in caso di dubbi, è possibile ricorrere a numerosissime linee guida per un linguaggio inclusivo (ultime in ordine di tempo quelle del MIUR del 2018)?
E se si legge del «diritto alla disconnessione del lavoratore» dimenticando la lavoratrice, poco più avanti, quando si parla di «rivedere e armonizzare la normativa che regola l’erogazione di borse di studio o assegni di ricerca, anche al fine di garantire un’adeguata copertura economica» il riferimento è solo all’«interruzione per congedo maternità» e non anche paternità.
Le parole sono importanti perché è con le parole che si dà forma al pensiero e si sviluppano i modelli culturali che indirizzano la società; aver dimenticato che il congedo può essere chiesto anche dal padre, per esempio, non aiuta il processo di condivisione del lavoro di cura come responsabilità primaria tanto degli uomini che delle donne e rafforza invece uno stereotipo che inevitabilmente incide sulle scelte che la coppia assume quando nasce un figlio o una figlia.
Difficile scardinare abitudini linguistiche introiettate, ma non si può proporre un simile documento senza controllarlo più volte: un documento in cui si sottolinea in modo ricorrente l’importanza della comunicazione per «sostenere un vero cambiamento di paradigma per sradicare gli stereotipi» non può esso stesso non proporsi come modello di comunicazione inclusiva e non stereotipica. Si inizi con coerenza a usare la lingua italiana in modo corretto in tutti i testi (pubblicazioni, pagine web, modulistica, documenti, atti) emanati dallo Stato e dagli enti pubblici: e quel «linguaggio di verità, oltre gli stereotipi» che la ministra Bonetti e noi auspichiamo diventerà realtà.
di Manuela Manera, linguista e Laura Onofri, giurista
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