Domenica, 03/11/2019 - Il movimento femminista italiano, grazie alla rete Non una di meno, vive da circa due anni un momento di grande vitalità e protagonismo. Al tempo stesso si continuano a registrare casi di femminicidio (una ogni due giorni), l’Italia è agli ultimi posti della graduatoria Ue per partecipazione delle donne al mercato del lavoro e in generale, secondo l’ultimo Gender equality index appena diffuso dall'Istituto europeo per la parità di genere (Eige), siamo quattordicesimi su 29 stati membri, 4,4 punti rispetto alla media europea. Tanti sono ancora i campi di battaglia aperti e nient’affatto risolti. Un pamphlet di Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, informatica, entrambe femministe e giornaliste freelance dal titolo “Non voglio scendere! Femminismi a zonzo” (ed Malatempora) li ripercorre in un mappa immaginaria di linee e stazioni metropolitane che richiama alla riflessione e all’azione femminista. Abbiamo intervistato le autrici in vista della presentazione del libro il prossimo martedì 5 novembre organizzata da Le Funambole presso lo Spazioxygene di Roma.
"Oggi siamo dinanzi a un bivio: o ci candidiamo alla ribellione o soccombiamo alla restaurazione". Oggi da dove vengono e chi incarna maggiormente le spinte reazionarie secondo voi?
Il capitalismo che domina e imperversa è sicuramente un problema, il suo ordine economico e sociale è qualcosa di opprimente che ci sfrutta, ci inquina, ci aliena. Ma il sistema patriarcale di più, perché è un sistema definito da maschi a loro immagine e somiglianza proprio per opprimere le donne e per tenerle a bada, le confina, più dei maschi, nella precarietà, sublima la famiglia come unica opportunità di sostegno, vincolando possibilità di indipendenza e di scelta. Con il suo sessismo distrugge le nostre vite, anzi ce le ruba e ci costringe a vite che non sono più le nostre. O ci vuole annientare o ci vuole morte. Muovendo da questi presupposti possiamo dire che le politiche economiche e sociali di destra incarnano maggiormente questi ideali reazionari e colpiscono maggiormente le donne, tuttavia negli ultimi decenni anche molta sinistra si è adagiata sul politicamente corretto senza assumere fino in fondo il carattere intrinseco al neoliberismo, ossia il sessismo presente in tutte le etnie, classi sociali, età, professioni etc. Il costo sociale della violenza maschile sulle donne equivale ad una finanziaria ma nessuno lo dice o agisce di conseguenza.
Il libro è pensato come un intreccio di questioni, perché le dimensioni della vita umana non sono separabili in silos: detto questo, quale credete che sia il punto di attacco per la costruzione di una società diversa che non discrimini ma promuova il potere di donne e comunità lgbtqi?
Il libro è pensato come una rete metropolitana che individua sei tragitti per l'autodeterminazione e la ribellione. Le fermate di questa metropolitana femminista sono un vademecum minimo di parole chiave che possono aiutare a individuare e scardinare i ruoli che questa società vuole assegnare a ciascunx, già dalla nascita, già dalla attribuzione del sesso biologico. Tutto il contrario delle femministe che non vogliono stare sempre/solo/per forza nel posto loro assegnato. Una società che ci piace è quella in cui possiamo essere consapevolmente liberx di scegliere qualcos'altro da ciò che è stato pensato/deciso per noi e poterlo fare senza nasconderci, ma rivendicando visibilità, che significa anche piena cittadinanza per le soggettività lgbtqi. Non si tratta di promuovere un potere rispetto ad un altro, con la convinzione che, se lo gestiscono le donne, allora il potere è meglio. L'idea è di ripensare il concetto e l’uso del potere collettivo per realizzare una società capace di superare il sessismo, il razzismo, le diseguaglianze di classe, lo sfruttamento dell'ambiente e degli esseri viventi, umani e non, una società senza forme di autoritarismo, prevaricazione o discriminazione.
Le lotte femministe attraversano il globo. Cosa caratterizza il movimento femminista italiano e come si connette con il resto del mondo? Non una di meno, Nudm, è il movimento femminista italiano, ma si dichiara transnazionale e transfemminista, partecipa alla rete globale delle ribellioni femministe per la rivendicazione di diritti ancora negati, per affermare quelli esistenti, sempre più messi a rischio, e lotta per l'uguaglianza. Dalla violenza maschile contro le donne alle disparità salariali, dai diritti riproduttivi al lavoro riproduttivo, alle libertà sessuali non codificate dalla cultura dominante, Nudm è un movimento che è tornato ad occupare lo spazio pubblico e chiede a ciascunx di posizionarsi, a partire da sé, e di prendere parte al processo di trasformazione radicale per definire una società diversa. Ci viene da pensare allo slogan utilizzato nelle manifestazioni contro la repressione in Cile: non torneremo alla normalità, perché la normalità era il problema.
A un certo punto del libro scrivete di cosa ci sarebbe bisogno e in un passaggio parlate di "ripensare la delega, sovvertirla". Che relazione auspicate tra femminismi e politica istituzionale?
La riflessione sulle istituzioni e la delega è in un certo senso molto pragmatica e muove dall’idea che se non occupi tu uno spazio lo farà qualcun altra, magari una delle tante donne che riproducono allegramente e volutamente il patriarcato o che parlano di “femminilità” confondendola con i femminismi. Per questo vorremmo che le femministe italiane, sulla scia delle spagnole, fossero meno timide, non mettessero veti su eventuali tavoli/incontri con le istituzioni, perché è anche lì che si decidono i destini di tuttx e si deve cercare di smontare il sistema anche dal di dentro. Ovviamente avendo un movimento forte dal basso che fa pressione e detta l’agenda, per non stare in balia della politica mista che detiene il potere di governare.
Questo libro vuole in qualche modo fare una fotografia del presente, di cosa si muove e del punto in cui siamo. Ce n'è un prossimo in cantiere? Quale aspetto del femminismo vorreste raccontare e approfondire?
Ci piace usare il plurale e parlare di femminismi e oggi questi femminismi attraversano gli aspetti più diversi delle vite materiali. Nell'ultimo anno sono stati pubblicati tanti libri, più o meno divulgativi, sembra quasi che il termine femminismo sia diventato più accettabile, che incuta meno sgomento. Sappiamo che non è così, che ancora dobbiamo resistere, in piedi, e cercare di cambiare il sistema. Dobbiamo continuare a lottare, a disturbare, sapendo che il capo d'accusa di fondo è il non essere sottomesse. Quindi sì, le nostre teste vulcaniche stanno già pensando ad altro e, guardandoci intorno con curiosità, pensiamo all'intreccio tra femminismi e movimenti per la giustizia ambientale.
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