Giovedi, 21/07/2022 - Tutti dormono nella valle di Ginevra Lamberti (Marsilio, 2022) racconta l’ansia di libertà attraverso la storia di Costanza, figlia degli anni ’70 e ‘80 che vive la sua giovinezza viaggiando in autostop, andando ai concerti rock, spostandosi in giro per l’Italia con le amiche, incontrando altri giovani con il medesimo desiderio.
Ginevra Lamberti racconta l’ansia di vivere della protagonista che si contrappone alla rassegnazione delle persone che l’hanno preceduta. Ai dolori e alle illusioni, come accade ad Augusta, la madre di Costanza, che lavora come balia e sogna una bambola e che mai comprerà, perché costa quanto il suo stipendio di un anno. All’anaffettività di Tiziano, suo padre, che guarda con dolcezza solo il passero solitario che vive vicino alla casa ed è chiuso nel suo ruvido modo di rapportarsi agli altri, o alla solitudine della partente rumena e zoppa, considerata la strega del villaggio. Insomma, i personaggi che si muovono intorno a Costanza sono solo figure ferite e confinate nella valle a vita.
Ginevra Lamberti intreccia le storie narrate delle generazioni precedenti, facendo della storia genealogica non romanzi o storie a sé, ma tratti formanti della personalità della protagonista, per questo è riduttivo parlare di saga familiare. Una saga familiare in generale è chiusa, qui la protagonista si forma anche attraverso i racconti orali delle persone a lei vicine.
L’ansia di Costanza nasce dal bisogno di andare oltre, oltre la rassegnazione e la miseria. Le storie dei genitori e dei nonni di Costanza sono funzionali alla costruzione del personaggio, convergono e per mezzo di queste si sa cosa vuole o desidera la ragazza. Da queste storie la ragazza vuole a tutti i costi scappare, attratta dagli anni settanta: il decennio della libertà e delle sperimentazioni politiche, sociali, sessuale. Costanza, per questo, fugge a piedi, o con l’autostop, assume acidi, dorme ovunque, pur di non tornare nella valle dove il tempo sembra fermo all’Ottocento.
Il Tempo e i luoghi sono molto importanti nella narrazione, perché dopo la descrizione dell’ansia di libertà e della rassegnazione, si passa dalla valle veneta, nella zona del trevigiano, sino a Roma, attraversando più volte le strade della Romagna. La storia si snoda tra gli anni ‘60 del secolo scorso e il 2010: ci sono balzi temporali che accelerano gli avvenimenti per poi riavvolgerli su loro stessi. Con il movimento avanti e indietro nel tempo anche lo scenario cambia, i luoghi si tingono d’amarezza. I luoghi ‒ che strade, piazze, valli, o interni non ha importanza ‒ sono segnati da un disagio interiore.
La salvezza, Costanza la trova, quando incontra Claudio. La loro storia è così potente, così viva e frastornante, perché non ha né un prima né un dopo: Augusta e Tiziano non sanno il desiderio, neanche Natascia e Augusto, i nonni di Costanza, lo immaginano. Claudio, come la ragazza, viene da un mondo anaffettivo e di perdita: senza madre e con un padre Raffaele che non farà ritorno, Claudio lo aspetterà per sempre.
Nonostante Claudio sia facile alle dipendenze e sia diventato un tossicodipendente, l’amore resiste così tanto che Costanza lo segue nella “comunità” con il grande Capo (che l’autrice per altro non chiamerà mai per nome). La comunità, che è descritta come un luogo coercitivo, è anche un posto dove le classi sociali sono state livellate: si trova, così, il ragazzo di borgata accanto al figlio dell’industriale.
Per molti giovani la comunità rappresenta il ritorno alla vita; per molti genitori è il rifiorire dei figli tossicodipendenti.
Quando Costanza scopre di essere incinta di Gaia, però, ritorna nella valle desolata. Qui cura la madre Augusta tenendola in vita anche quando è giunta la sua ora; cura anche il marito, che ne esce male dalla sua condizione di tossico, e Gaia.
Costanza rimane pur sempre il centro della narrazione: è come se l’ansia di Costanza si trasformasse, nei capitoli finali, nell’inquietudine di Gaia adolescente che si sente disadattata perché, come la madre adolescente, pensa di essere destinata anche lei a quella valle di miseria e solitudine.
Quello di Lamberti è un libro che attrae il lettore per la sua sintassi veloce e una profonda ricerca linguistica, l’uso sapiente del discorso diretto, che confluiscono con un periodare pieno e curato.
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