La protesta cittadina: donne e uomini di tutte le età chiedono più servizi in applicazione delle leggi nazionale e regionale
Incontri, presidi, flash-mob o cortei: sono molte e differenti le modalità con cui a Trieste ha preso forma la protesta in difesa dei Consultori Familiari.
Nata a settembre scorso per contestare la scelta della direzione sanitaria di ridurli (cioè da 4 portarli a 2), la contestazione ha via via assunto il carattere di un movimento di donne (e non solo), cittadino e intergenerazionale, che in questi mesi ha organizzato molte iniziative di sensibilizzazione.
I frutti di questa mobilitazione spontanea si sono imposti all’attenzione della cittadinanza e delle istituzioni, amministrative e sanitarie, grazie alla notevole partecipazione alle varie iniziative tra cui, il 24 novembre, una due giorni all’interno del consultorio con: un’assemblea, una cena sociale, la proiezione di un film e vari laboratori autogestiti.
“Insieme al Comitato di partecipazione per i Consultori Familiari, siamo entrate nel consultorio di via San Marco a San Giacomo. L’abbiamo tenuto aperto fuori dall’orario di servizio per denunciare ancora una volta le intenzioni dell’Azienda sanitaria: dimezzare i consultori triestini chiudendo le sedi di San Giacomo e San Giovanni. Con la nostra azione, alla vigilia della Giornata internazionale contro la violenza maschile sulle donne e di genere, abbiamo ribadito che non vogliamo panchine rosse o simbolici minuti di silenzio; vogliamo servizi pubblici e gratuiti, presidi territoriali contro la violenza di genere, vogliamo Spazi giovani, educazione sessuale e all’affettività nelle scuole. I luoghi deputati a fare tutto questo esistono: si chiamano consultori. Noi vogliamo che siano rifinanziati, potenziati, aumentati, adeguati ai nostri bisogni e ai nostri desideri: vogliamo un Consultorio per ogni rione”. Cosi scrivono le attiviste di Non Una di Meno nella pagina fb facendo il resoconto dell’occupazione.
Tra i numerosi momenti di incontro, compreso l’8 marzo, lo scorso 29 febbraio una manifestazione davanti alla Regione ha rinnovato tutte le ragioni delle proteste. “Si tratta di far applicare le leggi nazionali e quella regionale, n. 81/78, che prevedono un consultorio ogni 20.000 abitanti e, cosa importantissima, consentire la gestione sociale delle attività” spiega Ester Pacor, del Comitato di partecipazione, la quale sottolinea che “l'assessore regionale non vuole incontrarci né mostrare i dati sulle utenze e gli accessi alle strutture, elementi che avrebbero dovuto giustificare la riduzione che è stata decisa”.
Le ragioni della protesta rimangono più che mai vive e trovano riscontro in altre analoghe mobilitazioni che in queste settimane si stanno organizzando in altre città, tanto che si è costituita una Rete nazionale Consultori e Consultorie.
Le immagini a corredo di questo articolo e che compaiono nel video sono prese (e gentilmente concesse) dalla pafina fb del Comitato di partecipazione per i Consultori familiari e di Non Una di Meno Trieste
Questo articolo è parte del progetto 'I Consultori alla prova del passaggio generazionale' dell'Associazione NOIDONNE TrePuntoZero sostenuto con i fondi dell'8xMille della Chiesa Valdese
Tutti i materiali del progetto, qui https://www.noidonne.org/consultori-familiari/index.php
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