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Tre millenni di famiglie - di Manuela Discenza

Tre millenni di famiglie - di Manuela Discenza

Un incontro a Roma ha esaminato la complessità della famiglia, le sue modifiche nel tempo e l'adeguamento delle norme alle evoluzioni sociali

Martedi, 21/01/2020 - È stato un incontro volto alla diffusione della consapevolezza sul tema della famiglia la presentazione del volume La famiglia del terzo millennio. Tre millenni di famiglie (Blonk editore), tenutasi lo scorso 3 dicembre presso la biblioteca nazionale centrale di Roma. Ad introdurre e moderare Marco Ferrazzoli dell’Ufficio stampa del Consiglio nazionale delle ricerche e Anna Vettigli del Forum del terzo settore Lazio e della rete Noi donne che hanno ricordato come la famiglia avrà sempre un ruolo centrale nella nostra società nonostante difficoltà e stravolgimenti da cui è investita e, forse, proprio grazie ad essi.
Vettigli ha in particolare dato testimonianza del valore della famiglia e della conoscenza della stessa da parte di enti che, come lo stesso Forum, non potrebbero impegnarsi in politiche sociali di rilievo senza tener conto dello sviluppo e delle modifiche del concetto di famiglia.
Ed è proprio dell’evoluzione della struttura familiare che ha parlato Eleonora Meli, sociologa e ricercatrice dell’Istat, ricordando come oggi si parli per la prima volta di famiglie composte da una sola persona. Assistiamo ad uno spostamento in avanti delle tappe nella vita delle persone, in particolare delle donne che si ritrovano ad avere meno figli perché decidono di creare una famiglia in età non più fertile.
In una situazione come quella odierna di diminuzione delle nascite, il numero maggiore di figli nasce da coppie non sposate o non ancora sposate. La tendenza generale e più interessante sembra mostrare un aumento del numero di famiglie sul territorio nazionale, composte da meno persone rispetto a quanto avveniva alla fine del secolo scorso; a questo fattore si aggiunge la condizione di non coabitazione, in casi molto numerosi, che non rappresenta più un limite alla definizione del concetto stesso di famiglia.
Stefania Cavagnoli, docente dell’Università di Roma Tor Vergata, ha confermato come la definizione di famiglia sia qualcosa di complesso e che, nonostante la famiglia sia legata alla giurisprudenza e al diritto tramite la lingua, a livello giuridico manchi una chiara definizione di famiglia, probabilmente proprio perché questo concetto si deve adeguare alle modifiche temporali della società. Cambiando il referente del concetto di famiglia, sta cambiando anche il repertorio linguistico che usiamo per parlarne: da un’analisi dei vocabolari e dei testi del codice civile, e soprattutto della comunicazione parlata, si nota come dal campo semantico della famiglia siano spariti alcuni termini con connotazione negativa, quali patrigno e matrigna o fratellastro e sorellastra; così come, da pochi anni, non si parla più di figli illegittimi, o naturali, ma solo di figli, a testimonianza della diversa percezione delle persone coinvolte.
Naturalmente non solo gli studi dei vocabolari ci possono illuminare su come parlare correttamente significhi interpretare bene una cellula sociale importante come la famiglia: anche dalle analisi anagrafiche emergono risultati interessanti che evidenziano, tra le altre cose, il fatto che ci sia uno stacco notevole tra cambiamento e registrazione dello stesso nella lingua: emerge una resistenza del vecchio rispetto al nuovo che, unita al ruolo del maschilismo nel contrastare cambiamenti che comporterebbero una qualche perdita di potere, porta a questioni irrisolte o solo parzialmente risolte come quella delle generalità e del cognome. È quanto riporta Rosanna Oliva, della Rete nazionale per la parità. Se, infatti, in un primo momento le generalità erano composte da nome, cognome, paternità e maternità, si è poi passati ai soli nome e cognome per attenuare la stigmatizzazione di persone i cui genitori fossero sconosciuti. Un altro passo avanti lo si è compiuto quando la donna coniugata ha potuto smettere di assumere il cognome del marito in luogo di quello del padre, ma si sono evidenziati problemi in anni recenti proprio riguardo la possibilità, di cui nella legislazione non abbiamo traccia, da parte di una coppia di dare al proprio figlio il cognome della madre.
Non solo in ambito anagrafico emerge il problema di una famiglia che tende ad oscurare le donne al suo interno: possiamo rendercene conto anche dalle insegne che riportano i nomi delle strade. Barbara Belotti, socia fondatrice dell’associazione di Toponomastica femminile, ha evidenziato come la percentuale di strade intitolate figure femminili sia inferiore al 5%, per lo più nomi di sante. L’universo maschile sembra coprire del tutto la presenza femminile in questo ambito anche a causa dell’uso del maschile plurale che, in caso di fratelli e sorelle e unito all’uso di cognomi paterni, cancella completamente l’identità di moltissime donne.
Dall’incontro è emerso in generale un cambiamento dell’assetto familiare che chiede di essere registrato tanto dalla lingua quanto dalla giurisprudenza, come avviene ad esempio per la questione delle adozioni, di cui si è occupata Matilde Azzacconi, presidente dell’associazione Famiglie e minori Onlus, critica sui grandi limiti economici ed etici che le famiglie devono affrontare nel processo di adozione.
Concludendo la presentazione, Francesca Dragotto, curatrice del volume (il primo della collana Grammatiche della società, frutto di una collaborazione strutturata tra il Forum del Terzo settore del Lazio e il centro di ricerca Grammatica e sessismo), ha ricordato che obiettivo del volume è proprio il riconoscimento dell’esistenza, da sempre, di numerose varianti di questa cellula sociale, ridotta consapevolmente ad unum da chi ai dati offerti dalla realtà censita preferisca la cecità funzionale al discorso ideologico di turno. Varianti alle quali occorre dare espressione attraverso il linguaggio verbale, fondante nella costruzione della conoscenza propria di ogni individuo. Sarebbe perciò opportuno, oltre che più fededegno, parlare di famiglie, al plurale, poiché la famiglia come modello unico non esiste: esiste soltanto a livello di etimologia della radice indoeuropea, dove la forma è attestata con il significato di ‘condizione di sottomissione a qualcuno’, alla stregua del latino pater familias.
Auspicio di autori e autrici è, dunque, quello di far circolare il sapere, anche attraverso volumi interdisciplinari come quello presentato alla Nazionale, per contrastare una narrazione della famiglia unica che non rappresenta la realtà attuale.

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