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Storia della pubblicità, tra farmaci e scuola italiana

Storia della pubblicità, tra farmaci e scuola italiana

Due i testi: “Pubblicità farmaceutica per la terapia del dolore e le malattie reumatologiche (1850-1950)” e “La scuola italiana e la pubblicità. Penne, matite, gomme e astucci dal 1920 a oggi” (Silvana Ed. 2022)

Domenica, 23/10/2022 - La pubblicità, come si sa, è l’anima del commercio.
Lo è da molti decenni: i dopoguerra, poi il ‘boom’ economico degli anni Sessanta e l’evoluzione tecnologica han portato a riconoscere il suo ruolo che, poco alla volta, è divenuto dapprima utile, ma poi, proprio grazie ai nuovi ‘media’ ed ai cambiamenti non sempre positivi della (non) civiltà informativa che ci attanaglia, che ci distoglie e distrae e ci disturba, è divenuta parte integrante ed un po’ asfissiante del nostro viver quotidiano.
Ma non è sempre stato così: allora è giusto fermarsi un attimo e, come si dice, fare il punto di ciò che è stato.
E, forse, ci si potrà render conto, oggi, che le vecchie pubblicità, i tanti modi per avere consigli su come gestire tanto della nostra vita, sono storia, son ricordi di un tempo che, poco a poco, ci è sfuggito di mano e che, forse, non è male riprendere, rammentare e riconsiderare, son addirittura cultura, perché molte cose ce le hanno insegnate e, chissà, le stiam ancora applicando.
Allora diviene utile recuperare volumi come quelli che quest'anno son stati pubblicati da Silvana Editoriale, anch’essa con una buona storia alle spalle.
Venne fondata a Milano nel 1945 da Amilcare Pizzi (Milano, 1891-1974), già creatore nel 1923 della ancor più storica e raffinata stamperia Arti Grafiche Amilcare Pizzi. Il nome della casa editrice è un omaggio alla figlia Silvana, morta prematuramente nel 1944.
Ma per tornare 'ad hoc' piace qui far cenno a due tra i molti testi èditi sull’argomento di cui sopra, tra pubblicità e cultura.
Si tratta di “Pubblicità farmaceutica per la terapia del dolore e le malattie reumatologiche (1850-1950)”, curato da Leonardo Punzi, Alberto Pérez Negrete e “La scuola italiana e la pubblicità - Penne, matite, gomme e astucci dal 1920 a oggi”, a cura di G. e L. Renzi.
Il primo è anche naturale ‘péndant’ ad una interessante mostra che si è tenuta a Perugia l’estate scorsa.
Se attraverso la pubblicità è possibile interpretare la società di un tempo, dalla pubblicità farmaceutica si può dedurre in che modo essa si rivolgeva ai pazienti ed, in particolare, alle pazienti, non a caso.
Il dolore, a tutt’oggi è un ‘territorio’ molto ‘al femminile’ e, forse, per questo, ancora non ‘troppo’ studiato come si dovrebbe.
Anche qui, infatti, si parla, ancora ‘in fieri’ dei cosiddetti ‘orphan drugs’, i farmaci ‘orfani’, al vaglio della ricerca, ma non troppo – noti i motivi.
E nel libro si presentano ed analizzano, con manifesti ed inserzioni, sui giornali, alcuni farmaci apparsi tra il 1850 e il 1950 per combattere i diversi tipi di dolore associato o meno alle malattie reumatologiche, anche allora ‘molto femminili’.
Non a caso, ancora attualmente, costituiscono la prima causa di dolore e di disabilità in Europa ed il loro impatto epidemiologico ha riflessi molto rilevanti sulla vita quotidiana della popolazione, includendo gli aspetti economici, sociali e culturali.
Ed ecco l’utile sguardo al passato proposto nelle pagine del volume che evidenzia come le case farmaceutiche avessero intercettato, prima e meglio di altri, i bisogni della popolazione riguardo la terapia del dolore, sintomo e retaggio spesso sottovalutato e ritenuto quasi esclusivo del sesso femminile.
E non v’è dubbio che la ricerca farmaceutica in questo settore sia stata favorita dalle allettanti possibilità di guadagno, ma una nota positiva va riconosciuta: le ricadute sulla medicina in generale - la Reumatologia in particolare - son state, seppur sempre relativamente, di certa rilevanza.
Il secondo interessantissimo e come l’altro, illustratissimo catalogo di cui si accennava più sopra è dedicato a “La scuola italiana e la pubblicità” e porta un accattivante quanto nostalgico sottotitolo, specie per le persone che non son ‘nate con il ‘mouse’ in mano, come oggi avviene’, ma che, per l’appunto, han usato “Penne, matite, gomme e astucci”. Il periodo di cui si occupa poi va addirittura “dal 1920 ad oggi”, cancelleria ‘a ġoġó’, dunque, sempiterno amore dei piccoli di ieri.
Ed in effetti, nei primi anni Venti nessuno veramente avrebbe potuto immaginare come sarebbero cambiati gli strumenti degli scolari contenuti nei loro astucci, dai più semplici e poveri ai più lussuosi – quelli riservati ai bimbi ricchi. Matite, dette pure ‘pitturini’, pennini, gomme a bastoncino, metà ad uso penna, metà per matita, righelli e temperamatite furono comunque fabbricati per decine di anni nella stessa maniera, immutati nella foggia e nel materiale, dei veri classici, nel loro genere.
Molti sono stati invece i cambiamenti del materiale scolastico nel dipanarsi del Novecento, parallelamente all’evoluzione ed all’ammodernamento del sistema di istruzione del Paese: gli oggetti contenuti negli astucci degli scolari costituiscono il 'fil rouge' per un insolito viaggio che ripercorre, da un’inedita prospettiva, ma non a caso, i cambiamenti della società e soprattutto del mondo scolastico, oltre all’industria collegata a questo settore.

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