I ballottaggi di domenica scorsa hanno ridisegnato il sentire delle italiane e degli italiani, hanno demolito i rimasugli di passate certezze e hanno aperto squarci in muri che sembravano di gomma. L’affermazione delle liste e candidati/e del M5S è stata diffusa, con la vittoria di 19 ballottaggi su 20, e con una valenza simbolica oltre che storica.
Tale è l’affermazione travolgente di Virginia Raggi a Roma e l’irresistibile rimonta di Chiara Appendino a Torino. Il vento pentastellato ha recapitato l’avviso di sfratto alla politica ‘tradizionale’ con sentita richiesta di portarsi via anche le architetture, le logiche, i riti e altri vecchi arnesi del mestiere. Qualcosa si è mosso nel profondo di un paese stanco e disorientato, che ha affidato la sua protesta agli attuali interpreti dell’antipolitica. Il tempo dirà come questa energia si tradurrà in progetto politico organico, in una visione di sistema che sia effettivamente alternativa. La partita, a detta degli stessi grillini, non sarà semplice da giocare. Bella scoperta!
Dal nostro punto di vista, quello di genere, la nuova situazione ci sollecita molte riflessioni - e qualche domanda - che hanno il pregio di sembrare un po’ meno scontate.
Cominciamo dalle domande. Tante donne, candidate ed elette sindache o 'minisindache', in questa tornata elettorale sono diventate protagoniste. La cosa non ha suscitato particolare interesse nei media e, pare, neppure nel corpo elettorale. Speriamo che qualche analista studi, tra i flussi, anche quello del genere. Ci dica, cioè, se le candidate sono state scelte anche in quanto donne e se hanno attratto maggiormente il voto delle elettrici. Sarebbe interessante capire se la consuetudine delle donne di non votare altre donne è andata in soffitta insieme alla vecchia politica, particolare non trascurabile.
Altra domanda, che richiede parecchio lavoro, è conoscere quante erano le candidate ai Consigli comunali, quante sono state elette, dove e con quali meccanismi. Il voto disgiunto, infatti, consente di votare più liberamente il sindaco mentre sono maggiori le pressioni esercitate per il voto di lista e la preferenza. L’incremento di preferenze femminili sarebbe un’altra novità. Il M5S in Campidoglio porta 16 donne su 29 seggi, il Pd 3 su 6, Fratelli d’Italia nessuna donna su 4 e la lista Marchini porta 2 consiglieri e nessuna consigliera. Per dire.
Passando alle considerazioni, partiamo dalla consapevolezza che una così folta presenza di donne non coincide con l’affermazione del femminile e della piena autonomia, né è il frutto diretto del femminismo. “Sono la prima donna sindaco di Roma” rimarrà nella storia come un’occasione perduta per dire al mondo, e a se stessa, chi è e da dove viene. Nonostante l’autorevole conforto dell’Accademia della Crusca e delle più alte cariche dello Stato. Analogamente Appendino è sindaco di Torino. Peccato, ma contiamo di conquistarle presto alla causa dei femminili grammaticalmente e politicamente corretti.
A parte questa assonanza, le due prime cittadine d’Italia sono diverse in quanto ad autonomia di movimento e di pensiero. Da Torino i segnali sono arrivati subito, con la prima, efficace, dichiarazione; intendimento confermato con il rifiuto di firmare il contratto con lo staff del Movimento, come invece ha fatto Raggi.
Orientamenti, primi passi, tracce… che però non spostano il senso più profondo di queste elezioni. La presenza di così tante donne è il segno di un cambio di passo, speriamo irreversibile, per la politica tutta.
È un dato di realtà che interpella i movimenti delle donne sia sul piano simbolico sia su quello concreto e più immediato, nel breve e nel medio periodo. L’impatto dell’onda d’urto cui stiamo assistendo, e che durerà qualche anno, non può non lasciare tracce nella cultura diffusa e, come donne, non possiamo consentire che accada. Anzi, il tema ci pare sia immaginare nuove modalità di relazioni, trovare le sintonie necessarie affinché non siano sprecate le straordinarie potenzialità che il femminile, e la differenza di cui è portatore, si affermi sulla scena pubblica.
Il pericolo serio che si corre è che la neutralità espressa attraverso il non essere, fieramente, né di destra né di sinistra, si possa traslare nella neutralità sul versante del genere buttando al macero intere biblioteche e faticose elaborazioni. Non si hanno notizie di soggetti femminili o femministi più o meno organizzati dentro o intorno al M5S e, anche se questo potrebbe non essere di per sé significativo, è un elemento che qualcosa dice.
In concreto appare improbabile intavolare un ragionamento facendo pesare la nostra storia e le nostre battaglie. Il valore storico, probabilmente, è riconosciuto insieme all’onore e al merito. Ma è tempo di andare avanti. Il punto è con quali strumenti e idee, con quale ordini di priorità, con quali parole d’ordine. Non sarà facile ma è inevitabile e, forse, anche benefico mettere alla ‘prova del tempo’ categorie di giudizio e approcci consolidati. Se tutto cambia, o dovrebbe cambiare, anche le griglie di lettura delle donne possono mettersi in discussione.
Queste giovani sindache hanno, tra le tante ed enormi responsabilità di governo di città complesse, anche quella di non fallire, oltre che come grilline, anche in quanto donne. Avremo, tutte insieme, l’umiltà e il coraggio di superare, ciascuna, la singola appartenenza partitica, la ripulsa, l’invidia, la voglia di vendetta? Non è scontato né facile che una saldatura avvenga tra storie e genealogie femminili tra loro molto diverse e distanti. Ma sappiamo che se non saremo capaci, noi tutte, di fare un salto di qualità, che è relazionale e politico, le magiche traiettorie che questo giro hanno aperto alle donne varchi impensabile fino a pochi mesi fa, potrebbero ricomporsi escludendole. Perché, lo ripetiamo continuamente, mai nulla è conquisto per sempre.
Ezio Mauro (la Repubblica, 21 giugno) ha parlato di “desertificazione culturale” e di “cambiamento senza progetto, senza alleanze sociali, senza uno schema di trasformazione” descrivendo il contesto in cui si è potuto affermare “l’antisistema”. Difficile dargli torto se non si sposta il punto di osservazione. Eccolo, il nodo. Ce lo abbiamo, noi donne, un punto di osservazione specifico? Che non è un programma elettorale ma una visione politica unificante che si riconosce in una cornice culturale capace di andare oltre i partiti del Novecento. Riusciamo a tracciarla e condividerla senza dividerci?
Il momento della verità non è arrivato solo per il Pd alla ricerca di se stesso, per il centrodestra allo sbando o per gli esultanti, per ora, eredi di Grillo.
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