Ho finalmente visto il nuovo film sulla vita straordinaria di Simone Veil, donna politica e icona della Repubblica francese. Vi spiego perché merita di essere visto, anche in Italia
Mercoledi, 23/11/2022 - Sono andata a vedere il film “Simone, le voyage du siècle”, del regista Olivier Dahan e sono contenta. Devo dire che sono proprio contenta di averlo visto: era da tempo immemore che non mi commuovevo così in una sala cinematografica.
Comodamente seduta in quella grande sala di un angolo della provincia francese, mi sono goduta il film, che dura 2.20 minuti ma che non annoia nemmeno per un attimo, mantenendo un ritmo sostenuto dall’inizio alla fine della storia, che è quella di Simone Veil (nata Jacob), magistrato e donna politica francese, icona della storia repubblicana della Francia, prima presidente del Parlamento europeo nel 1979.
Sono contenta anche di esserci andata senza aver voluto leggere nessuna recensione o raccogliere nessun parere che potesse distorcere la mia personale percezione di ciò a cui ho assistito. In sala c’era tantissima gente che ha seguito con attenzione il film (accompagnato anche da una notevole colonna sonora) e che, alla fine, ha salutato la fine dello spettacolo con un caloroso applauso di approvazione. Perché il film è proprio bello. All’uscita dalla sala c’era uno strano silenzio. La pellicola di Dahan propone con realismo la vita nei campi di concentramento nei quali Simone fu internata insieme alla sua famiglia di origine ebraica. Sono immagini forti e dure, ma di quella crudeltà Veil ha parlato molte volte nelle sue interviste e dichiarazioni. Ne ha parlato soprattutto a riguardo della dignità di cui gli internati venivano privati dai loro aguzzini. Ed è perciò assai singolare che nel film il regista abbia deciso di mostrare (cosa rara nelle pellicole sull’argomento) il sadismo delle donne che in questi lager facevano le carceriere.
Il film prende spunto dall’autobiografia che Veil scrisse in tarda età. È un andirivieni nella storia straordinaria di questa donna. Si parte dagli anni felici e spensierati nella città di nascita, Nizza, in un ambiente familiare sereno e vivace costituito dai suoi fratelli, la giovane madre dolce e amorevole, il padre convinto repubblicano, la fede familiari nel valore della laicità. Si vede poi la Veil matura, impegnata nelle sue battaglie politiche a favore di un trattamento dignitoso dei prigionieri delle carceri e nella legalizzazione dell’aborto, per porre un argine alla piaga dell’aborto clandestino, che costava la vita a moltissime donne francesi. La “legge Veil” sull’interruzione volontaria di gravidanza viene approvata nel 1974, quando ella è Ministro della Salute. Poi si passa a parlare del suo matrimonio con Antoine Veil, alto funzionario francese (giudeo scampato di poco alla deportazione), della nascita dei tre figli, dei furiosi litigi coniugali perché Simone vuole studiare a diventare magistrato conto la volontà del marito.
Nel film Simone Veil è seduta in giardino e scrive le memorie della sua vita. Quel vissuto le torna alla mente, con tutte le cose belle ed imprevedibili che le sono capitate e coni suoi drammi inenarrabili. Il primo è che quasi tutta la sua famiglia fu sterminata nei lager, dai quali si salvò insieme a sua sorella. Le ci vollero trent’anni per raccontare la storia dell’inferno di Auschwitz, nei quali fu deportata quando aveva solo 16 anni.
Alla fine, Simone ricorda di essersi battuta per la giustizia e per la dignità degli esseri umani per rendere onore a sua madre, una donna eccezionale. Nella scena finale Veil è difronte alle lapidi del Memoriale di Parigi sul quale sono incisi i nomi di tutti i francesi morti nei lager nazisti. La sua vita è stata dedicata all’impegno per un’Europa unita, una costruzione che nelle intenzioni della Veil doveva porre un argine al rinascere dei totalitarismi e servire alla pace ed alla giustizia fra i popoli. Un grande sogno che lei vide realizzato e che molto è stato tradito dalla sua nascita ad oggi.
Trovo che il film abbia un indubbio valore storico e politico, per cui mi auguro che arrivi presto anche in Italia e che venga proiettato nelle scuole, nelle Università ed in tutti i luoghi di cultura.
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