Il continente americano visto da una viaggiatrice instancabile
Maraini ha scritto reportage, nel tempo articoli, ricordi, racconti, dedicati all’Argentina, al Cile, alla Colombia, a Cuba, al Messico, agli Stati Uniti, in cui racconta la sua esperienza di viaggio in America, paese nel quale è tornata più volte e di cui è rimasta profondamente affascinata.
La scrittrice nel corso degli anni ha scritto di episodi importanti della storia del continente americano: la disperazione delle madri dei desaparecidos (Argentina); la brutale dittatura di Pinochet (Cile); la morte di John F. Kennedy; il movimento per i diritti civili degli afroamericani; le proteste studentesche del 1968; lo sbarco sulla luna, il movimento per i diritti delle donne; gli attacchi terroristici dell’undici settembre 2001. E ha dato un proprio parere sui neo eletti presidenti George W. Bush, Barack Obama e Donald Trump. Infine, si è interessata il movimento #MeToo, iniziato negli Stati Uniti.
Ma per chi conosce la scrittrice, sa che il conoscere una terra non si risolve solo attraverso la politica, ma anche attraverso la cultura. I luoghi che ha visitato o di cui ha scritto sono luoghi che la scrittrice ha fatto suoi attraverso i libri. Per questo si incontrano dei pezzi in questo libro in cui si parla della poesia come forza capace di salvare le lingue a rischio di estinzione (cosa che riguarda la Colombia); della grandezza di Fuentes, di Paz, dei due Taibo, ma anche di altri giovani scrittori del Messico, ad esempio; di Fidel Castro e delle vicende di Elián (Cuba); del “teatro della civiltà” (presente in Uruguay).
Sguardo al Nuovo Mondo, come commenta l’autrice ad un certo punto, è "certamente una scuola di resistenza anche fisica, perché è sgradevole cambiare letto, cambiare abitudini, cambiare alimentazione. Ma in questa sgradevolezza si annida, come un cuore segreto, il tuorlo della stupefazione, dell’ascesi. C’è qualcosa di religioso nello spirito conoscitivo del viaggio. Entrare in sistemi di pensiero che non ci appartengono per nascita, farsene contagiare, può portare a una sensazione di perdita, di estraneità da sé stessi, ma può anche dare nuove e sorprendenti emozioni".
Estremamente interessanti si rivelano i resoconti sul Nord America; ma è l’ultima parte del libro che colpisce di più, quella dedicata all’America latina, che ci porta nella brutale dittatura di Pinochet in Cile, con il toccante quanto crudo racconto-denuncia di Inés sulle torture praticate dal regime, tra la disperazione delle madri dei desaparecidos in Argentina, ma anche al festival di poesia in Colombia, al quale partecipano cinquemila giovani perché “la poesia ci salverà”, al convegno sulla donna nella letteratura ispano-americana e, infine, all’emozionante incontro con Borges.
"Verso la metà degli anni Ottanta, ho conosciuto Jorge Luis Borges al Teatro Colon durante un incontro fra scrittori […] Ricordo che, seduti su una scomoda panchina, ci siamo messi a chiacchierare. E Borges, di punto in bianco, mi ha raccontato uno strano sogno che aveva fatto la notte precedente, di un gruppo di elefanti che in fila si dirigevano verso una minuscola casa di legno. Ricordo la sua voce discreta, quasi timorosa di imporsi, venata di striature umoristiche", così lo racconta.
Leggere Sguardo al Nuovo Mondo significa lasciarci trasportare dalla straordinaria penna di Dacia Maraini che ci fa conoscere il vasto continente americano, con le sue luci e le sue ombre.
Ma il viaggio è anche l’incontro di persone. Per questo sono Vivide, con punte di lirismo, sono le descrizioni dei paesaggi, dei luoghi visitati, ma è soprattutto la dimensione umana a interessare l’autrice, in particolare la gente comune, i più deboli, i poveri, che indaga con animo sensibilissimo e forte empatia.
"Qui sono i poveri a dare il carattere alla città. I ricchi tendono a rendersi sempre più invisibili e lontani. Passano chiusi nelle loro automobili blindate senza fermarsi mai. Mentre ogni giorno sempre più giamaicani, portoricani, filippini, malesi, cinesi e indiani senza lavoro, e senza casa invadono i centri abitati portandosi dietro le loro miserie, le loro ambizioni rabbiose, i loro rancori, una rumorosa, inquietante teatralità. […] Ed è un tono sconvolgente, segnato dalla disperazione e dall’orrore di sé e degli altri".
Anche oggi l’autrice continua "ad amare l’America o meglio, gli americani, la gente comune, i giovani, gli studenti, che sono aperti e ben disposti verso chi li va a visitare. Meno simpatia ho per i “capi”, i politici, coloro che guidano il Paese".
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