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Semi di pace: la parola alle donne

Semi di pace: la parola alle donne

Concluso il soggiorno delle testimonial della XIX edizione di Semi di pace, progetto di Confronti per il dialogo tra israeliani e palestinesi

Domenica, 26/02/2017 - Sono quattro donne, due israeliane e due palestinesi, le testimoni alle quali ha affidato il suo messaggio “Semi di Pace”, un progetto promosso dalla rivista “Confronti” con il sostegno dell’Otto per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi. È un cammino che viene da lontano e che ha sempre mantenuto fede all’obiettivo di dare voce a chi in quei territori è impegnato nell’educazione alla pace e al dialogo tenendo presente la complessità del conflitto israelo-palestinese, nel contesto di un Medio Oriente in crisi. L’edizione del 2017, la diciannovesima, è stata presentata con una conferenza stampa presso la Camera dei Deputati (21 febbraio) con le testimonianze di persone “che vivono il conflitto arabo-israeliano, donne e uomini che proprio alla luce delle loro ferite non hanno rinunciato a coltivare semi di dialogo” ha detto il direttore di “Confronti”, Claudio Paravati.

L’Onorevole Khalid Chaouki, portando il suo saluto, ha parlato di una “contro-narrativa” sottolineando l’importanza di far conoscere l’esistenza di realtà positive, molto importanti “in un’Europa dove monta il pregiudizio e l’islamofobia”.

I racconti delle testimonial sedute una accanto all’altra toccano il cuore, nonostante la brevità e la traduzione che inevitabilmente attutisce l’impatto delle parole.

Ha ragione Shata Bannousa, palestinese e volontaria del Bethlem Fair Trade Artisans (BFTA): “ogni famiglia palestinese ha una storia da raccontare. Noi palestinesi siamo stati buttati fuori dalla sera alla mattina. Avevo solo 5 anni, ma ricordo tutto: la permanenza in Giordania, l’arrivo a Ramallah, le ruspe. Siamo abituati a vedere nelle città soldati israeliani armati fino ai denti ed è complicato capire la situazione, ci vorranno ancora molti anni”. Shata ha avuto delle opportunità, ha studiato a Betlemme e a Milano e oggi lavora in una organizzazione umanitaria, la BFTA, importante organizzazione che sostiene tutte le attività artigianali che putano sul riciclo. “Abbiamo dato vita a un progetto speciale che vede la collaborazione di israeliane e palestinesi. Il BFTA (www.fairtrade.org), premiato nel 2015, è l’unico soggetto che si occupa di fair trade”.

Questo progetto è realizzato anche in collaborazione con l’associazione di Orna Akad, commediografa e pubblicista che vive a Tel Aviv. Orna è ebrea, e spiega che la convivenza nella sua famiglia ‘mista’ non è facile, ma è possibile. “Mi sono avvicinata al femminismo e alle donne palestinesi - racconta -, che per il 48% sono povere. Abbiamo dato vita a un centro di consulenze per il lavoro, per aiutare queste donne che venivano trattate molto male. Abbiamo fornito loro gli strumenti minimi per difendersi: abbiamo insegnato a leggere una busta paga e capire i loro diritti, per esempio. Poi abbiamo dato vita ad una coproduzione israeliana e palestinese di prodotti, dall'olio e ceramica decidendo che le lavoratrici avrebbero ricevuto la stessa retribuzione. In questi ultimi anni ben 750 donne si sono state avvicinate e ora provvedono alle loro famiglie. Abbiamo capito che la parità delle donne è importante”.

Tamara e Najwa piangono i loro cari, ma hanno avuto la forza di reagire facendo la scelta del dialogo e aderendo al Parents’ Circle.

Tamara Rabinowitz ha perso il figlio Idor, che era sotto le armi in Libano nel 1987. “So bene che il conflitto tra Israele e Palestina comporta molta violenza e rabbia, ma ci sono persone che lavorano in modo diverso. Dopo la morte di mio figlio ho preso coscienza che dall'altra parte c'era un’altra madre che stava piangendo il suo. Ho dovuto scegliere tra la rabbia e il fare un passo verso l'altro, ho scelto di cercare il dialogo, ho sorpreso i miei concittadini. Sono convinta che si possa cambiare la percezione dell’altro e che possiamo far capire che non c’è un nemico in ogni palestinese o israeliano”.

Najwa Saadeh, palestinese, ringrazia chi è presente per condividere il suo dolore. “Mia figlia Christine è stata uccisa da un soldato israeliano a Betlemme nel 2003 e tutta la mia famiglia è stata ferita nell’attacco. Siamo entrati nel Parents’ Circle e partecipiamo alle riunioni, che si tengono nella zona C, unico luogo in cui è possibile incontrarci. Sono circa 600 le famiglie che aderiscono e che vanno a parlare per spiegare come procede il conflitto. Pensiamo che il nostro lavoro sia molto importante per far cessare il conflitto”.

Sorridono e sembrano donne ‘normali’ queste operatrici che lavorano quotidianamente per il dialogo nelle diverse realtà in Israele e nei Territori palestinesi. In realtà Tamara, Najwa, Orna e Shata sono monumenti alla ragionevolezza e alla dignità che continua ad opporsi alla follia della violenza quotidiana che appare inarrestabile.

Il loro soggiorno in Italia, giustamente definita una “preziosa semina”, ha avuto parecchie tappe fino al 25 febbraio, con incontri e conferenze in diverse scuole ed istituti del paese, da Firenze a Torino passando da Arezzo e Piombino, e poi fino a Lugano in Svizzera.



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Parents’ Circle – Families Forum, è composta da famiglie israeliane e palestinesi che hanno avuto in comune la sorte di vedere i propri familiari morire a causa del conflitto e si adopera per la pace. Parents Circle è nata nel 1995, per iniziativa di Yitzhak Frankenthal, il cui figlio Arik era stato rapito e ucciso da affiliati ad Hamas l’anno precedente. Oggi ne fanno parte seicento famiglie israeliane e palestinesi che conducono un’azione comune per la costruzione della pace.



Tamara Rabinowitz, nasce a Londra ed emigra in Israele nel 1960, dove diventa insegnante di inglese. Ha perso suo figlio Idor in Libano nel 1987 e per questo è membra attiva del Bereaved Parents’ Circle Families Forum (PCFF), luogo d’incontro e di riconciliazione per famiglie israeliane e palestinesi colpite dal conflitto. “Sapevo che sarei sopravvissuta al dolore della morte di mio figlio. Il problema era capire come: rinchiudendomi nella mia rabbia o scoprendo che anche dall’altra parte c’erano genitori che piangevano i loro figli. È compito nostro, di chi ha pagato il prezzo più alto a questo conflitto, spiegare ai ragazzi israeliani che non ogni palestinese è un terrorista, e ai ragazzi palestinesi che non ogni israeliano è un soldato pronto a colpirti”.



Najwa Saadeh, palestinese di Betlemme. Ha perso sua figlia Christine nel 2003, perché l’esercito israeliano ha aperto il fuoco sulla macchina dove si trovava insieme alla sua famiglia. Anche Najwa è membra del PCFF. “Un mese dopo la morte di nostra figlia minore abbiamo ricevuto una telefonata da un israeliano che ci invitava a una riunione di Parents’ Circle. Avevamo ancora addosso i segni dell’attacco subito, mio marito con 10 pallottole in corpo, io ancora coperta delle cicatrici di innumerevoli schegge, mia figlia maggiore ferita al ginocchio. Oggi il nostro unico obbiettivo è fermare lo spargimento di sangue in corso”.



Orna Akad, commediografa e pubblicista, vive a Tel Aviv con la sua famiglia “mista”. rappresentante di Sindyanna of Galilee, azienda di donne ebree e arabe che lavorano nell’uguaglianza e nel rispetto reciproco. Fondata nel 1996, Syndianna promuove la cooperazione arabo-ebraica e sostiene un giusto ritorno per gli agricoltori arabi, offre posti di lavoro alle donne arabe e tiene corsi di artigianato tradizionale. Gestisce inoltre un centro visitatori a Kafar Kanna che accoglie turisti e serve come luogo di incontro tra ebrei e arabi. Al centro dei suoi lavori come artista le società arabo-palestinese e israeliana: i due mondi a cavallo dei quali vive. “Sono israeliana e sono sposata con un palestinese da oltre vent’anni. Abbiamo un figlio e una figlia, viviamo a Tel Aviv. Non dico e non ho mai detto che la nostra vita sia facile, perché visto dove viviamo è stata ed è ancora oggi piena di difficoltà. Dovunque vado racconto però volentieri che una famiglia come la nostra è possibile”.



Shata Bannousa, palestinese, volontaria del Bethlem Fair Trade Artisans (BFTA), un progetto che valorizza e mette in rete il lavoro artigianale di donne e uomini israeliani e palestinesi favorendo il dialogo e la conoscenza reciproca. Fra le attività più importanti del BFTA ci sono la formazione a donne e categorie svantaggiate, sostegno nelle vendite, creazione di reti, ma soprattutto un impegno nella costruzione di un nuovo paradigma, la pace, a partire dal lavoro, dalla creazione di opportunità economiche reali.. “Oggi noi siamo qui, due donne palestinesi insieme a due donne israeliane. Questa però non è la normalità che viviamo a casa nostra: è raro che un incontro del genere possa avvenire in Israele o in Palestina. Non si vede tutti i giorni. Noi sappiamo che le donne israeliane che lottano per la pace sono una minoranza, ma riponiamo la nostra fiducia in loro e insieme a loro lottiamo, consapevoli che queste minoranze proteggono i palestinesi più di quanto a volte non sappiano fare i palestinesi stessi”.



Informazioni sul progetto e sul programma: www.confronti.net



Programma del soggiorno

Mercoledì 22 febbraio, a Lugano, ore 20.15, dibattito pubblico presso la sala multiuso di via Landriani 10. Incontro con Najwa S. I. Saadeh e Shulamit Tamara Rabinowitz dell’associazione Parents’ Circle - Families Forum, il pastore Giuseppe La Torre e Claudio Paravati, direttore di Confronti.

Giovedì 23 febbraio, a Firenze, Orna Akad (israeliana, Bethlehem Fair Trade Artisans) e Shatha Bannoura (palestinese, Sindyanna of Galilee) parteciperanno a un incontro promosso assieme alla Fondazione Circolo Fratelli Rosselli (via degli Alfani, 101), alle ore 21. Parteciperanno anche: Debora Spini (Fondazione Circolo Fratelli Rosselli) - Severino Saccardi (Direttore Rivista Testimonianze) - Prof. Alberto Tonini (Forum per i problemi della pace e della guerra) - Michele Lipori (rivista Confronti).

Venerdì 24 febbraio - Rondine Cittadella della Pace, la Onlus con sede nel borgo medievale di Rondine, vicino ad Arezzo (ore 15). Incontro con Orna Akad (israeliana, Bethlehem Fair Trade Artisans) e Shatha Bannoura (palestinese, Sindyanna of Galilee). Rondine Cittadella della Pace da vent’anni ospita lo Studentato internazionale in cui i ragazzi da Paesi in guerra tra loro imparano a conoscersi, a convivere ed a riconoscere la persona nel proprio nemico.

Sempre venerdì 24 febbraio, a Torino, incontro con Shulamit Tamara Rabinowitz e Najwa Saadeh, di Parents Circle Families Forum (vedi dettagli qui).

Sabato 25 febbraio, a Piombino, incontro all’Auditorium Centro Giovani, viale della Resistenza 4, ore 16, con Orna Akad (israeliana, Bethlehem Fair Trade Artisans) e Shatha Bannoura (palestinese, Sindyanna of Galilee).





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