Esce per La Mongolfiera Edizioni la raccolta di 17 racconti che hanno in comune "vari aspetti e diverse tonalità di uno stesso colore in tante diverse sue accezioni, modulate come una sinfonia dai toni a volte piani, a volte assordanti.."
Enigmatiche eppure trasparenti, sono tante le declinazioni di una stessa parola nel nuovo libro di Matilde Tortora che s’intitola “ROSE”, pubblicato in questo mese di aprile da La Mongolfiera Edizioni; il libro, che è composto da 17 racconti, è una variazione di temi e di personaggi femminili che hanno tutti in comune un aspetto, anzi vari aspetti e diverse tonalità di uno stesso colore in tante diverse sue accezioni, modulate come una sinfonia dai toni a volte piani, a volte assordanti.
Protagonisti di questi racconti sono una bambola di nome Rose che si rifiuta di rivelare il nome della bambina che la possiede, Lotte Reiniger e un sarto coraggioso che assaggia la marmellata, una segretaria che batté a macchina terribili dispacci e, catturata dagli alleati, non fu processata per la giovane età. E, tra diversi altri, anche il racconto di quando James Joyce, venuto a stare a Roma per alcuni mesi, vide una sera a teatro uno spettacolo che (ipotizza l’autrice del libro) dovette ispirargli il racconto I morti che scrisse poco dopo il suo ritorno a Trieste, l’ultimo di Gente di Dublino, uno dei suoi più belli.
Ogni gradazione del colore rosa, dal pallido al rosa shocking, dal fluo alla parentela col rosso sangue è narrato in questo testo dalle diverse protagoniste; ci troviamo di fronte ad un libro che, seppure anch’esso abbia la consueta densità poetica degli altri suoi libri, si situa però innanzi tutto in un campo distopico e a volte anche dark, per cui si può affermare che è un libro del tutto nuovo e particolare nella sua produzione narrativa.
Anche l’immagine di copertina rimanda a toni inusitati nella sua scrittura, tuttavia questo nuovo libro di Matilde Tortora ci pone dinanzi ad una fermezza, ad una bellezza intima e resistentee ad una costante drammatica denuncia fatta dalle singole storie che qui sono raccontate.
In ciascuno di questi racconti, ambientati in luoghi e tempi diversi, la declinazione di una stessa parola diventa dunque un faro puntato, mostra la fragilità tramutarsi in forza, la memoria divenire implacabile, in essi ogni “rosa” custodisce una storia, un persistente ricordo, e soprattutto un grido e un fermo atto di accusa.
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