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Ritratti di signore (e di qualche gentiluono), il libro di Rosario Tronnolone

Ritratti di signore (e di qualche gentiluono), il libro di Rosario Tronnolone

Nel libro di Tronnolone donne, attrici e muse del grande cinema di Alfred Hitchcock

Sabato, 01/05/2021 - E' uscito da poco "Ritratti di signore" (ed Sabinae)un libro dedicato alle donne, attrici e muse, di Alfred Hitchcock. L'autore è Rosario Tronnolone, attore, regista teatrale e critico cinematografico. Si tratta di una biografia dell'artista a quarant'anni dalla sua scomparsa raccontata attraverso i suoi film più famosi, ma soprattutto attraverso i suoi personaggi femminili, incarnati da alcune delle più belle, affascinanti e seducenti attrici dell'epoca.

Rosario Tronnolone come nasce questa idea?
Hitchcock è stato un grande narratore di complesse psicologie femminili, ed era un grande appassionato e collezionista d'arte (nei suoi film ci sono molti preziosi riferimenti pittorici): ho immaginato perciò di comporre una ideale galleria di ritratti femminili, e di accompagnare il lettore alla scoperta di quei volti, rivelando aneddoti, curiosità, retroscena e significati nascosti.

Partiamo da Ingrid Bergman, attrice ideale di Hitchcock e anche di Rosario Tronnolone, che per lei ha un'ammirazione incondizionata. Bergman ha sicuramente un rapporto privilegiato col regista. Il loro incontro avviene sul set di “Io ti salverò”, film del 1945 e immediatamente tra i due si stabilisce un rapporto di estrema collaborazione. L'inizio di un sodalizio che durerà nel tempo.
Che durerà tutta la vita. Lei è davvero la sua musa per sempre, una sorta di basso continuo in una sinfonia d'organo. Mi ha commosso scoprire, rivedendo tutti i film di Hitchcock, come il ricordo di Ingrid riaffiori qua e là nella sua filmografia, o perché fa ripetere ad un'altra attrice uno dei gesti di lei, o perché fa indossare ad un'altra un costume simile ad uno indossato da lei, o perché gira una scena ispirandosi ad una scena che aveva lei come protagonista. Sin dall'inizio si intesero perfettamente perché condividevano l’amore sviscerato per il loro lavoro, la cura minuziosa di ogni dettaglio, e un comune senso dell’umorismo. In Ingrid, Hitchcock trovò riunite alcune delle qualità che appartenevano ad altre attrici con cui aveva lavorato in precedenza, la freschezza di Nova Pilbeam, la grazia naturale di Teresa Wright, la bellezza statuaria di Madeleine Carroll, la vulnerabilità di Joan Fontaine, e cominciò a coltivare il sogno adolescenziale e irrealizzabile che lei potesse essere l'unica interprete di tutti i suoi film. Ne girarono insieme solo tre, ma rimasero amici per sempre.

L'altra grande musa di Hitchcock è Grace Kelly, donna inarrivabile, elegantissima, ghiaccio bollente, come venne definita, interprete dei meravigliosi “Caccia al ladro”, “La finestra sul cortile”, “Il delitto perfetto”.
Fu Dimitri Tiomkin, che aveva composto la colonna sonora di “Io confesso", a suggerire a Hitchcock di dare un'occhiata ad una giovane attrice che aveva lavorato in “Mezzogiorno di fuoco", un altro film per cui Tiomkin aveva composto le musiche. Il dopo Ingrid per Hitchcock era stato traumatico, e per circa quattro anni aveva collaborato con attrici improbabili, quando non francamente inadatte a lavorare con lui. In Grace Kelly, che si muoveva con grazia incredibile, Hitchcock ritrovò alcune delle qualità che possedeva Ingrid, come dichiarò in diverse interviste. Non solo, con lei stabilì un vero rapporto di Pigmalione e Galatea, trasformando un’attrice che produttori e agenti vedevano adatta solo a ruoli di graziosa mogliettina o rigida maestrina in una principessa d'oro e d'alabastro. Anche con lei Hitchcock girò tre film consecutivi e anche con lei stabilì un rapporto di stretta amicizia che durò tutta la vita.

“Si dice spesso che il signor Hitchcock disprezzi gli attori. Ma in realtà li tratta in un modo speciale, ed è in grado di ottenere da loro esattamente quello che vuole in una performance. Il suo humour inimitabile li mette a loro agio, mentre la sua pazienza inesauribile dà loro tutta la sicurezza di cui hanno bisogno. Certo, a volte non fa altro che stremarli finché non ottiene ciò che vuole.” Così Grace Kelly parlando di Hitchcock sul set, ma come era in realtà e soprattutto com'era con le attrici?
Odiava l’affettazione. Quando percepiva una mancanza di autenticità, rendeva la vita difficile all'attrice o all'attore di turno. Ma con la maggior parte dei suoi interpreti fu delizioso. Delle attrici curava molto l’aspetto, scegliendo per loro i costumi, la pettinatura, curando minuziosamente i loro gesti, i loro sguardi, i loro silenzi. In un certo senso chiedeva alle attrici non tanto di recitare il loro personaggio, ma di diventarlo. Lasciava peraltro gli attori liberi di approcciare il personaggio come preferivano, fidandosi della loro professionalità, ma era intransigente sulla posizione dei volti nell’inquadratura, sulla direzione degli sguardi. Era però parco di complimenti: aveva scelto i migliori, si aspettava da loro il meglio.

Le due grandi attrici che lo hanno maggiormente ispirato, Ingrid Bergman e Grace Kelly, sono quelle che in qualche modo lo hanno tradito, l'una fuggendo in Italia per raggiungere Roberto Rossellini, l'altra addirittura lasciando il cinema per diventare principessa di Monaco. Due grandi storie d'amore. Ecco, parlando del cinema di Hitchcock si può dire che non raccontò solo delle storie da brivido, ma anche delle grandi storie d'amore?
Indubbiamente. Gli intricati, perfetti congegni di spionaggio o di premeditazione di un delitto sono spesso dei pretesti narrativi per raccontare storie di amore tormentato, o non ricambiato. Certo, è segno di grande ironia far interpretare il personaggio di un essere rifiutato, che non riesce a farsi amare, o che ha difficoltà a conquistare l’oggetto del suo amore, ad alcune delle donne più desiderabili del mondo. E in un certo senso anche il mio libro nasconde, sotto l'analisi attenta della filmografia di Hitchcock, la storia di un amore sublimato.

Uno splendido film di Hitchcock è “La donna che visse due volte” con Kim Novak. Un intreccio strabiliante, la storia di un uomo che trova la sua donna ideale che però muore, crede di ritrovarla in un'altra che ricostruisce ad immagine e somiglianza dell'amata, quasi un fantasma, ma invece è proprio lei, anche se alla fine perde anche lei.
È il film che preferisco, il più doloroso, il più sentito dell’intera filmografia di Hitchcock, tratto da un romanzo di Boileau e Narcejac. Ad attrarlo, ne sono convinto, non fu tanto il metodo di assassinio francamente risibile per la sua macchinosità, ma l’occasione che gli offriva di raccontare l’esperienza attraverso cui era passato con Ingrid e Grace: la perdita di una donna ideale, l’illusione di ritrovarla in un’altra donna, e la perdita poi anche di quel fantasma. Infatti nella memoria, dopo aver visto il film, non resta il sollievo della risoluzione dell’enigma, ma una commozione mista a pudore, come dopo aver letto un diario intimo.

Alida Valli ha lavorato col regista nel film “Il caso Paradine” del 1947, che si rivelò un vero e proprio fiasco al botteghino, non certo però per colpa dell'attrice italiana.
Certamente no. Anzi, è uno degli elementi del film che funzionano meglio. È bruna, ma è uno personaggi più algidi e misteriosamente affascinanti della filmografia di Hitchcock. Hitchcock era molto soddisfatto di lei e ogni volta che venne in Italia non mancò di passare a salutarla. Il film si rivelò un fiasco perché costò uno sproposito, a causa di ritardi nella stesura della sceneggiatura da parte dello stesso produttore e delle sue continue ingerenze sul set. Tuttavia è, a mio parere, un film che andrebbe riscoperto, e risulta più soddisfacente ad uno sguardo moderno di quanto sia stato all'epoca in cui uscì.

Il titolo del libro recita: "Ritratti di signore (e di qualche gentiluomo)". Come sono gli uomini dei film di Hitchcock? Dei veri gentiluomini?
Cary Grant e James Stewart lo sono senza dubbio, anche se dietro l'impeccabile completo grigio di Cary, Hitchcock rivela insospettabili lati oscuri, e dietro lo sguardo cristallino di James ci fa intravedere ossessioni pericolose. Tuttavia i gentiluomini a cui mi riferisco nel libro vedono vacillare la loro reputazione e il loro fragile equilibrio, perché sono sospettati, o addirittura colpevoli, di un delitto. Ho scelto gli uomini più sensibili e problematici: John Dall e Farley Granger in “Nodo alla gola”, ancora Farley Granger e Robert Walker in “Delitto per delitto”, Montgomery Clift in “Io confesso”, Henry Fonda ne “Il ladro”, Anthony Perkins in “Psycho”. Trovo che in loro Hitchcock studi, con la consueta abilità, l'improvvisa solitudine e l'angoscia che ne deriva.

Tantissime ancora le donne che troviamo in questo imperdibile volume di Rosario Tronnolone: Rebecca, Lina, Costance, Margot, Frances, Marnie. Pieno di splendidi ritratti di signore e ricchissimo di aneddoti sul cinema di Hitchcock e di splendide foto in bianco e nero a corredo del volume. A questo lungo elenco manca però una donna che viene ricordata proprio nella prima pagina del libro a sottolineare l'importante ruolo che ha avuto nell'opera e nella vita del regista e a cui lui stesso riconosce la centralità e l'importanza dovuta.
L'unica donna della sua vita, sua moglie Alma. Il 7 marzo del 1979, quando gli venne conferito il prestigioso Lifetime Achievement Award, Hitchcock volle ringraziare quattro persone: “La prima”, disse, “è un montatore, la seconda uno sceneggiatore, la terza è la madre di mia figlia, e la quarta è la miglior cuoca che si possa immaginare. Il loro nome è Alma Reville”. Gli fu accanto tutta la vita, e fu il suo sostegno e la sua collaboratrice più preziosa. La incontrò negli studi cinematografici inglesi dove aveva cominciato a lavorare come disegnatore di bozzetti; lei lavorava come montatrice e lui non osò dichiararsi prima di aver ottenuto un lavoro di maggior prestigio. La proposta di matrimonio, raccontava Hitchcock, avvenne mentre erano in crociera su un piroscafo, con lei che soffriva di mal di mare. Lui le chiese di sposarlo, lei ebbe un piccolo rigurgito, lui lo prese per un sì.

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Biografia
Rosario Tronnolone è nato a Taranto, ha studiato a Napoli, vive a Roma. Si è laureato in Lettere classiche con una tesi in Storia del Cinema all'Orientale di Napoli e ha conseguito un master in Giornalismo e Comunicazione di Impresa presso al LUISS Guido Carli di Roma. Per la Radio Vaticana cura un programma settimanale dedicato al cinema e adattamenti radiofonici di romanzi. Attore e regista, ha messo in scena diversi testi teatrali, tra cui Hedda Gabler di Ibsen, Tradimenti e Vecchi tempi di Pinter, Zoo di vetro e Improvvisamente l'estate scorsa di Williams e 24 ore della vita di una donna di Zweig.

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