Roma, 19 maggio 2015. Parlare dei quaranta anni della riforma del diritto di famiglia e approdare alle barriere politiche che impediscono, oggi, di riconoscere le nuove famiglie e i nuovi diritti civili è inevitabile. L’occasione l’ha data una più che opportuna iniziativa dell’Udi Monteverde (videointervista). Ospitato ieri nella Sala consiliare del XII Municipio di Roma, l’incontro ha voluto sottolineare la portata rivoluzionaria di quella riforma e rimettere a fuoco la prospettiva storica in cui maturò la legge 151, contestualizzando le ragioni sociali e culturali che permisero la sua approvazione il 19 maggio del 1975. Eloquente il titolo scelto: ‘Dall’’io’ al ‘noi’. 1975-2015 le radici della nuova famiglia”. Al centro delle riflessioni proposte dalle relatrici è stato il ruolo che svolsero le donne in quegli anni e le spinte degli eventi che nei decenni precedenti mutarono nei fatti la società e l’organizzazione della famiglia. “Sento fortemente la necessità di spiegare alle giovani generazioni l’importanza di una legge che è poco conosciuta e che invece ha rappresentato una svolta storica per le donne e per il progresso dei diritti civili in Italia” ha sottolineato Carla Cantatore dell’Udi Monteverdee ideatrice dell’incontro. Nell’introduzione la giovane ricercatrice ed esperta in storia di genere Valentina Muiá ha fatto un excursus storico della posizione della donna nella società patriarcale italiana, a partire dalla subalternità femminile nella società contadina e passando per il ruolo di semplice e silente ‘fattrice’ secondo la visione del fascismo. “L’organizzazione gerarchica e patriarcale della famiglia è stata messa in discussione con il ruolo svolto dalle donne durante la seconda guerra mondiale e durante la Resistenza - ha sottolineato Muià - e l’Udi è stata alla testa di quel movimento di emancipazione a sostegno della presa di coscienza delle donne. Questo ‘io’ che il nostro incontro pone al centro mi fa pensare all’’io’ negato da sempre, quello femminile”. Il gruppo Donne-Giustizia Monteverde, con l’intevento dell’avvocata Erminia Cozza (relazione), ha portato un contributo interessante in termini di rilettura dei capisaldi della legge 151/75, sottolineando che “ha rappresentato una rivoluzione per le donne”. È importante comprendere che il legislatore “raccolse, registrandoli, i cambiamenti che la società aveva già fatto propri e che si rese non più rinviabile la piena applicazione di alcuni articoli della Costituzione che già sancivano alcuni principi - ha spiegato Cozza -. Ad esempio, prima della riforma la donna non aveva diritto all’eredità”. Oggi sembra incredibile, ma solo 40 anni or sono la legge sanciva una obiettiva inferiorità della donna. “Solo con la legge 151 la donna assume la veste di soggetto avente dei diritti, e questo è stato più dirompente del divorzio. Non bisogna poi sottovalutare il fatto che per arrivare a quel punto la donna è dovuta passare attraverso il modello fordista di casalinga emancipata, quindi la riforma è arrivata quando il modello di famiglia tradizionale stava stretto anche agli uomini. E non c’è stata resistenza neppure nel mondo cattolico”. La disamina di Cozza, inoltre, ha sottolineato come numerose sollecitazioni per aggiornamenti arrivino dai tribunali, che pongono sollecitazioni rispetto alle quali “il legislatore arranca”. L’intervento di Cristina Maltese, pur nella veste di padrona di casa in quanto Presidente del XII Municipio, si è dipanato attingendo alle sue competenze professionali. Da avvocata e con sensibilità politica ha sottolineato che il cambiamento culturale profondo c’è stato nel momento in cui la famiglia è diventato luogo di “libera espressione dell’affettività e non più contesto finalizzato alla tutela del patrimonio”. Il Parlamento è stato costretto quindi a codificare la possibilità di un rapporto matrimoniale che, basato sulla relazione e sul sentimento, doveva prevedere la possibilità di scegliere liberamente anche la sua possibile conclusione. “Il Parlamento fu costretto dalla spinta del movimento, della società e delle donne, anche se era prevalentemente composto di uomini, e - ha detto Maltese - dobbiamo valorizzare il fatto che con quelle lotte abbiamo anche legittimato la soggettività dei nostri figli”. Ma siccome la famiglia è “un'entità sempre in movimento”, occorre domandarci “qual è il ruolo delle donne oggi nella famiglia e fare anche i conti con i cambiamenti del ruolo degli uomini”. È urgente, secondo Maltese, “trovare soluzioni normative adeguate alla situazione così in movimento per evitare che alcune istanze possono essere utilizzate contro le donne”. Due le questioni da prendere in esame: la mancata realizzazione della parità salariale e l’obbligo del congedo parentale per gli uomini. La sollecitazione è stata colta dalla senatrice Giuseppina Maturani, la quale ha rimarcato l’urgenza per l’Italia di approvare norme sui diritti civili che “ci permettano di sederci con dignità al tavolo dell’Europa”. Maturani ha anche osservato che non si può aspettare il cambiamento della cultura in un paese per fare le leggi sbagliamo perché “le leggi hanno anche una funzione educativa e possono diventare elemento propulsivo e di rivendicazione e di diritto”. Per questo i ritardi del Parlamento, che oggi è in ritardo anche rispetto ad altri paesi dell’Unione, “sono un danno, perché non aiutano il cambiamento”.
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