Recensione a Helene Paraskeva, Ma Dafne non c'è più
Un originale ed estroso libro di poesia, che rielabora in modo originale archetipi classici. Nell'opera della Paraskeva c'è sempre un inno alla libertà nel solco del mito
Martedi, 13/09/2022 - per Helene Paraskeva
Ma Dafne non c’è più, Ensemble, Roma, 2022
E’ arrivato tardi il delivery/ Malconcio, lamentava dolori/ Dappertutto e piedi gonfi. / Un incidente assurdo / In mezzo al traffico di periferia/ Raccontava di aver quasi ucciso / il padre nella confusione. / E la madre in ansia/ ad aspettare il suo ritorno. // Edipo deliberato /Edipo de- libero. / ”Edipo delivery”/ E le pizze sul piatto/ Due occhi sradicati.”
Basterebbe questa poesia Il delivery in ritardo, contenuta nella nuova silloge Ma Dafne non c’è più, a esplicitare estro e trasgressione mitopoietica tipica della autrice, la poetessa Helene Paraskeva. L’ urgenza gnomica e giocosa del dire poetico, i suoi versi, brevi e martellanti, spettinano con ironia i ricci e i nodi del mito classico per rigenerarlo ironico, commestibile … Pizze nel piatto, gli occhi Edipo! Sradicati hanno l’estetica commerciale del delivery: il termine viene poi anche abilmente tagliato-giocato in chiusa di componimento.
Questo bisogno di contaminazione è tipico della poetica di Helene Paraskeva, capace di mirare come ad un rito di liberazione, a fare, rendere verso di vita profonda, appunto quel respiro, che diviene teatralmente anche consapevolezza dolorosa, ritrovamento nel viaggio, degli occhi di sé, come per Edipo.
Nella poesia che dà titolo alla raccolta, “Apollo insegue Dafne, Ma Dafne non c’è più”, lo sconcerto è questo coro eco-insostenibile… apocalittico e rivoluzionario.
Un canto libero affidato solo alla natura di alberi nel parcheggio a ore di una metropoli tragica ed assurda.
“… Elegia di sconcerto / Versato sull’asfalto/ insieme ai gas di scarico/Sepoltura nel cemento. E torna imperioso il coro verde di un’anima in fuga, che cerca salvezza curandosi con un originale farmaco, la poesia che del mito fa palingenesi di immagini e figure. Fatemi respirare, vogliamo solo vivere. “
Nel teatro della quotidianità anche il coro è smarrito, sradicato, respira il tragico del presente, dell’assurdo comune, che svela giocosamente bizzarre tracce di miti ancestrali. Il tono è graffiante e gnomico, rende la cifra pensosa e dura, moderna della Paraskeva.
Voce greca e vibrante, la nostra poetessa rigioca nella contemporaneità ferita la forza galenica del mito, che Helene usa sempre con gnomica arguzia. Attraverso i testi della raccolta, curata da Plinio Perilli, si riscontrano spesso spore e rimandi, echi gioiose, derive o ebrezze bacchiche, diremmo a volte: il rimontaggio del mito è rivisto e fruito in piena, trasgressiva libertà.
La tradizione viene degustata sulla tavola della realtà. La Paraskeva, infatti, ha sempre il mondo greco nell’orecchio e in penna, ma lo rende urtante all’ascolto, questo ancestrale scrigno di miti e storie che è il mondo antico. Ma nella sua esperienza di contaminazioni col reale, permane l’eco gioiosa dei miti, reinventati però nella quotidianità della vita di oggi.
Poesia che cerca respiri e risate di libertà, e occhieggia nelle diverse sezioni (ben sette), occasioni di intimità e altri smarrimenti sulla Route 66; la libertà di andare sempre oltre l’orizzonte, ed essere o trovarsi già in fondo all’avventura. A finire. Anzi no a ricostruire un mito astrale, come in Verso Marte, in cui una strana Giunone, “sul patio della grotta affittata”, esce “corrugata” ad ammonire con l’imperativo dei numi, esce a dare ordini sommessamente, e dice, giocando con arguzia: “Esprimiti semplicemente. / Usa il rigoroso presente indicativo.
Per sopravvivere qui, “Nella severa prima elementare del Cosmo”, alla faccia di tutte le teogonie, Helene Paraskeva fa del mito o meglio dell’eco giocosa di ninfe, dei e sirene, il suo graffio di poesia modernissima, ma impastata dell’eco della notte dei miti. In fuga verso la libertà, sempre!
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