Mercoledi, 10/05/2017 - Conoscere, costruire, condividere. Sono state le traiettorie di un percorso di vita lungo più di 80 anni e rimasto sempre fedele ad un impegno politico pragmatico e al servizio del bene comune. Annamaria Pianigiani si racconta in un’autobiografia, accurata nei contenuti e scorrevole nello stile, alla quale ha dato un titolo eloquente “Memorie di un’equilibrista”.
L’Associazione Archivio dell’UDI della provincia di Siena ne ha organizzato la presentazione sabato scorso, 6 maggio, nelle Stanze della Memoria alla presenza dell’autrice, che era accompagnata da alcuni familiari (il fratello, i figli e qualche nipote) citati in vari capitoli. Nata nel 1936 a Castellina in Chianti, Annamaria cresce “a pane e politica” in una famiglia di mezzadri fortemente politicizzata, dove le donne non erano discriminate e, infatti, “si mangiava tutti a tavola”, con il papà antifascista e la mamma che diventa consigliera comunale alle prime elezioni amministrative nel 1946.
La permanenza della famiglia Pianigiani in quella terra risale al 1738 e i primi capitoli del libro ripercorrono i ricordi di infanzia al ‘Colombaio’: le lotte contro le regalìe e le feste tradizionali, il lavoro e i giochi nei campi, la guerra e le tribolazioni. L’adolescenza di Annamaria è segnata dalla perdita della mamma, morta giovanissima in un incidente stradale, tragedia che a 14 anni la costringe ad assumere la responsabilità dei lavori domestici e nei campi. Ma a quei tempi le famiglie contadine erano allargate e “la solidarietà tra mezzadri ci ha aiutato, anche quando Annamaria si assentava per gli impegni politici” dice affettuosamente Nello, il fratello, sollecitato dal dibattito in sala. Sì, perché Annamaria presto sente forte il richiamo della politica e nel 1952 è segretaria delle ragazze della Fgci e nel 1959 si trasferisce a Siena dove inizia a lavorare per l’Udi: è l’avvio di un cammino che non si è mai arrestato, arrivando al ruolo di assessora a Poggibonsi e, in età matura, come coordinatrice regionale donne, nello Spi della Toscana.
Sono frequenti i richiami a Noi Donne e all’importanza della lettura di un giornale che ha portato informazioni in tante famiglie e che ha aiutato migliaia di donne ad emanciparsi.
Pagina dopo pagina, il libro apre tante finestre sulla storia di una vita in cui la dimensione privata si è intrecciata a quella pubblica, mettendo su famiglia e affrontando le gioie della nascita di due figli - Lauretta e Leonardo - fino alla morte prematura di Corrado, il marito, nel 1973. Un colpo durissimo, che la costringe a rivedere i suoi progetti, dovendo provvedere al mantenimento della famiglia.
Annamaria non si perde d’animo e per superare dei concorsi sfrutta la sua grande passione per lo studio. L’amore per la lettura e la voglia di apprendere sono stati i suoi tratti distintivi che, avendo interrotto gli studi troppo presto, hanno trovato accoglienza nelle occasioni offerte dalle scuole di partito, che frequenta per la prima volta nel 1955 a Faggeto Lario da giovane donna comunista.
Tornando al titolo del libro, l’equilibrio che Annamaria ha cercato e praticato ha avuto molteplici espressioni. Certamente tra la vita privata e l’impegno politico, la più classica necessità di conciliazione per una donna che, inoltre, deve trovare un equilibrio tra affetti familiari e aspirazioni personali. Ma il suo racconto ne suggerisce ulteriori: un equilibrio di non facile conquista, nel suo tempo, tra la voglia di innovazione e di emancipazione e un paese tendenzialmente conservatore che voleva le donne costrette in ruoli preordinati. E poi la lotta - continua - tra la timidezza e la voglia di esserci, magari arrossendo, ma intervenendo con discorsi preparati con rigorosa attenzione e cura.
Con questo approccio Annamaria ha atteso responsabilmente ai compiti che via via gli sono stati affidati, che fosse la diffusione di Noi Donne o la costituzione del Consorzio Socio-sanitario da amministratrice o da dipendente pubblica, e che ha portato avanti “con spirito di sacrificio, alcune volte trascurando i rapporti familiari” ma che “sono stati nell’interesse della comunità e di crescita per la mia personalità”.
È questo il segno dell’impegno politico di Annamaria, ovunque lo abbia affrontato, tratto caratterizzante di una generazione che aveva il senso della misura e la capacità di sentirsi parte di una comunità, di un ‘noi’ rappresentativo di valori e appartenenze. Uomini e donne che sono stati parte di una 'certa' narrazione che al Congresso provinciale della Fgci fece dire alla giovane Annamaria “dobbiamo far costruire nell’animo di ogni ragazza un castello di desideri che le diano la forza di lottare con slancio per la società che li realizzerà”. Tanto per ricordare a noi stessi /e che c’è stato un tempo in cui la politica era passione pura. E voglia di sognare.
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