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"Prostitute in rivolta": la parola femminista delle sex worker

Il libro di Juno Mac e Molly Smith (Tamu edizioni) è tradotto da Chiara Flaminio, la prefazione è di Barbara Bonomi Romagnoli e Giulia Geymonat

Sabato, 16/07/2022 - «L’idea che le sex worker non prendano – e non siano in grado di prendere – decisioni valide non porta certo alla realizzazione di un’utopia femminista, ma a misure coercitive e punitive (...) [1] »

Finalmente a quattro anni dalla pubblicazione originale possiamo leggere in italiano "Prostitute in rivolta. La lotta per i diritti delle sex worker". Il testo di Juno Mac e Molly Smith, tradotto da Chiara Flaminio per Tamu edizioni, è accompagnato da una prefazione a firma di Barbara Bonomi Romagnoli e Giulia Geymonat e da una postfazione a cura del collettivo "Ombre Rosse".

Sulla prostituzione si è tanto detto e scritto, non manca certo letteratura in merito anzi i femminismi si interrogano da sempre su tutto ciò che gira intorno alle articolazioni sesso-genere-soldi-potere. Come femministe sappiamo bene che l'accesso al denaro e alla possibilità di gestirlo è questione letteralmente vitale e dirimente per le donne e tutte le cosiddette minoranze in questo contesto patriarcale, razzista e capitalista. Alle fondamenta del discorso sul lavoro sessuale, senza girarci intorno, ci sono i soldi, il reddito, non altro, così come al centro di ogni discorso sul lavoro. Senza una lettura realmente intersezionale che prenda davvero in considerazione la questione economica[2] il femminismo ha strumenti spuntati e diventa inautentico.

Juno Mac e Molly Smith prendono parola in prima persona come lavoratrici sessuali e chiariscono fin dall'inizio che non non troveremo "storielle piccanti" da leggere, la loro è una presa di parola politica che assume prospettiva e prassi femministe. Ci consegnano un testo radicale che si sfila dal piano delle contrapposizioni ideologiche per collocarsi pienamente nella realtà, e in una realtà conosciuta in prima battuta "a partire da sé" e confortata da anni di attivismo, ascolto e confronto con altre e altri sex worker, evidenziando anche in modo esplicito le differenze di privilegi esistenti.

«Scriviamo questo libro consapevoli della nostra posizione sociale, e allo stesso tempo fiere che lettrici e lettori[3] abbiano in mano un libro sulla prostituzione scritto da prostitute. Questo è, sfortunatamente, un evento fin troppo raro. Sono le sex worker – e non i giornalisti, i politici o la polizia – le esperte in materia di lavoro sessuale. Portiamo le nostre esperienze (...) all’interno della nostra organizzazione e della nostra scrittura. Portiamo in primo piano la conoscenza acquisita durante la nostra profonda immersione nei collettivi di sex worker – luoghi di assistenza reciproca, spazi che si adoperano per la liberazione collettiva. Abbiamo deciso di scrivere questo libro insieme, da amiche, affinché le esigenze del movimento di cui facciamo parte vengano rese note[4]»

Questa chiarezza è estremamente apprezzabile visto che, quando si parla di lavoro sessuale, il proprio posizionamento viene raramente menzionato. Mac e Smith ci ricordano che questo conta e che invece si ascolta letteralmente chiunque altro parli al posto delle lavoratrici sessuali la cui parola viene sistematicamente invalidata attraverso meccanismi ben descritti nel testo. Si distoglie lo sguardo e non si vuole ascoltare, si rimane sul piano ideologico e simbolico fondando i discorsi sulla figura della "prostituta immaginaria" che è una risposta viscerale e funzionale all'evitamento. La "prostituta immaginata" è una figura binaria per definizione[5]: da una parte viene descritta (lei e il suo corpo) come abietta, degradata, tentatrice contaminata e contaminante. Di contro e anche in reazione allo stigma di cui si parla diffusamente nel libro, si è sviluppata la narrazione della "puttana felice". Queste narrazioni dicotomiche concorrono a evitare i discorsi sulle condizioni materiali e i bisogni reali delle lavoratrici di oggi. Le figure fantasmatiche della vittima perfetta, della puttana felice (e di successo) sono funzionali ad una narrazione patriarcale che omette e distrae dal ragionare insieme per sostenere le sexworker tutelandole, costruendo reali sostegni alla fuoriuscita, riconoscendo loro diritti, liberandole dai ricatti sia istituzionali che dei clienti, evitando loro i rischi del doversi nascondere e lavorare isolate.

La scelta operata è quindi quella di ancorarsi ad una analisi concreta e pragmatica con uno sguardo femminista centrato sulla vita reale e non immaginata, delle lavoratrici sessuali. Ne esce fuori un testo che demistifica e disinnesca proiezioni simboliche, che si attesta su un piano di realtà necessario che può (potrebbe) anche aprire a confronti inediti (la speranza rimane sempre l'ultima a morire). Su queste basi hanno spazio e vengono discusse consapevolmente le ineludibili questioni di genere:

«L’industria del sesso è sia sessista che misogina. Non pensiamo che le sex worker non subiscano danni sul lavoro, o che questi danni siano minimi e debbano essere trascurati. Al contrario, i danni subiti esercitando il lavoro sessuale – sfruttamento, aggressioni, arresti, incarcerazioni, sfratti ed espulsioni – sono il fulcro di questo libro. Siamo femministe. Le donne, sia transgender che cisgender, sono al centro della nostra politica e, di conseguenza, al centro del nostro libro. Persone di tutti i generi vendono sesso: uomini trans e uomini cis, identità non binarie, e chiunque si riconosca nei generi di popolazioni non occidentali o indigene (...). Allo stesso tempo, non bisogna dimenticarsi che l’industria del sesso è definita dall’identità di genere: la maggioranza di chi vende sesso è composta da donne, e la schiacciante maggioranza di chi lo acquista sono uomini. (...) L’uso del femminile è una scelta deliberata, in parte perché a nostro parere riflette la realtà di genere del mercato del sesso, in parte perché coerente con la nostra politica femminista e con le nostre priorità.(...) Prendersi cura le une delle altre è un atto politico.[6] »

Le circa 300 pagine di "Prostitute in rivolta" sono divise in due aree: nella prima parte del libro viene raccontata sinteticamente la storia dei diversi movimenti di sex worker e di come ci sia stato conflitto e/o scambio costruttivo con diverse anime del femminismo, vengono quindi affrontate le principali dimensioni che definiscono i discorsi riguardo il lavoro sessuale: Sesso, Lavoro, e Confini, questioni che ci riguardano tutte/ə.
Nella seconda parte si prendono in analisi criticamente i diversi approcci normativi che sono stati adottati nei diversi paesi, di fatto vengono presi in considerazione i 5 modelli:
1.CRIMINALIZZAZIONE PARZIALE
2.CRIMINALIZZAZIONE TOTALE
3.IL CD "MODELLO SVEDESE" (una forma specifica di CRIMINALIZZAZIONE PARZIALE)
4.REGOLAMENTARISMO
5.DEPENALIZZAZIONE TOTALE

Questi modelli vengono descritti esplicitando i termini dei discorsi e descrivendo come questi si traducano in leggi e quindi in precise ricadute nel reale. Ogni modello ha un impatto sulle condizioni concrete con le quali le persone impegnate nel sexwork fanno i conti sulla propria pelle e non idealmente.

Avrei la tentazione di mettermi a scrivere di ogni argomento interessante che meriterebbe approfondimenti e discussioni su una questione così difficile per i femminismi, ma non la farò lunga, almeno non più di così. Davvero il libro fornisce tantissimo materiale per riflettere e approfondire che è una lettura doverosa se si vuole parlare di sex work. Trovo di vitale importanza ascoltare le persone coinvolte e non sostituirsi a loro, ritengo che questa sia una delle pratiche femministe più radicali e rivoluzionarie, rimanere in relazioni trasformative che riconoscano competenza e autorevolezza delle donne e a tutte le soggettività sulla loro propria vita.

Aggiungo a margine che in Italia è stato presentato un ennesimo DDL[7] senza minimamente prendere in considerazione le voci delle sex worker e che a giugno in Belgio sono entrate in vigore modifiche legislative che depenalizzano il lavoro sessuale tenendo conto anche delle osservazioni delle/dei sex worker[8].

Juno Mac, Molly Smith; "Prostitute in rivolta. La lotta per i diritti delle sex worker"; trad a cura di Chiara Flaminio, pagine 429 , Tamu edizioni, 25 maggio 2022, EAN: 9791280195180


NOTE
[1] Juno Mac, Molly Smith; "Prostitute in rivolta. La lotta per i diritti delle sex worker" , introduzione
[2] In questo discorso è centrale anche tutto il sistema del lavoro di cura e riproduttivo. Vedere ad esempio B. Ehrenreich, A. R. Hochschild, "Donne globali. Tate, colf e badanti", Feltrinelli, 2004; ed. originale "Global Woman: Nannies, Maids and Sex Workers in the New Economy", Metropolitan Books 2003
[3] Evito di usare il maschile come neutro universale
[4] "Prostitute in rivolta"
[5] Melissa Gira Grant in "Playing the Whore: The Work of Sex Work" ( lingua inglese, Verso Books; 24 febbraio 2014; 136 pagine; ISBN-10 ‏ ‎ 1781683239; ISBN-13 ‎ 978-1781683231) descrive il concetto di "prostituta immaginaria" ovvero le narrazioni del lavoro sessuale nell'immaginario. Il processo sociale che trasforma una "donna" in una "prostituta" implica disumanizzazione e quindi consente l'esercizio del controllo sulle lavoratrici del sesso. Ritiene anche che definire tutto il lavoro sessuale come "sfruttamento" o "empowerment" crei una falsa dicotomia , impedendo l'analisi di problemi sistemici sia all'interno dell'industria del sesso che fuori, nello specifico quelli che inducono le persone a entrare nel lavoro sessuale.
[6] "Prostitute in rivolta"
[7] Presentato in data 21 febbraio 2022, attualmente assegnato (non ancora iniziato l'esame) https://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/54781.htm
[8] Reason Magazine, "Belgium Decriminalizes Prostitution", https://reason.com/2022/03/23/belgium-decriminalizes-prostitution/

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