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Premio Clara Sereni 2021: Angela Giannitrapani, terza classificata sezione inediti

Premio Clara Sereni 2021: Angela Giannitrapani, terza classificata sezione inediti

'Con cura' di Angela Giannitrapani, terzo classificato Premio Clara Sereni 2021, sezione romanzo Sezione Inediti

Martedi, 30/11/2021 - 'Con cura' di Angela Giannitrapani è l'opera terza classificata al Premio Clara Sereni 2021 – Romanzo Sezione Inediti.
Il premio è stato assegnato con la seguente motivazione:
Con cura è un libro garbato e commovente centrato su contenuti decisamente in linea con il tematiche proposte da questo Premio. D'altronde il focus scelto dalla sua autrice è significativo e toccante, oltre che di innegabile attualità:

la vecchiaia, l'incalzare della senescenza, l'amore filiale, le generazioni a confronto. Il prendersi cura. Temi che questo romanzo tratta con delicatezza, senza eccessive durezze ma anche senza discutibili concessioni.

Una scrittura equilibrata e senza fronzoli custodisce l'altalena dei punti di vista (diversi, come l'io narrante) e si compie nella dialettica madre-figlia che attraversa il romanzo e restituisce al lettore un vissuto letterario intriso d'amore.

NOIDONNE, partner del Premio fin dalla prima edizione, pubblica un breve ESTRATTO del romanzo di Angela Giannitrapani.
La storia con mia madre era nata subito, per sua volontà. Nel suo grembo avevo obbedito ai suoi richiami e lei aveva imparato a capire i miei. Non sempre avevamo gusti simili: a me, per esempio, non piaceva la menta e sussultavo ogni volta che lei succhiava una caramella con quell’essenza e quando le piantavo un piede contro la pancia mi bastava il calore della sua mano per acquietarmi. Così, dopo il parto ci conoscevamo già. Io sapevo che mi aveva voluta con tutta l’anima, lei seppe che sopravissi all’asfissia del travaglio per amore suo. Nera mi vide mia madre, per la prima volta. Lo dice sempre, nera e senza aria nei polmoni per lo sforzo di non farmi carpire dal forcipe e lasciare quel mio posto privilegiato. Poi, avevo ceduto alla forza dei ferri freddi e implacabili e avevo visto la luce accecante di una mattina di agosto con un solo occhio. L’altro era chiuso, offeso da tanta prepotenza. Impreparata, com’ero, a venire al di qua dei suoi occhi e sorda a quel suo ultimo richiamo, che non sentii o che non compresi e che non mi trovò granché convinta a venire al mondo. In quel primo mattino d’estate ci guardammo in faccia. Dopo ore e ore di travaglio non fu un bel vedere, ne sono certa, tuttavia non pensò nemmeno per un attimo di buttarmi in un cassonetto. Mi vide, si innamorò ancora di me e si prese subito in carico la mia sopravvivenza. Pianse di gioia quando mi sentì piangere e seppe che ero uscita da quel muto dissenso che teneva i miei polmoni in bilico tra la vita e la morte.
I suoi racconti. Me li ha fatti milioni di volte durante tutta la mia e la sua vita. A volte, devo ammettere, mi imbarazzano, quando li ripete davanti a Giorgio e Francesca. Ma loro non sembrano averne fastidio. Mia figlia, naturalmente, coglie l’occasione per una battuta ironica diretta più a me che alla nonna e spesso conclude confortandola del fatto che l’evoluzione della specie ha finalmente portato a lei. Mia madre, invece di essere stizzita d’avere avuto stemperato di sarcasmo il suo appassionato racconto, se l’abbraccia con gli occhi e le lancia una tenerezza. Strano, nei suoi dettagliati e ripetuti resoconti non ha mai accennato a quel senso di separazione che ho provato io con mia figlia. Vorrei chiederglielo, ma temo di essere delusa ancora una volta dalle sue risposte vaghe o da quello sguardo un po’ sorpreso come di chi si trova davanti a un marziano in vena di disquisizioni filosofiche. Mi chiedo come faccia mia madre a capire Francesca e non me. A ben pensarci non ho mai avvertito che lei si senta separata da me. Mai. Nemmeno durante gli anni in cui abbiamo vissuto così lontane: io sì. Ho patito molto la separazione da lei, non certo quella dei chilometri, ma di una sorta di abbandono subìto che ancora oggi mi fa star male. Lei non sembra averne avuto mai coscienza.
Da bambina ero la sua ombra, le trotterellavo dietro e stavo dove era lei. Non sopportavo la sua assenza da una stanza e correvo a cercarla, disperata. Se tardavo a trovarla erano pianti e strepiti. Ma lei mi veniva incontro sempre, con le braccia aperte, con il mio nomignolo sulle labbra e l’accoglienza nella voce squillante. Il conforto arrivava subito dopo, quando mi prendeva in braccio e avvicinava la sua guancia morbida e tonda alla mia; io la bagnavo delle mie lacrime e rallentavo i singhiozzi fino a sciogliermi in una specie di bagno caldo fatto di dolcezze e musica. Aspettavo pochi istanti ed ecco che la sua voce si modulava sulle note che più parlano della mia infanzia. Senza staccarmi, la seguivo nel morbido dondolare che preludeva a qualche passo al ritmo della canzone, finché ci guardavamo negli occhi, entrambe felici di dichiararci vittoriose sulle nostre paure: io di perderla, lei di sapermi persa. Danzava per me mia madre, nei suoi anni giovani. Ricordo una sua gonna di lino gialla a ruota, dalla trama grossa, mi sembrava fatta di paglia. Bastavano pochi passi misurati perché i suoi fianchi pieni la ondeggiassero e io mi ammorbidivo davanti a quell’anfora rassicurante che mi conteneva con tutte le mie paure e le tristezze, nel suo canto e nella danza. Ecco, non vado a casa sua per stare con me stessa e finisco intrappolata ancora in lei. Quando si cavalcano i pensieri in libertà bisogna correre il rischio di arrivare anche dove non si è previsto.

 

Note biografiche di Angela Giannitrapani

Ha insegnato inglese negli istituti superiori. Interessata alle tematiche femminili e a quelle sociali, è stata responsabile di alcuni progetti di integrazione giovanile.

Pubblicazioni: 2007 Profili di donne, raccolta di racconti, Ed. Ila Palma; 2011 coautrice del libro Pensare la cura, curare il pensiero, Ed. Libera Università delle Donne, Milano e secondo posto ex aequo al concorso Festival delle Lettere, Milano, col racconto Lettera di dimissioni; 2014 vince il premio letterario, indetto dalla casa editrice Anankelab, con il racconto Zita;  2016 pubblica il romanzo Quando cadrà la neve a Yol – Prigioniero in India, ed. Tra le Righe Libri, che nel 2017 vince il secondo premio (ex aequo), del concorso Letterario Mario Pannunzio.

 

 


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