Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere
Giovanna Martelli, per conto del governo, presenta il Piano nazionale che stanzia 29 milioni di euro nel contrasto alla violenza contro le donne. Le attese e le critiche
Roma, 8 maggio 2015. “Uno strumento molto atteso e il primo atto di formazione pubblica che recepisce i contenuti della Convenzione di Istanbul ratificata dal Parlamento italiano nel 2013. I 29 milioni di euro stanziati saranno distribuiti tra le regioni e i territori per consolidare e sviluppare i servizi e le reti territoriali che già su questo fronte lavorano da molti anni”. Così l’on Giovanna Martell (videointervista)i, consigliera del presidente del Consiglio in materia di Pari Opportunità, ieri alla presentazione del Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere (slides). Un Piano che “rappresenta un punto di partenza nella costruzione delle politiche pubbliche con l’impegno ad iniziare un percorso di programmazione partecipata per lo sviluppo e il consolidamento delle reti territoriali nella consapevolezza delle competenze maturate dalle realtà associative e politiche che nel territorio da anni operano efficacemente nel contrasto di questo fenomeno”.
Il Piano entrerà in vigore dopo l’adozione del Decreto del Presidente del Consiglio “ma già da lunedì inizieranno gli incontri con le associazioni femminili allo scopo di focalizzare, nell’ambito del governo territoriale disegnato dal Piano, gli strumenti e le modalità più efficaci per dare risposte precise ad un fenomeno che nasce dalla struttura patriarcale della nostra società”.
Anche su questo aspetto, oltre che sull’impostazione generale del Piano, alcune associazioni che da anni contrastano la violenza contro le donne si sono espresse criticamente sostenendo che il governo “ha perso un’occasione storica di combattere con azioni specifiche, coordinate ed efficaci la violenza maschile contro le donne”. DiRe, Telefono Rosa Onlus, UDI, Fondazione Pangea e Maschile Plurale in una nota congiunta lamentano di non essere state coinvolti nella stesura del documento e sostengono che “i centri antiviolenza vengono considerati alla stregua di qualsiasi altro soggetto del privato sociale senza alcun ruolo se non quello di meri esecutori di un servizio”.
La preoccupazione è anche che le risorse economiche stanziate, già ritenute insufficienti, siano investite in modo non efficace attraverso “un sistema di governance che non garantisce il buon funzionamento di tutto il sistema nazionale, pone problemi giuridici di coordinamento a livello locale e vanifica il funzionamento delle reti territoriali già esistenti indispensabili per una adeguata protezione e sostegno alle donne”. Il rischio intravisto è di sovrapposizioni con una “distribuzione delle risorse frammentata senza una regia organica e competente”.
Sul piano del metodo, Martelli ha sottolineato, quasi rispondendo a distanza alle osservazioni, che è impossibile pensare di incidere sul piano culturale senza “una politica sistemica” e senza “l’apporto dell’associazionismo e degli Enti locali”, aggiungendo ai Tavoli la presenza anche delle parti sociali proprio perché del problema deve farsi carico la società nel suo insieme. In capo allo Stato è prevista la governance dei processi che saranno coordinati con “misure multi-livello e multi-agenzia”, anche con verifiche periodiche dell’andamento del Piano, attraverso una Cabina di regia (composta da rappresentanti delle Amministrazioni statali, delle Regioni e Enti locali designati in sede di Conferenza Stato-Città).
Le “novità assolute” del Piano che vanno questa direzione sono l’Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri che lavorerà a supporto della Cabina di regia e la Banca dati. Quest’ultima “lavorerà in convenzione con l’Istat e avrà l’obiettivo di “superare la frammentarietà e la parzialità delle informazioni creando un sistema di raccolta di dati con un sistema integrato di rilevazioni che porti allo sviluppo di indicatori per il monitoraggio del fenomeno”. Anche questo è un punto critico secondo le associazioni, che prevedono appalti “a privati” con il risultato di “far scompare il progetto di rendere stabile e obbligatoria una periodica ricerca sulla violenza di genere” indispensabile per “le politiche di prevenzione e di contrasto”.
Ma critiche arrivano anche da parte di alcune parlamentari. Secondo la deputata di SEL Marisa Nicchi “viene svilito il ruolo dei centri antiviolenza e la peculiarità di questi centri, che hanno una lunga storia e che hanno messo a punto metodologie e percorsi mirati all'autonomia delle donne. In questo piano, sono omologati a qualunque altro servizio e ridotti a un ruolo neutrale che è soltanto'tecnico'". Oltretutto, contiua Nicchi, "nel piano del Governo la donna viene vista soltanto come soggetto da 'prendere in carico' e questo svela chiaramente l’impostazione paternalistica con una forte componente sanitaria/securitaria del piano”. Dal canto suo Pia Locatelli, presidente onoraria dell’Internazionale socialista donne e deputata del Psi,.condivide le premesse del Piano, ma segnala alcune perplessità sul mancato coinvolgimento delle associazioni che da sempre si occupano di violenzala. Inoltre, accanto alla esiguità dei fondi, Locatelli osserva che "la raccolta dei dati, che è fondamentale per fronteggiare il fenomeno, non può essere improvvisata" e per questo chiede "che sia affidata all'Istat per competenza, per risparmio di spesa, ed anche per dare alle statistiche relative alla violenza la stessa ufficialità di quelle sul lavoro, sulla povertà, sui dati economici".
Avvio in salita per il sospirato Piano? Lo si vedrà nei prossimi passaggi. Ma intanto, per non buttare via il lavoro che tanti e tante hanno fatto in questi anni si può segnalare che un’affermazione - del governo - su cui si può concordare è che “il lavoro da fare è di carattere culturale e di rimozione dei fattori discriminatori ancora presenti nei confronti delle donne”.
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