Login Registrati
'Perduto è questo mare' di Elisabetta Rasy, recensione

'Perduto è questo mare' di Elisabetta Rasy, recensione

Storia di una ragazza che solo fuori dalla sua città natale riesce a trovare se stessa e a conoscere uno scrittore che le permette di diventare scrittrice

Mercoledi, 25/06/2025 - Con Perduto è questo mare (Rizzoli, collana La Scala, 2025) Elisabetta Rasy consegna ai lettori un libro di ricerca, di radici e di memoria (e forse in modo marginale di ricordi).

È un libro intorno a una famiglia − con un padre, scisso tra euforia e depressione, è una madre dallo spirito libero e battagliero −, e a due città − Napoli, dalla quale ci si allontana, e Roma, alla quale si arriva − e a un incontro con uno scrittore, Raffaele La Capria, che racchiude in sé le due città, Napoli e Roma.

Perduto è questo mare è un libro «tra il racconto e la riflessione, tra la vita quotidiana e i ricordi personali, insomma uno specchio della sua mente che era sempre al lavoro, sulle cose piccole e su quelle grandi, con una certa intensità un po’ velata di tristezza o forse solo di perplessità».

Rasy parte dal racconto del padre per riflettere sulle proprie radici. Ci sono accenni autobiografici, ma si capisce presto che la scrittrice non vuole raccontare il suo passato, ma descrivere la figura paterna come parte intellettuale ed esistenziale.

Così la narratrice (forse il modo più appropriato per definire l’io che usa Elisabetta Rasy) descrive il padre − un ex aviatore distrutto dall’8 settembre del ’43, dall’Italia allo sbando − che illustra alla ragazza «il valzer, la samba, la rumba mentre ne canticchiava i ritmi, e tra un passo e l’altro [le] faceva vedere come si annusa un liquore prima di berlo, girando e rigirando nella concavità della coppa il liquido scuro del cognac, che poi abbandonava da qualche parte perché era astemio».

La Capria è un padre di elezione. «Quanto all’amicizia tra me e Raffaele, in lui non c’era nulla di paterno nei miei confronti, né di filiale da parte mia nei suoi. Semmai un punto cavo in comune dove, come nelle favole, si nascondeva qualcosa di essenziale». La Capria fu un’attenta guida.

Una guida che porta la narratrice in «una discesa agli inferi», che si rivela presto il momento in cui i morti ritornano e occupano le case dei vivi, in cui un tempo hanno vissuto. E appaiono «a volte favorevoli a volte sfavorevoli, ma sempre, quando si va a scomodarle, costituiscono un rischio. Spesso però si tratta di un rischio che è necessario correre». La necessità di dover correre questo rischio sta nel fatto che altrimenti il passato sarebbe inerte e la nostra vita non avrebbe molto senso. 

N.B. il libro è stato presentato alla LXXIX edizione del Premio Strega 2025, da Giorgio Ficara ed è entrato nella Cinquina.


Lascia un Commento

©2019 - NoiDonne - Iscrizione ROC n.33421 del 23 /09/ 2019 - P.IVA 00878931005
Privacy Policy - Cookie Policy | Creazione Siti Internet WebDimension®