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Perché le donne devono sempre morire, prima di ricever giustizia?

Perché le donne devono sempre morire, prima di ricever giustizia?

Il Codice rosso[1] approvato nel 2019, tra le altre cose introduce anche il reato di danneggiamento permanente al volto e ci ricorda una evidenza: “La violenza sulle donne non è un’emergenza sociale, è un fatto strutturale della società”

Lunedi, 07/03/2022 - Ho scritto tanto sulla violenza, specialmente quella nei confronti di donne e bambini. Ho anche letto tanto e, volendo, non è difficile studiare le percentuali dei femminicidi e inquadrare il “profilo” dei colpevoli (quasi sempre mariti, ex coniugi, fidanzati, ex fidanzati, qualche volta padri e fratelli e anche figli), però, a quanto pare, tutti questi studi sono ancora inutili, se il numero delle donne morte per mano di uomini, invece di diminuire, aumenta.
Il Codice rosso[1] approvato nel 2019, tra le altre cose introduce anche il reato di danneggiamento permanente al volto e ci ricorda una evidenza: “La violenza sulle donne non è un’emergenza sociale, è un fatto strutturale della società.” Per voce di chi l’ha subita. Lucia Annibali.[2]
Perseverante, inossidabile. Pauroso. Il femminicidio non diviene meno possibile.
Come accade per le priorità al pronto soccorso, “ci siamo armati del codice rosso”, allo scopo di non rimandare l’ausilio alle donne in pericolo, quando ci si trova di fronte alle indagini relative a casi violenza domestica o di genere (ovvero maltrattamenti contro familiari e conviventi; violenza sessuale, aggravata e di gruppo atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenne; atti persecutori; lesioni personali aggravate da legami familiari). Dovremmo, quindi, sentirci più serene, dal momento che la polizia giudiziaria e il pubblico ministero, attivandosi come per una morte annunciata, dovrà darsi da fare immediatamente, ossia (se ancora viva), la vittima dovrà essere ascoltata entro tre giorni dalla denuncia. Tre giorni sono un mare di possibilità per chi, specialmente adiratosi dal fatto che quell’essere spregevole sia andata a denunciarlo, possa decidere di chiudere la questione in modo drastico.
D’altra parte sembra che “la legge”, non abbia le idee troppo chiare rispetto alla “pericolosità” di un individuo. Voglio ricordare un caso, diciamo “lontano: Penso che nessuno abbia dimenticato il “massacro del Circeo”, quando, nel settembre 1975, tre ragazzi della “Roma bene”, Gianni Guido, Angelo Izzo e Andrea Ghira, picchiarono, violentarono e annegarono una studentessa di 19 anni, Maria Rosaria Lopez, mentre Donatella Colasanti, diciassettenne, riuscì a salvarsi solo facendosi credere senza vita.
La sorella di Rosaria Lopez, nel ricordare l’evento precisò, anni dopo, che Rosaria “Nella bara aveva una lacrima sul viso”. Nel corso della stessa intervista Letizia Lopez ebbe a dire: “La violenza alle donne è aumentata, assurdo. Se Angelo Izzo esce di galera faccio un casino”. Tuttavia, quando nel 2004 venne rimesso (comunque), in libertà, non perse molto tempo e nel 2005 ammazzò Maria Carmela Linciano e sua figlia Valentina Maiorano, 14enne, moglie e figlia di Giovanni Maiorano, e quel triste evento viene ricordato come il massacro di Ferrazzano, provincia di Campobasso. Izzo restò impassibile, coi suoi occhi da folle. Certo non pentito.
Diceva Martin Luther King: - “Ciò che mi spaventa non è la violenza dei cattivi; è l’indifferenza dei buoni».
La domanda che mi pongo io come donna oggi, è la seguente: - “Perché dobbiamo prima morire per trovare giustizia?”-
Giustizia, in ogni caso, non c’è: gli uomini che ci uccidono, ci violentano, lasciano senza genitori e sconvolti per l’intera vita, i figli, pagano sempre troppo poco. Per loro c’è comprensione, persino.
Non prendiamocela con l’educazione “sudista”- E’ dimostrato che al Sud le violenze di genere non sono più frequenti che al Nord (“l’incidenza per 100.000 abitanti di sesso femminile mostra i medesimi valori in Piemonte ed in Sicilia” dice il report). Neanche diamo la colpa “agli stranieri”, che sarebbero più violenti degli italiani, perché i presunti autori di questo tipo di reato sono in percentuale maggiore di origine italiana.

Questi vigliacchi assassini trovano persino chi “li comprende”, in quanto: - “Lui ha perso il controllo, e l'ha uccisa”. “Era pazzo di gelosia”. “L'aveva picchiata, ma lei non è scappata. Un po’ di colpa ce l’ha anche lei…”-
Seguendo i dati del rapporto Eures 2019 su "Femminicidio e violenza di genere", si annota che a crescere sono soprattutto i delitti compiuti in ambito familiare. Credo di essermi fermata ai primi mesi del 2019, quando sono stati contati, in Italia (all’estero non va meglio, però non ci tranquillizza), novantacinque omicidi con vittime femminili, ossia al ritmo di quasi uno ogni tre giorni. Commessi in ambito familiare/affettivo o all'interno di una relazione di coppia. Guardando al 2018, le donne uccise sono state 142. Siamo bravissimi a fare percentuali, a scoprire che dal 2000 a oggi le donne uccise in Italia sono 3.230, di cui 2.355 in ambito familiare e 1.564 per mano del proprio coniuge/partner o ex partner. Il Rapporto Eures 2019 su femminicidio e violenza di genere", ci chiarisce che, a crescere, nel 2018 sono soprattutto i femminicidi commessi in ambito familiare/affettivo, ma anche le vittime femminili della criminalità comune (17 nel 2018 rispetto alle 15 dell'anno precedente); diminuiscono invece gli omicidi maturati negli ambiti "di prossimità" (da 13 nel 2017 a 6 nel 2018, le donne uccise da conoscenti, in ambito lavorativo o di vicinato), ad esempio la “Strage di Erba”.
Sappiamo le cause, conosciamo le vittime, abbiamo chiare le percentuali (in aumento), cerchiamo da migliorare le leggi, però, comunque, quello che per l'Accademia della Crusca, alla parola femminicidio, è precisato come : - “Il femminicidio consiste nel "provocare la morte di una donna, bambina o adulta, da parte del proprio compagno, marito, padre o di un uomo qualsiasi, in conseguenza del mancato assoggettamento fisico o psicologico della vittima". - Continua a perpetrarsi.
Perché? Cosa accadrebbe se, all’improvviso, tutte le donne che sospettano di fare una brutta fine per colpa del marito, dell’amante, del compagno, di un ex, decidesse di batterli sul tempo, uccidendolo? Chiaramente non ci sarebbe nessuna pietà. Si sentirebbero dire: -“ Poteva denunciarlo, poteva lasciarlo, poteva parlarne con qualcuno in grado di aiutarla… poteva, poteva, poteva.”-
Purtroppo, chi lo ha fatto, spesso è morta lo stesso, oppure ha subito danni fisici e/o psicologici, o ha perso il proprio iter lavorativo, vive nel terrore di perdere i figli, o, anche, vive nel timore, dopo avere dovuto rinunciare a quello che aveva costruito in anni di vita in comune, che il partner violento la peschi da qualche parte, l’accenda, l’accoltelli, la strozzi con le proprie mani, le uccida i figli, li rapisca, la perseguiti ovunque, le lanci acido sul viso. Le possibilità (gli studi insegnano), sono tante.
E’ dunque l’essere umano maschile ad avere in sé (vogliamo dire in percentuale, fatti salvi i saggi), un seme inestinguibile di violenza? Non perdona ad Eva di avergli offerto la mela?
Bianca Fasano.


[1] Processi più rapidi, pene più severe, maggiori tutele per le vittime. Si aggiunge l’introduzione del reato del revenge porn, che prevede la vendetta perpetrata da un uomo nei confronti dell’ex compagna che consiste nella diffusione sul web di video intimi, e quello di sfregio al volto. Tra i casi eclatanti, quello di Lucia Annibali.
[2] il 16 aprile 2013, il suo volto viene sfregiato con l'acido da due uomini mandati dal suo ex-fidanzato Luca Varani. che è stato condannato nel 2016, in via definitiva, a 20 anni di reclusione per tentato omicidio e stalking, mentre i due uomini che hanno materialmente commesso il reato sono stati condannati a 12 anni.

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