'Lilith se ne va. Femminismo, spiritualità e passione politica' di Paola Cavallari, Vanda Edizioni, 2025
Ho ricevuto questo libro corposo, quasi 500 pagine, due mesi fa: Paola mi ha scritto una dedica affettuosa, non a caso credo il primo maggio, ricordando il nostro cammino comune passato e auspicandone anche uno futuro. ('Lilith se ne va. Femminismo, spiritualità e passione politica' di Paola Cavallari, Vanda Edizioni, 2025)
Ci accomunano sicuramente il femminismo e la politica mentre la spiritualità, che per lei lega entrambe le prospettive, e dalla sua conversione, fonda la sua vita, per me non è una esperienza chiara e riconosciuta.
Il mio agnosticismo non ha ricevuto scosse, pur riducendosi ormai al minimo il tempo di vita che mi rimane visto che sto per compiere 83 anni. Si espande invece la mia curiosità verso una dimensione cosmica, fatta di tanti mondi sconosciuti e lontanissimi, di cui sappiamo poco o nulla pur avendo ormai a disposizione strumenti per esplorarli e tanta intelligenza collettiva per immaginare quelli irraggiungibili. Forse Paola immagina con me che Lilith se ne stia andando a scoprire questi mondi non ancora contaminati dal patriarcato soffocante e mortifero che ci opprime su tutto “il globo terraqueo”, come ebbe a definirlo la nostra presidente fratella quando minacciò gli scafisti di perseguirli e cacciarli ovunque.
Torno quindi al femminismo e alla passione politica che ci accomuna per ringraziarla di avermi fatto parte delle esperienze vissute separatamente in questa società sempre più maschilista e misogina, dove non solo le femministe hanno difficoltà a giocarsi il loro protagonismo in politica ma tutte le donne faticano a vivere con gioia e speranza per il futuro che ci aspetta, quello nostro più o meno lungo, ma soprattutto quello di figli e nipoti.
La difficoltà è quella di vivere ogni giorno tra carenza di lavoro stabile e pagato il giusto, che ci renda indipendenti e lavoro di cura non pagato. Senza servizi sociali, senza lavoro giustamente retribuito e aiuti in famiglia, torniamo al ruolo di casalinghe che lavorano e curano gratuitamente. Le difficoltà sono autonomia al prezzo di solitudine affettiva o sottomissione e dipendenza. Con la paura che ci accompagna di violenze, catastrofi, malattie e morti.
Si spiega quindi perché le giovani non facciano più figli. E i maschi che governano e dirigono, comincino a preoccuparsi del fatto che non ci saranno più molti lavoratori e lavoratrici a creare ricchezza in grado di pagare loro le pensioni. Anche in questo modo Lilith se ne va. Ci ha accompagnato nell’autocoscienza verso la liberazione ma oggi, con tutti questi maschi alfa che accumulano ricchezze, risorse, figli nati nei modi più disparati perché non abbiano una madre riconoscibile che li allatta e li nutre di sapienza femminile, se ne va da qualche altra parte.
Elon Musk, un narciso straricco e potente, è un esempio: i suoi figli sono nati con maternità surrogate per poterne cancellare la visibilità e la cura di chi li ha portate in grembo e partoriti. E la società americana in cui ha potuto farsi strada, arrivato dal quel Sudafrica in cui Mandela ha aperto spazi ai nativi e frenato il suprematismo bianco, lo ha accolto volentieri, come ha rieletto Trump nonostante il suo attacco a Capitol Hill, che rendeva evidente il suo disconoscimento dei risultati ottenuti dalla democrazia che lo aveva messo da parte.
Quando Hillary Clinton si era candidata contro il primo Trump il movimento femminista la aveva sostenuta e aveva portato in questa dimensione politica anche la grande esperienza maturata con la conferenza ONU delle donne a Pechino. Come abbiamo potuto perdere tutta quella ricchezza di esperienze del femminismo negli anni Novanta, raccontato da Lisa Levenstein, che ha descritto nel suo testo[1] il rapporto della delegazione americana a Pechino nel 1995, alla conferenza ONU delle donne[2] che modificò i femminismi di tutto il mondo? Lo ha fatto alla luce dell’elezione inaspettata di Trump contro Hillary Clinton alla fine del 2016.
Ricordo la delusione terribile delle americane nere, bianche, musulmane e latine che in pochissimo tempo organizzarono una "marcia femminile su Washington" in più di seicento città statunitensi, attirando oltre 3,3 milioni di persone[3]. In un discorso entusiasmante tenuto da una piattaforma su Independence Avenue, l'attivista nera radicale Angela Davis ha descritto la folla in aumento come "la promessa del femminismo" e ha invitato le persone di ogni ceto sociale ad unirsi alla resistenza. Dov’era Lilith quando Trump è stato rieletto la seconda volta e dov’è ora che i media statunitensi raccontano delle politiche discriminatorie delle sue aziende e delle uscite contro le donne che continua a fare?
Anche la libertà di espressione di chi si occupa di tutelare i diritti delle donne, come l’aborto, è sotto attacco sulla sua piattaforma. Sarà difficile per le donne riuscire a fare attivismo su X; il nuovo Twitter di Musk che in realtà vuole solamente usare da megafono per i maschi bianchi etero e suprematisti.
Cosa ne pensano le donne e cosa vogliono fare con il loro corpo sembra importargli poco, forse ha in mente di riuscire prima o poi a dotarsi di un utero artificiale, sogno dei misantropi.
[…]
Tra i tweet di Musk se ne annoverano moltissimi a sfondo sessista. Uno di quelli che ha fatto discutere di più, e che ha raccolto circa 600mila like tra i suoi sostenitori, faceva riferimento al fatto che avrebbe voluto, prima o poi, fondare una nuova università chiamata “Texas Institute of Technology & Science”. Un tweet scritto nell’ottobre del 2021, che poi ha cancellato, recitava: «Significa tette se ancora non avete capito», riferendosi al fatto che l’acronimo del nome dell’istituto sarebbe risultato TITS, appunto “tette”.[4] […]
Purtroppo non possiamo non tenere conto di questa svolta maschilista occidentale imposta dal duo Trump/Musk: una speranza ci arriva dalla competizione tra i due che Musk pare aver inaugurato, annunciando la nascita di un suo nuovo partito, e nel contempo capire se l’Europa sa reagire in modo unitario ai ricatti che con i dazi trumpiani sta subendo. Come dobbiamo agire concretamente per aiutare le donne che subiscono violenze terribili in altre parti del mondo, come ad esempio in Afghanistan, dopo l’abbandono occidentale che ha riconsegnato di fatto il paese ai talebani, o in Iran dove gli ayatollah, nonostante le ribellioni al grido di “donna, vita, libertà” e le uccisioni mirate israeliane con l’aiuto Usa, continuano a governare e a costringere le donne al velo e a una sottomissione ai maschi veramente assurda.
Ho tentato di fare una panoramica veloce di quello che è oggi la realtà politica internazionale, per capire come Lilith se ne stia andando e da dove, tralasciando le lontane Cina e India, che imporrebbero un’analisi molto più complessa che non sono oggi neppure in grado di accennare.
Paola ci dice nella prefazione che il femminismo divenuto la sua casa è quello che si interroga sulla presenza del divino estraneo a un dio maschio disseppellendo “una Lei originaria (natura, donna o dea)”. Chi se non Lilith? Poi cita Bell Hooks, Adrienne Rich e Maria Zambrano e ricorda l’autocoscienza, la pratica femminista più sovversiva, detonatore della scrittura che le consente l’esercizio del creare. Ma con un punto di vista sessuato che favorisse nei lettori l’interrogarsi cambiando la visione di sé e del mondo. Ricorda il suo insegnamento che esplora il mondo delle streghe con la vicenda di Gostanza da Libbiano, levatrice che viene processata e torturata perché ostetrica e guaritrice. Affronta in questa vicenda la matrilinearità e esplora con i suoi allievi il protagonismo del sangue mestruale e i pregiudizi che opprimono le donne. Ricorda la vicenda di Medea, estranea ai codici di valore esistenti e la fierezza che ne consegue e non la fa tollerare di essere maltrattata e di conseguenza attua la sua vendetta, uccidendo nei figli il suo essere madre. Paola ne deduce che il rapporto irrisolto tra madre e figlia ci fa essere vuote e sole.
Riprende un paragrafo del Sottosopra di 30 anni fa che affronta l’irriducibilità della differenza sessuale. “forse al fondo della misoginia, l’odio maschile della differenza femminile, c’è questo: il non piegarsi alla necessità della mediazione”. Ci dice che la vicenda di Edipo non è solo incesto, né il sapere richiesto dalla Sfinge ma rappresenta il paradigma dello scacco. Ricorda l’affermazione di Luce Irigaray che prima di essere limitati dagli altri lo siamo da noi stessi per l’oggettività del nostro corpo sessuato. Quindi “prende corpo dal corpo un solo modo d’esistenza sessuata che non ammette la rimozione del limite ma proprio da qui si apre lo spazio all’eros. Il rapporto sessuale svela la necessità della relazione ed è accettazione della nostra parzialità.”
Mi ha molto coinvolta poi il racconto della speranza di essere madre, purtroppo seppellita da “un no crudele, spietato, implacabile come una maledizione. Un no assoluto” e il suo convertirsi in altre forme assaporando il calice amaro del senso del limite.
Sono d’accordo con quanto scrive Antonietta Potente, che definisce il libro un diario nel senso più profondo “una narrazione frammentaria fatta di piccoli saggi”, saggia, cioè capace di interpretare la realtà, “smascherando tutte quelle false costruzioni che gli esseri umani sanno costruire” che è di fatto la liberazione dal dominio maschile attraverso il femminismo, è il riscrivere la storia con la nostra ottica di donne libere dalla “storiografia ufficiale, accademica, ecclesiale e politica”, cioè libere dal pensiero e dalla supremazia maschile. Quindi il titolo del libro, “Lilith se ne va” vuole significare credo che noi, donne libere dalla supremazia maschile non ne siamo più complici, né dei maschi né delle loro ancelle.
Di questo sono molto grata a Paola. Il suo libro ha risvegliato in me la mia Lilith, giocata con entusiasmo ed empatia, con sorellanza e felicità insieme alle tante donne che hanno fatto dei percorsi con me o vicini, ma anche con quelle che si sono differenziate con la voglia di un confronto che ci faceva capire di più ed essere più libere.
Certo il titolo purtroppo ci richiama alla dura realtà odierna occupata da maschi che occultano noi e la nostra storia e sono pervasi da un insopportabile egocentrismo che non ha limiti così che ancora oggi, come nei primi tempi della storia, Lilith se ne vuole andare dalla scena per sopravvivere. E noi tutte, se vogliamo invece riprenderci il mondo e il futuro, ce la riprendiamo con noi e dentro di noi, scacciando i fantasmi del patriarcato, perché vogliamo vivere e costruire insieme un futuro vivibile dove Lilith torni perché protagonista. Vorrei unirmi a tutte le amiche di Lilith, coscienti che è in noi e che è la nostra forza verso “un altro mondo possibile” che è la nostra prospettiva reale se siamo in grado veramente di coinvolgere tutte le generazioni in un protagonismo che permetta a noi, alle nostre figlie e alle nostre nipoti non solo di immaginarlo ma di raggiungerlo.
Recensione pubblicata nel blog di Laura Cima
[1][1] L. Levenstein, They Didn't See Us Coming The Hidden History of Feminism, First edition, Basic Books, New York, 2020, ora uscito in italiano: Levenstein Lisa, Non ci hanno visto arrivare Mondadori, Milano, 2024.
[2] Cfr. Conferenza Pechino e Centro Diritti Umani. La quarta e ultima Conferenza mondiale delle donne ebbe luogo a Pechino tra il 4 e il 15 settembre 1995. Alla Conferenza parteciparono 5.307 delegati di 189 governi. Contemporaneamente, al Forum delle ONG di Huairou parteciparono 31.000 donne, rappresentanti di più di 2.000 organizzazioni di 200 diversi Paesi.
[3] Cfr. K. Harris, Le nostre verità, La nave di Teseo, Milano, 2021, pp. 227-228. Cfr. anche La marcia delle donne
[4] B. Offidani, Il rapporto controverso tra Elon Musk e le donne, 21 novembre 2022
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