Patchwork di poesie, raccolta poetica d'esordio di Sara Concato
Traduttrice trilingue e cultrice della materia per la lingua francese presso la facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Roma Tre. Sara Concato ha pubblicato 'Patchwork', mosaico di frammenti dell'anima
Mercoledi, 20/07/2022 - Si è svolta lo scorso 14 luglio, presso L'ora d'aria, a Roma, in zona Garbatella, la presentazione della raccolta poetica d'esordio di Sara Concato, traduttrice e cultrice della materia per la lingua francese presso la facoltà di Scienze della formazione dell'Università di Roma Tre. Pubblichiamo qui di seguito una recensione di 'Patchwork', edito per i tipi de 'L'Erudita'.
Sara Concato è una donna straordinariamente capace nel verbale e nella tessitura poetica. È una donna estremamente consapevole della vita e delle misteriose verità ontologiche che ci sembra di poter lambire, talvolta, o scorgere per spiragli, in momenti ordinari e miracolosi, o addirittura opprimenti, della vita sociale e domestica. Di pancia, verrebbe da dire, malgrado il lungo tempo che Sara sembra passare a casa, a leggere, a studiare, a scrivere, a tradurre dal francese o dall'inglese (a riflettere sui massimi sistemi), come poetessa ella resta una donna e una persona "inaddomesticabile".
Non che ci sia in lei qualcosa di ferino o di brutale (questo c'è forse in tutti noi, a vari gradi); piuttosto, sembra vi sia in lei una traboccante consapevolezza morale, sociale, politica e filosofica. Ciò la porta ad essere strenuamente renitente ai miseri e dilaganti disvalori della nostra società liquida.
Sara lotta, non in piazza, non sui social, forse non unicamente confessandosi alle amiche per telefono. Lotta in modo sublimato e viscerale, fa sua la lotta, internamente. Combatte con la sua parte cedevole, che tollera i compromessi, che soggiace o che si auto-aggioga allo schifo tutt'intorno.
Nella sezione 'Disarticolazioni' si legge, infatti: «assorbo i dolori del mondo / soffro la mancanza / la perdita di consistenza / nella contraddanza disincarnata / di evanescenze / che mi racconta / l'epilogo / dell'essenza // e intanto tu / mi nutri / di immanenza».
Soffre come una piccola tellina mediterranea che, nel suo microcosmo filtra l'acqua marina inquinata dall'umana negligenza. Il paragone con i molluschi bivalvi è fecondo, perché leggendo 'Patchwork' si sente che le poesie di Sara Concato parlano di un intimismo privato, chiuso in se stesso come il molle di un'ostrica o di una vongola. Quanto sappiano chiudersi ermeticamente i bivalvi è talvolta impressionante. I grandi amanti della cucina di mare sanno che spesso, persino dopo la cottura, è meglio non arrischiarsi ad aprire una vongola che sia rimasta chiusa e serrata senza spiragli.
Eppure, dire che una tellina o una vongola vivano solo di quel loro mondo interno, piccolissimo e molle, è una tale eresia... Loro filtrano tutto, nel loro piccolissimo epurano, nettano il mare e l'ecosistema, resistono alle correnti insinuandosi sotto un dito di sabbia. Si nascondono, fanno finta di non esistere.
Non sorprende, a dire il vero, che una cospicua sezione poetica del libro si intitoli, appunto 'Sabbia' («bevo la sabbia che mi porgi / in un calice di vetro rotto», scrive la poetessa).
La sabbia è per Sara Concato tante cose. Da un lato è uno strumento arcaico di misurazione del tempo: i granelli scivolano inesorabili nella vita angusta di una ambivalente clessidra. Dall'altro è il segno dell'inafferrabile, il simbolo di ciò che ineluttabilmente si perde.
Ma la sabbia è anche il sinonimo della polvere, la polvere dell'essere, la polvere della morte, o meglio, di ciò che saremo dopo morti; la polvere che soffoca il respiro, strozza la gola, disturba l'acquisizione di nutrienti, per tornare alla piccola tellina marittima chiusa in se stessa e martire dell'inquinamento.
Come tutti i bivalvi, le telline evocano il mondo muliebre. Infatti, nella raccolta poetica di Sara Concato c'è anche una sezione che parla di 'Cicli'. Sono cicli dolorosi, che danno fitte da togliere il respiro, cicli indesiderati, fallimenti, perdite, sgocciolamenti che non si esimono dall'esprimere la condizione femminile senza mezzi termini. I giorni che si allacciano ai polsi, quasi manette di una prigionia invisibile, mentre l'edera sale la grata, lei sì, finalmente, aggirando le sbarre, comunicano bene il soffocante sconforto dato dalla frustrazione di un acuto desiderio di maternità.
È in questi momenti lirici che la poesia di Concato asseconda anche, pur nel canto intimistico, estremamente privato (c'è qualcosa di più privato del ciclo?), la sua vena politica, sociale, quasi di denuncia femministica, desiderosa di rivalsa e riscatto. In questi momenti la poetessa riesce, pur parlando eminentemente di sé, a parlare di molte, moltissime donne, perché oggettiva una difficile condizione a cui siamo soggette.
Qui si comprendono le 'Apnee', altra sezione della raccolta, o le 'Disarticolazioni', i 'Cocci', insomma: i frammenti. Sara Concato cerca di legare insieme, nella brossura di un libro poetico, gli sparsi frammenti della sua anima, come ebbe a scrivere Petrarca. Nel libro si vede il nesso con l'acuto e pregnante titolo: il patchwork è quella tecnica decorativa e artistica che permette di creare un'opera nuova, policroma ed eterogenea, cucendo insieme stoffe di scarto di varia trama e di vario tessuto.
È un titolo augurale, in cui la poetessa ricompone in altro modo, originalmente, i brani e i lembi della sua vita interna straziata e sfrangiata. Perché le poesia è di chi canta le gioie e i dolori, di chi ascolta il canto, di chi crede che una nuova possibilità di vivere e sentire le cose sia da ricercare senza sosta e senza disperazione.
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