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DETENUTE / PAROLE E PENSIERI DA CONDIVIDERE DENTRO E FUORI LE MURA

DETENUTE / PAROLE E PENSIERI DA CONDIVIDERE DENTRO E FUORI LE MURA

Un nuovo numero Speciale Rebibbia di NOIDONNE su affettività, regole e poi c'è perfino una favola. Sono i testi delle persone detenute che frequentano il nostro laboratorio

Martedi, 11/06/2019 - PAROLE E PENSIERI DA CONDIVIDERE DENTRO E FUORI LE MURA
Con questo foglio salutiamo chi ha partecipato alla quinta edizione del laboratorio 'A mano libera' e ringraziamo per la fiducia che ci dimostra condividendo riflessioni sul valore delle regole (che scandiscono inesorabilmente la vita in carcere) e sull'affettività negata o assai limitata. Per questo numero speciale di NOIDONNE abbiamo scelto solo alcuni tra i tanti testi scritti. Seguirà la pubblicazione della raccolta completa, che sarà davvero sorprendente tra ricordi, ricette e.... perfino fiabe. Come è nostra abitudine lasciamo aperte le porte e siamo disponibili ad accogliere altri contributi che potranno aggiungersi anche come commento o ulteriore riflessione intorno ai temi affrontati. Mandateli alla mail: redazione@noidonne.org.
Tiziana Bartolini e Paola Ortensi

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SALUTI E RINGRAZIAMENTI
Uscendo da Rebibbia dopo quasi 2 anni vorrei lasciare alcuni ringraziamenti molto sentiti e che esprimo in base alle esperienze che ho fatto, alle cose che ho imparato e alle persone che ho incontrato.
Inizio dalla Direzione, punto di riferimento dell’organizzazione interna. La disponibilità a far entrare persone dall’esterno con i progetti e con la scuola mi ha permesso di fare attività utili al mio percorso di crescita. Ho ricevuto da tutti stimoli importanti che mi hanno anche consentito di scoprire talenti e capacità che non sapevo di possedere.
Mi hanno molto aiutato le/gli agenti di polizia penitenziaria, uomini e donne in divisa che nei reparti fanno un lavoro molto duro, ma che ho apprezzato per la loro umanità e per il modo con cui ottengono il rispetto delle regole.
Mi hanno aiutata a capire l’importanza di rispettare le regole e la loro divisa: è stato molto importante per m. Hanno capito il lavoro che ho fatto su di me e l’impegno che mi ha portato ad essere un’altra persona.
In particolare un ringraziamento lo rivolgo alle agenti della sala avvocati e dei valori e deposito. Ascoltando le loro sagge parole sono riuscita a perdonarmi e a riconquistare la mia dignità.
Un apprezzamento lo rivolgo all’agente di sezione per il modo rigoroso ma non dispotico di gestire il reparto.
Mi ha aiutato molto anche andare a scuola: con insegnanti bravi e sensibili ho preso la licenza media.
Il laboratorio di NOIDONNE è stato un dono prezioso: ho potuto esprimere liberamente i miei pensieri e i miei sentimenti. È molto importante sapere che le mie parole diventano pubbliche e che saranno lette dentro e fuori dal carcere.
Grazie a tutti questi incontri oggi ho conquistato rispetto per me stessa. Sono fiera di quello che ho imparato e so che posso affrontare il mondo con la sicurezza di non tornare in carcere.
Natalia, aprile 2019

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LA GARA DI SANTIAGO E DEL SUO AMICO ATOS
C’era un bambino di nome Santiago. Lui abitava in una fattoria con i suoi genitori e due fratellini più piccoli, Cristian e Thomas. Era un bambino molto felice, passava le giornate a giocare nella fattoria con i suoi fratellini e con i suoi animali. Aveva un amico speciale tra i suoi animali, era un cavallo di nome Atos.
Era una famiglia felice fino a quando un giorno il suo papà ebbe un incidente che lo portò a stare su una sedia a rotelle. Quindi tutto il lavoro che lui svolgeva era ricaduto sulla mamma, che ovviamente non riusciva a fare molto e le serviva un aiuto in fattoria. Ma con le spese delle medicine necessarie al papà non poteva permettersi questo aiuto.
Con il passar del tempo la fattoria ebbe molti problemi economici e quindi non potevano più permettersi tanti animali. I genitori decisero di metterla in vendita. Santiago a questa notizia iniziò a piangere tutti i giorni perché sapeva che avrebbe dovuto lasciare per sempre il suo amico Atos.
Quando tutto sembrava ormai essere perduto, in paese annunciarono una gara di cavalli con un premio che consisteva in un assegno di molti soldi; con questi soldi si sarebbe potuto ritirare su la fattoria e curare il papà. Santiago subito corse dai suoi genitori per informarli, ma loro non volevano che il proprio figlio gareggiasse perché era piccolo. A questa notizia Santiago fu molto triste, ma all’insaputa dei genitori gareggiò e vinse.
Ritornò a casa con questa vittoria, tutto si risistemò e lui diventò il bambino più piccolo che vinse la gara con il suo amico Atos.
Adriana, Pamela e Cristina, 4 febbraio 2019

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DETENZIONE, REGOLE E PERSONE, marzo 2018
Le conversazioni, durante gli incontri settimanali di NOIDONNE nel carcere di Rebibbia femminile, scaturiscono dall’attualità e da quello che accade nella vita individuale o collettiva. Cerchiamo sempre di incrociare le riflessioni con uno sguardo duplice che oscilla tra il ‘fuori’ e il ‘dentro’. Lunedì scorso un tema su cui si è concentrata la conversazione (ovviamente rispetto al vissuto dentro il carcere) è stata ‘la regola’: la comprensione, le ragioni che la dettano, l’impatto su chi la subisce, il senso che ogni persona riesce a cogliere e a comunicare.
La detenzione è una summa di regole imposte dalle leggi e dai regolamenti, a partire dalle ragioni che hanno causato la pena fino all’insieme di imposizioni e divieti che regolano necessariamente la vita dentro al carcere.
Parlare delle regole non è semplice perché è difficile tenere a bada l’inevitabile impatto emotivo che producono. Ci abbiamo provato e ne è scaturito uno scambio che racconta differenti sguardi e sensibilità, mondi che vivono compressi e costretti ad un confronto continuo e forzato.


Maria Luisa. Le regole vanno rispettate ma è importante che siano uguali per tutte. Capiamo che in carcere ognuno esegue degli ordini, ma osservo che le regole non sempre sono rispettate e non sempre lo sono, sembra, in modo uguale per tutte. Se all’interno del carcere viviamo in serenità, viviamo con più efficacia la detenzione e conseguentemente il risultato della pena che scontiamo.
Anna Maria. Le regole vanno bene ma non si può prescindere dalla persona, l’essere umano su cui la regola impatta. Le esigenze fisiche, caratteriali, l’età. In carcere bisogna considerare il vissuto di chi è rinchiuso, dell’essere umano, uno diverso dall’altro. Bisogna prendersi cura dell’essere umano, per ottenere il risultato perseguito nel modo più utile.
Natalia. Mi colpisce che certe volte neppure chi è obbligato ad eseguire le regole conosce le ragioni che le hanno dettate. Per questo certe regole sono incomprensibili. Per quello che conosco delle regole in carcere io le rispetto e cerco di seguirle. Questo, per me, allevia la condanna. Sento che devo partire da me stessa e che devo saper gestire quello che il carcere mi impone sapendo che sono qui per riparare ad un errore che ho fatto.. Questa è una conquista bellissima: uno spazio per me.
Cjnthia. Se avessimo la possibilità di saperne di più sulle regole …. Se le conosco le posso rispettare... certe volte non le conosciamo neppure e, quindi le violiamo senza saperlo…
Anna Maria. Sì, dovrebbero essere messe per iscritto
Natalia. … E quando entri ti dovrebbero dare l’elenco di quello che puoi o non puoi fare… In carcere servono tre cose: regole, rispetto, educazione. Non bisogna mai dimenticare che ci sono regole umane, non scritte, e poi ci sono le leggi. Mi stupisce che certe volte gli animali siano più intelligenti nel rispetto dell’altro.
Gina. Le regole devono essere rispettate, è giusto. Ma l’umanità non deve mai mancare.
Laura. In carcere le regole non devono essere punitive ma educative. Fuori dal carcere le regole ci devono essere assolutamente, sennò sarebbe il caos. Devo riconoscere che le regole in carcere sono brutte e spesso dure da rispettare, ma mi hanno insegnato molto e mi hanno cambiata.

LA REGOLA
Cjnthia, marzo 2019

…Tutto gira attorno alla “Regola” … ma io mi domando e dico: “di quale regola si sta parlando?’… c’è silenzio tra di noi o tanta confusione perché in effetti ognuna risponde a modo proprio. Ci rendiamo conto che, in un modo o in un altro abbiamo tutte ragione?! Ci esprimiamo diversamente ma il “succo”, care ragazze, è il medesimo. Noi donne un po’ sbagliate, ma diciamo anche molto sfortunate, ci ritroviamo in questa stanza dove c’è sempre il sole e difficilmente ci distraiamo perché qui il lunedì è nostro e parliamo liberamente…. X farci capire dalla gente che, spesso, ci punta il dito contro non sapendo che in ognuna di noi esiste l’alba come il tramonto. La regola è sempre esistita e, forse, nessuna di noi l’ha mai capita. Sono anni che conosco questo posto ma adesso, alla mia età, vorrei gridare a più non posso… sono stanca ma ancora attenta, la regola delle quattro mura mi ha insegnato a non avere paura! E a non credere di stare in paradiso… Qui le regole ci sono sempre state, quand’ero giovane non ci andavo molto dietro ne pagavo sicuramente le conseguenze , ma detto tra noi, non me ne importava proprio niente!... Ho toccato l’isolamento anche per 15 giorni, ma inconsciamente rilassavo il mio cervello ed anche la mia mente. Oggi sono una donna matura e cerco la tranquillità ma sto bene con me stessa. Quando chiudono il blindo stando in cella da sola faccio tutto ciò che desidero: leggo, scrivo… guardo la tv. Insomma… tutto quello che mi passa per la testa perché nelle 12 ore chiusa do ascolto alle regole mie! L’unico neo è che quando mi aprono al mattino io devo aver pulito e riordinato la mia cella. L’ordine e la pulizia prima di uscire per me è fondamentale, anzi ancor di più … da non sottovalutare affatto e sono:
1) tutte siamo uguali
2) trattamento equo
3) aggiornamento su tutto
4) non toccare la nostra dignità
….. ed allora, di quale regola si parla?
Risp.

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PARLANDO DI AFFETTIVITÀ E DI FIGLI GRANDI, 6 maggio
La Festa della mamma diventa uno spunto per parlare dell’affettività e del rapporto con i figli. Il caso vuole che nel laboratorio di NOIDONNE oggi siano presenti donne con figli adolescenti o grandi e che dunque hanno esigenze diverse rispetto a chi ha bimbi/e piccoli. “Ai piccoli di solito si risparmiano troppe spiegazioni non facilmente comprensibili, non si vuole farli soffrire e allora si raccontano bugie o si inventano assenze per lavoro o vacanze. Oppure si ribattezza il carcere chiamandolo “collegio”. Sono piccole strategie elaborate con la complicità delle famiglie e che hanno l’obiettivo di non far sentire troppo la mancanza della mamma, costretta a lunghe assenze. Poi, a seconda delle situazioni, pian piano si danno spiegazioni. Sempre le abbiamo viste combattute tra il desiderio di abbracciare i figli e la volontà di non farli entrare in un luogo di sofferenza. Quasi a non volerli contaminare. Tornando al nostro incontro, riportiamo lo scambio e le riflessioni di un pomeriggio.
Maria Luisa. Dormo poco di solito, ma mercoledì notte ero particolarmente in tensione. Giovedì mio figlio è venuto a colloquio e mi ha raccontato che aveva avuto un piccolo incidente la sera prima. Ecco, avevo un presentimento anche se non riuscivo a darmi una spiegazione di quella tensione. Qui ho sempre brutti pensieri, che si amplificano: penso che gli se succede qualcosa non posso saperlo subito, non posso avere subito sue notizie. Le poche comunicazioni in carcere sono una pena aggiuntiva. Mio figlio ha 22 anni ed è un bravo ragazzo che lavora e riesce a provvedere alla casa e a sé. Per esempio per la Festa della mamma ha comperato una azalea e, non potendo portarla qui dentro, l’ha messa a casa, ma il pensiero vale lo steso. È stato bello. Ma non ha il papà e mia sorella è l’unica adulta di riferimento della famiglia. C’è anche mia cognata e mia suocera, ci stiamo dando una mano, ma è dura per tutti. Qui ripenso spesso al rapporto con mio figlio e devo dire che sono cambiata. Mi tornano in mente delle discussioni avute con lui, in cui l’ho considerato come se fosse un mio coetaneo. Mi rendo conto che era sbagliato. Penso anche a certe cose che ho fatto e che non rifarei, ma mi assumo la responsabilità e non accuso altri. Certo non lo rifarei perché penso che qualunque azione o obiettivo non vale la perdita della libertà, che è una grande dono.

Gina. Ho tre figli, di cui due grandi. Qui dentro abbiamo pochi contatti: una telefonata a settimana è poco, troppo poco. Io scrivo tantissimo, scrivo tante lettere durante la settimana. Per chi come me non lavora la giornata è lunga e il peso dei pensieri lo senti tutto, come l’assenza della famiglia. Tutto ti torna in mente, soprattutto la notte, è il momento più brutto… Ripenso a tante circostanze e ricordo magari delle liti e mi dispiace di non essermi spiegata bene. Comunque per i miei figli sono stata sempre più un’amica che una mamma. Ho tre nipotini, di 5 e 7 anni e 7 mesi. Mi mancano tanto, ma non voglio che i miei nipoti vengano qui dentro.

Laura. La privazione della libertà è brutta, però qui ho capito tante cose. Ho avuto tante delusioni e ho imparato a dosare. Mi sono affezionata a tante persone e alcune mi hanno deluso, ma nel bene o nel male ho ricevuto sostegno. Adesso sento che devo restituire il bene che ho ricevuto. In carcere ho anche fatto un percorso rispetto al rapporto con mio figlio. Il primo anno lui non ha voluto vedermi. La mia concellina mi ha consigliato di scrivergli. L’ho fatto e lei ha avuto ragione. Qui ho iniziato a vivere mio figlio. Sono consapevole che sono stata una pessima madre e questa consapevolezza mi ha fatto crescere. Ho capito che è inutile piangere sul latte versato, ma quello che posso fare è cambiare da adesso. A mio figlio ho chiesto il perdono per il male che gli ho fatto, penso che lui abbia assorbito da me tanto male e dolore (con una madre tossica e un padre morto giovane) ma ho cercato di proteggerlo come ho potuto. Per esempio in 30 anni non mi ha mai vista con una siringa. Lui è cresciuto in questo contesto ma desso con lui ho parlato e ho conquistato un rapporto speciale. Ma ho dovuto fare una guerra con me stessa. Se penso al passato mi faccio solo del male, ci ho pensato tanto… adesso posso solo migliorare. Mio figlio è bravo, non si droga e manda avanti una casa da solo… Lui mi dice che anche se non sono stata una madre presente, sono stata una madre speciale che lo ha fatto divertire con le sue pazzie. È bello quando lo sento parlare così, perché nonostante tutto lui si ricorda solo delle cose belle che abbiamo vissuto insieme, nella sua infanzia e nella sua adolescenza.








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