Domenica, 26/05/2019 - Con la legge 11 gennaio 2018 n.4 il Parlamento italiano ha approvato una disciplina che, attraverso una gamma diversificata di strumenti normativi, cerca di offrire assistenza e sostegno agli orfani di femminicidio.
Una legge di grande civiltà perché riconosce un nodo fondamentale del fenomeno della violenza domestica e di genere, purtroppo ignorato per molto tempo, e ancora oggi non sufficientemente esplorato, quello relativo ai traumi e alle devastanti conseguenze psicologiche, sociali, economiche patite da questi orfani.
Con questa legge il legislatore ha cercato di colmare una insufficienza normativa, incompatibile con gli impegni assunti dal nostro Paese a livello sovranazionale in primo luogo con la Convenzione di Istanbul, e di affrontare le difficoltà che scaturiscono sul fronte giuridico in ordine ad aspetti legali quali la decadenza dalla responsabilità genitoriale, l’affidamento del minore o la designazione del tutore.
Una buona legge, che introduce una serie di novità sia sul piano civilistico che su quello penalistico che però, come vedremo, risulta, allo stato, incompiuta.
Tra gli obiettivi del legislatore degni di nota sono il riconoscimento di pari dignità ai rapporti di coniugio, alle unioni civili e ai rapporti di convivenza basati su una relazione affettiva stabile, i c.d. conviventi more uxorio,nonché la semplificazione e l’agevolazione per gli orfani di crimini domestici di tutte le attività processuali, successorie e di altra natura che seguono il reato.
Particolarmente significativo è l’intervento sull’art. 577 c.p. che in precedenza sollevava non pochi problemi in tema di uguaglianza di trattamento tra coniugi e conviventi, perché il secondo comma prevedeva l’aggravante in relazione ai soli rapporti di coniugio e la giurisprudenza, applicando alla lettera la norma, in più occasioni aveva negato che tale aggravante potesse essere estesa anche ai conviventi more uxorio. La nuova disciplina, modificando il primo comma, ha previsto la pena dell’ergastolo per i casi di omicidio commesso contro ascendente e discendente, contro il coniuge, anche legalmente separato, contro il partner dell’unione civile o contro il convivente more uxorio. Contestualmente la legge ha modificato anche il secondo comma che prevede la reclusione da 24 a 30 anni rendendo applicabile all’omicidio commesso nei confronti del coniuge divorziato o al partner dell’unione civile, quando cessata.
Sussiste, peraltro, ancora una differenza, non giustificabile tra coniuge divorziato ed ex convivente more uxorio che non si concilia e non si spiega anche in considerazione dell’equiparazione, avvenuta con la medesima legge, tra le diverse ipotesi di unione. Il secondo comma dell’art.577 c.p. si applica, infatti, solo al coniuge divorziato e non all’ex convivente.
Di particolare rilevanza processuale appaiono gli artt. 1,3 e 4.
L’art. 1 che introduce una nuova e più favorevole disciplina in materia di gratuito patrocinio a spese dello Stato. Con l’inserimento del comma 4 quater all’art. 76 del T.U. delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia si dispone una deroga, infatti, ai limiti di reddito previsti per l’accesso tanto nel processo penale quanto in quello civile, compresi i procedimenti di esecuzione forzata. Questa disposizione rende decisamente concreta per le vittime la percorribilità di tutto l’iter processuale consentendo non solo di avvalersi di un avvocato, ma anche di poter ottenere gratuitamente le copie degli atti processuali o di potersi vedere anticipare alcune spese come quelle dei Consulenti Tecnici di parte o per eventuali investigatori privati. Peccato però che al secondo comma si indichino in soli euro 10.000,00 annui gli oneri derivanti da questa previsione! Una somma ridicola che non copre neppure un procedimento.
L’art. 3 che inserisce un nuovo comma, 1 bis, all’art. 316 c.p.p. con il quale assegna al P.M. il dovere di chiedere in ogni stato e grado del procedimento il sequestro dei beni, mobili e immobili, a garanzia del risarcimento del danno civile subito dai figli della vittima.
In una prospettiva di ulteriore rafforzamento del sostegno economico si inserisce anche l’art. 4 che dispone l’aggiunta di un nuovo comma, 2 bis, all’art.599 c.p.p. che attribuisce al giudice il dovere di provvedere, anche eventualmente d’ufficio, all’assegnazione di una provvisionale, non inferiore al 50% del presumibile danno; la disposizione sancisce altresì la conversione di quanto oggetto di sequestro a titolo conservativo in pignoramento, a seguito di sentenza di condanna di primo grado (in deroga all’art, 320 comma 1 c.p.p.).
La legge prevede inoltre una serie di novità di natura extrapenale particolarmente significative che vanno ad incidere positivamente su tutta una serie di aspetti della vita che l’orfano “speciale” dovrà affrontare.
L’art. 5 modifica la disciplina successoria e introduce una sospensione a succedere per l’autore di reato fino al raggiungimento del decreto di archiviazione o della sentenza definitiva di proscioglimento, mentre con l’art. 6 si prevede il diritto di quota di riserva ai sensi dell’art.18, comma 2, della legge 12.3.1999, n.68 in favore degli orfani.
La legge prevede inoltre all’art.7 la sospensione della pensione di reversibilità al coniuge per il quale sia stato richiesto rinvio a giudizio per l’ipotesi di omicidio volontario e attribuisce agli orfani la titolarità della medesima sino all’eventuale sentenza di proscioglimento, mentre all’art. 12 si stabilisce la decadenza dall’alloggio di edilizia residenziale pubblica per il coniuge, partner o compagno condannato fermo restando la possibilità delle altre persone conviventi di subentrare.
Opportuna più che mai l’introduzione del principio della salvaguardia delle relazioni affettive tra l’orfano “speciale” e i parenti sino al terzo grado.
L’art. 10 prevede che nel caso in cui il minore sia rimasto privo di un ambiente familiare idoneo a causa della morte del genitore, cagionata volontariamente dall’altro genitore il Tribunale competente, cioè il Tribunale per i minorenni, debba provvedere, all’esito dei necessari accertamenti, privilegiando la continuità delle relazioni affettive consolidatesi tra il minore stesso e i parenti, assicurando altresì quando vi siano parenti fratelli o sorelle la continuità affettiva tra gli stessi. Va da sè che l’autorità giudiziaria assumerà ogni decisione concernente l’affidamento del minore nel suo esclusivo e preminente interesse.
Importante anche l’introduzione di una norma, l’art. 13, che semplifica il cambio di cognome per gli orfani di crimini domestici.
Di particolare rilevanza sono, infine, le norme 8 e 9 che prevedono il diritto di accesso ai servizi di assistenza e le disposizioni in materia di assistenza medico- psicologica, ma sono anche quelle che presentano i maggiori profili di criticità.
La peculiarità dello stress che colpisce questi orfani richiede servizi assistenziali di altissima specializzazione.
Rapportarsi con un orfano “speciale” significa rapportarsi con una persona, la cui dimensione affettiva, familiare e relazionale risulta completamente stravolta e l’elaborazione del lutto estremamente complessa, in particolare se ha assistito all’omicidio della madre, ipotesi questa di gran lunga più ricorrente.
Inoltre la sua posizione di testimone è particolarmente delicata quando sia sentito in qualità di figlio dell’assassino della madre.
La presenza in questa vicenda di operatori dotati di formazione adeguata e specifica è imprescindibile per comprendere quali scelte sono più opportune e quali misure maggiormente incisive per contenere i danni devastanti già in atto ed altri potenziali.
Queste norme sono quindi il fulcro del sistema di sostegno che deve essere offerto ai figli orfani.Tutte le altre norme sono certo importanti per alcuni aspetti specifici, ma non sono dirimenti per la vita del bambino.
Lo Stato è chiamato a farsi carico dell’assistenza gratuita di tipo medico-psicologico “per tutto il tempo occorrente al pieno recupero dell’equilibrio psicologico” dei minori vittime di femminicidio, ma poi è prevista una spesa di soli 64.000,00 euro all’anno!
Non solo! E’ previsto il sostegno medico psicologico per i bambini, ma non per i familiari a cui saranno affidati. Una lacuna gravissima, perché questi adulti, oltre al loro dolore, si devono fare carico anche della sofferenza degli orfani “speciali”. Questi adulti necessitano di aiuto affinché possano a loro volta aiutare gli orfani. La terapia psicologica deve, quindi, essere estesa anche ai parenti che si fanno carico degli orfani “speciali”.
Inoltre deve essere legislativamente previsto un corridoio di emergenza per questi casi. Non è infatti immaginabile attendere i tempi di presa in carico attuali previsti nel servizio pubblico. Diversamente si deve immaginare un rimborso per un servizio privato. L’orfano “speciale” non può attendere mesi, necessita di un intervento immediato, di un sostegno incisivo e duraturo nel tempo.
L’art. 8 prevede che lo Stato, le Regioni e le autonomie locali “possono “ e non “devono”, come sarebbe stato auspicabile “promuovere e sviluppare presidi e servizi pubblici e gratuiti di informazione e orientamento in materia di diritti e di servizi organizzati in favore delle vittime di reati, nonché di assistenza, consulenza e sostegno in favore della vittima in funzione delle sue specifiche necessità e dell’entità del danno subito, tenendo conto della sua eventuale condizione di particolare vulnerabilità..”
L’uso del verbo “possono” anziché “devono” lascia sospesa l’attuazione della norma alla buona volontà politica e quindi, in tempi di crisi economica, alla pressoché certa non applicazione. Resterà così irrealizzata una corretta politica di prevenzione, così come resteranno irrealizzati probabilmente ancora per molto tempo tutte quelle politiche di raccolta datia ssolutamente necessari per comprendere e studiare correttamente il fenomeno della violenza nei confronti delle donne.
Le misure di sostegno allo studio e all’avviamento al lavoro per gli orfani per crimini domestici previsti alla lettera d) dell’art.8, inoltre, sono di difficilissima attuazione, come denunciano coloro che ne hanno chiesto l’applicazione.
Ecco, quindi, che una legge formalmente discreta perde di vigore ed efficacia laddove si consideri che tutta la parte che disciplina il sostegno psicologico, di vitale importanza, nonché il sostegno allo studio e al lavoro ad oggi sono lettera morta.
Sono, infatti, ancora le famiglie a dover farsi carico interamente del recupero alla vita di questi bambini, con costi e sacrifici economici, psicologici e sociali devastanti.
E’ quindi necessario un ulteriore intervento legislativo che corregga sul piano della normativa penale la differenza ancora attuale tra coniuge divorziato ed ex convivente (art. 577 c.p.), che ampli il sostegno psicologico ai parenti a cui i bambini sono affidati, che preveda una presa in carico medico-psicologica tempestiva e costante e che soprattutto renda effettivi gli artt. 1, 8, 9 stanziando adeguati fondi, semplificando le procedure di accesso agli aiuti economici, alle misure di sostegno allo studio e all’avviamento al lavoro.
Diversamente questa legge non raggiungerà i suoi scopi e resterà una legge buona solo sulla carta.
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