Giovedi, 07/06/2018 - Il 30 aprile 2018 in conferenza stampa a Napoli viene annunciata la nascita di “ALFI – Associazione Lesbica Femminista Italiana” fondata da quattro dei circoli recentemente fuoriusciti da ArciLesbica Le Maree Napoli, Omphalos Perugia, Lesbiche XX Bergamo e Lesbiche Unite del Nord Est - Lune ) . L'associazione viene descritta nelle pagine del sito[1] come «lesbica, femminista, democratica, laica, pacifista, antifascista, antimafiosa, inclusiva, antirazzista, antiproibizionista, multietnica, autonoma, pluralista, apartitica, anticolonialista ». In questa breve ci raccontano qualcosa del loro percorso.
Potete raccontarci come nasce ALFI?
Chiara Piccoli, Presidente Nazionale
L’iter che ha portato alla costituzione di ALFI comincia con un gruppo di donne, di territori, di associazioni che – incontratesi in ArciLesbica – si sono riconosciute, a vicenda, come compagne di percorso. All’esito del Congresso dello scorso dicembre 2017, non sentendoci più rappresentate dall’Associazione in cui ci siamo formate come attiviste lesbiche e femministe, ci siamo impegnate a porre in essere uno spazio inclusivo che riflettesse i nostri valori e perseguisse quelli che riteniamo essere obiettivi determinanti per le donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersex, operano a livello nazionale attraverso l’attività politica e sociale e presentando le nostre istanze alle istituzioni e all’interno del movimento LGBTI e del mondo femminista in maniera coordinata. Così nasce ALFI, luogo di prosecuzione e sviluppo di quel percorso che ci ha unite, con uno sguardo nazionale sempre in sinergia con le Associazioni affiliate dislocate sul territorio, quelle attuali e quelle che vorranno unirsi a noi.
Nel contesto attuale perché è importante nominarsi lesbiche e femministe?
Federica Cozzella, Consigliera Nazionale
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da numerosi passi avanti, nel nostro Paese, in merito ai diritti delle persone LGBTI, e l’attenzione dei media rispetto alla violenza di genere ha favorito una ricalibrazione dell’opinione pubblica rispetto al sessismo e alla disparità di genere. Nonostante questo, appare ogni giorno più evidente quanta strada ci sia da fare perché le donne non siano più condannate a vivere in una società patriarcale e antifemminista: lo vediamo nelle sentenze per violenza sessuale, in cui le vittime vengono ogni giorno trasformate in donne confuse, in donne incoscienti, in donne bugiarde o addirittura colpevoli. L’antica visione della donna come persona maliziosa, manipolatrice, disonesta o non abbastanza istruita da decidere per la sua vita, ha portato con sé strascichi importanti, e in un’epoca come la nostra, in cui l’autodeterminazione delle donne sembra essere ormai caposaldo di una fetta sempre più ampia di popolazione, esiste il concreto rischio che quei pochi passi avanti vengano percepiti come punto di arrivo e non di partenza. L’invisibilità politica e la disparità economica e sociale sono arena di lotta per quelle persone che credono in un futuro in cui i diritti non siano un regalo, ma il riconoscimento di quella parità dovuta, ma ancora lontana. Siamo orgogliose di configurarci in quell’arena, come donne, come femministe e come lesbiche. Credo che stiamo vivendo un processo di dissoluzione dell’identità lesbica, intesa come univoca, e spesso legata a logiche stereotipiche. La moltitudine delle identità lesbiche, rivendicazione di una profonda analisi del concetto di autodeterminazione, oggi rivela l’identità lesbica in tutta la sua bellezza: una moltitudine di corpi e di idee, di direzioni e di scelte.
Cosa è cambiato dall'esordio della visibilità lesbica (in Italia intorno alla metà degli anni '70) ad oggi?
Elisabetta Marzi - Segretaria Nazionale
Non ti nascondo che rispondere a questa domanda mi ha messa un po' in crisi, perché di getto avrei voluto rispondere "Cosa è cambiato? Niente!"
Le donne lesbiche sono ancora invisibili, non esistono e se esistono prendono vita nell’immaginario abbondante di stereotipi che tutte conosciamo: maschiacci che guidano la moto mentre accarezzano il proprio gatto (beh, magari non le due cose insieme), amanti della birra o forse ragazze che magicamente incontrano l’uomo giusto.
Stereotipi che possono essere smantellati solo grazie alla visibilità. Credo che le donne lesbiche non abbiano coscienza del proprio potere: quelle che decisero di esporsi, ormai quasi 50 anni fa, erano donne che provenivano dal movimento femminista e anche lì, purtroppo, le lesbiche erano spesso considerate di troppo, perché distoglievano l'attenzione dalle istanze "veramente importanti", e rendevano ben più ardue le battaglie di rivendicazione per i diritti delle donne. Oggi le lesbiche sono visibili sui social, nelle community e nei locali, ma manca una componente lesbica realmente forte e attiva nel movimento. L’associazionismo “L” fatica a prendere parte alla conversazione e incontra difficoltà anche a dialogare con le stesse lesbiche. Forse perché si pensa che le lesbiche siano noiose, "antiche", legate a istanze politiche di un tempo ormai passato. Non è facile essere (e dirsi) lesbica in un mondo in cui il tuo destino è già scritto, in quanto donna: definirsi lesbica significa rompere le regole, ribaltare le aspettative che la società ha costruito intorno alla tua persona e, in alcuni casi, dover essere in grado di affrontare le conseguenze di questa rottura. Nonostante la strada sia ancora lunga, apprendiamo che il cambiamento è in atto: le donne lesbiche hanno cominciato a farsi sentire e di questo non posso che essere felice. Parte del movimento femminista ha saputo interrogarsi sui cambiamenti sociali del nostro tempo, diventando più aperto, inclusivo e trasversale, e oggi porta avanti con noi le battaglie delle donne e delle lesbiche. E i risultati si vedono: proprio in questi ultimi mesi, ad esempio, abbiamo appreso con gioia che alcuni comuni italiani hanno trascritto gli atti di nascita di alcun* bimb* registrando entrambe le mamme come genitrici. Un ulteriore traguardo che forse non avremmo raggiunto senza un percorso di lotta contro la diffusione degli stereotipi, senza un’opera di decostruzione dei principi del patriarcato, senza il processo di sdoganamento delle istanze di genere, e senza il lavoro di costruzione di spazi per le donne e per le lesbiche, che hanno reso la visibilità un obiettivo raggiungibile.
Che tipo di attività svolgete?
L’ associazione si pone come obiettivo la «lotta alla discriminazione e al raggiungimento del benessere psico-fisico delle donne lesbiche, bisessuali, transgender e intersex» ed in quest'ottica ha attivato diversi servizi, fra i quali l’assistenza e il supporto a distanza dedicata alle donne lesbiche e bisessuali vittime di violenza domestica[2], un fenomeno ancora sommerso e sottovalutato dalle stesse donne, infatti sono ancora profondamente radicati gli stereotipi riguardanti la presunta incapacità delle donne di agire violenza, ed è ancora tanta la strada da fare per eliminare le radici stesse della violenza. L ’esperienza diretta con le donne LGBTI disabili ha permesso di strutturare un servizio di supporto e informazione dedicato a loro [3], spesso doppiamente vittime di discriminazione.
In merito alla discriminazione, è stato attivato un Osservatorio LGBTI di monitoraggio delle discriminazioni, raccogliendo testimonianze attraverso una mail dedicata [4]. Infine, si è scelto di offrire anche un servizio di consulenza legale: lo sportello [5] offre consulenza legale gratuita grazie al supporto di professioniste del settore. In questi giorni diverse affermazioni discriminatorie hanno fatto il giro delle testate giornalistiche ed hanno colpito anche le nostre famiglie, che sì, esistono e sono numerose. L'atto di negare la nostra stessa esistenza deresponsabilizza coloro i quali hanno l'incarico occuparsi di tutelare tutte le esistenze. Non si possono scegliere le persone per le quali adempiere a questo compito, non si può scegliere di lasciar fuori qualcun*. Aderiamo con forza a diversi Pride proprio per respingere questa parabola ascendente di intolleranza, sottoscrivendo i relativi documenti politici. Siamo state a Bergamo lo scorso 19 Maggio, e saremo a Pavia (9 Giugno), Caserta e Mantova (16 Giugno), Perugia e Pompei (30 Giugno), e in particolare a Napoli, il 14 Luglio, per il Mediterranean Pride of Naples, speriamo di incontrarvi numerose: «Il nostro percorso ci ha insegnato che sono le singolarità a fare la differenza, quando si lavora insieme per la parità» a maggior ragione in questo momento storico in cui crediamo sia importante sottolineare una chiara e netta distanza da una ideologia così escludente nei confronti delle differenze.
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