Nato da incontri avvenuti nel Carcere femminile di Pozzuoli, il libro raccoglie le poesie di Felerico e delle detenute, creando un dialogo al femminile che è diventato anche uno spettacolo teatrale
Estratto da 'Nudarsi. Incroci di poesia. Dialogo tra versi liberi e parole recluse' a cura di Rita Felerico (ed la Valle del Tempo), riportiamo integralmente il testo introduttivo del libro, scritto dalla stessa curatrice per illustrare l'idea iniziale del progetto e l'esito finale, non previsto, di uno spettacolo teatrale. Un piccolo libro che riserva inaspettate sorprese, come i testi delle detenute - riportati con la grafia originale - accompagnati dai ritratti di alcune poete/attrici realizzati da Aldo Capasso in occasione della rappresentazione. Oppure il brano scritto e interpretato da Elly, una detenuta, dal titolo Soul e ispirato dai versi poetici di Felerico. Un intreccio di sentimenti ed emozioni che hanno superato i confini e divelto le sbarre, creando un'autentica unione al femminile.
COSA PUO' LA POESIA
di Rita Felerico
Sono passati poco più di tre anni dalla pubblicazione di ‘Nudarsi’ e poco più di due dall’esperienza vissuta all’interno del Carcere Femminile di Pozzuoli.
Perché ricordarla?
La silloge, accompagnata da un racconto e da riflessioni in prosa, è la narrazione in versi e parole di un’esperienza di vita, la mia. Rita ragazza, donna, figlia, moglie, madre, cittadina e non ultimo lavoratrice. Si susseguono immagini tratte dalla memoria personale, dalla storia familiare, dagli incontri che lungo il percorso della quotidianità si sono susseguiti negli spazi da me abitati: città, strade, luoghi, case, scuole, uffici. E da qui il percorso parallelo dei dolori, delle gioie, dei momenti di felicità, della tenerezza, della rabbia repressa, dei sentimenti di sconfitta e il mutare della percezione della femminilità e dell’essere donna in una società che - nonostante le lotte e le conquiste civili - sembra inciampare e arrestarsi sugli ostacoli dei pregiudizi e su una mal percepita idea di diversità, frutto di una cultura che non riesce a compiere un vero salto di qualità. Oggi più che mai, quando il sangue delle donne sembra offuscare la luce dei giorni.
È uno dei motivi che mi spinge a non mettere a tacere, a non silenziare ciò che è accaduto a Pozzuoli, in quel carcere, insieme all’appassionato desiderio di reagire alla triste e angosciata sensazione di essere diventata “impotente“, nelle scelte e nelle azioni, in una società che ha cancellato ogni parola o sentimento che profumi di umano.
La cultura si riconferma il luogo della rigenerazione, del cambiamento, luogo di sperimentazioni per nuovi linguaggi di comunicazione, sfrondati dalle ipocrisie e falsità che appesantiscono l’esistenza, fomentando l’incomunicabilità e il silenzio delle solitudini.
Dialogare con donne ‘altro’ da me, incrociare le mie parole e sentimenti ai loro, raggiungere infine un risultato condiviso penso sia stata la dimostrazione che è possibile approfondire la conoscenza anche della diversità delle posizioni e avvalora l’importanza che assume l’ascolto dell’altro e la forza che acquista il rapporto fra linguaggi apparentemente non conciliabili.
La parola poetica, poi, è una dimensione di avvicinamento empatico che svela i molteplici aspetti delle persone,, a volte rivelando quello che con altre forme di linguaggio non viene percepito.
I miei obiettivi erano essenzialmente due: far emergere, attraverso il linguaggio poetico, la comunanza di sentimenti che lega in una vicinanza di sensazioni del sentire le persone, e in questo caso le donne, anche lontane tra loro per formazione e cultura; far emergere, sempre attraverso la poesia, il senso e il significato dell’essere donna, oggi, nella varietà delle situazioni personali vissute, all’interno della società e della famiglia nei vari ambiti sociali.
Perché seguire il percorso poetico?
Chi non ha scritto almeno una volta nella vita una poesia (si intende anche in forma di lettere, frasi) per esprimere un sentimento forte che si è provato? Chi non ha dei versi, dei proverbi, delle canzoni, delle frasi ereditate anche dalla “sapienza“ familiare o da amiche che hanno indicato per noi scelte di vita sentimentale?
Grazie al paziente appassionato lavoro delle docenti come Angela e Fausta in primis - di cui leggerete in seguito le testimonianze - le recluse hanno letto i miei versi, si sono riconosciute nelle mie parole e nel mio sentire, lo hanno confrontato con il loro, hanno dialogato con me ponendomi domande, dubbi e ispirandosi ad alcuni miei versi hanno scritto i loro versi, creando un ponte fra me loro, dileguando ogni ostacolo. Abbiamo sentito, amato, portato insieme.
In questo breve libricino, troverete così di seguito il testo poetico che la ispirate il loro testo poetico, a volte con la loro grafia e - quando è stato possibile - il ritratto che di loro ha eseguito il giorno dello spettacolo il mio amico Aldo Capasso: i suoi disegni accompagnano i versi della silloge.
La sorpresa più grande infatti è stata la realizzazione di uno spettacolo, nato sempre grazie all’esperienza di Angela e Fausta, non un saggio scolastico.
Parlo di un vero momento di teatro che ha messo in scena il percorso umano e poetico che si è vissuto, percorso condiviso con le due attrici, le mie figlie gemelle, Anna e Clara diplomate presso l’Accademia del Teatro Mercadante - Teatro Nazionale, che hanno recitato insieme alle donne recluse con la musicista Marilena Vitale, di Fede ‘n’ Marlene, che racconta della gioia di aver potuto incidere alla fine dell’esperienza, un brano dal titolo Soul, scritto interpretato da Elly, una detenuta, brano sempre ispirato dai miei versi.
Credo sia importante lasciare traccia di un evento che, come si può leggere, è stato considerato come unico, non un semplice esperimento, ma una vera magia, come solo la vita e la poesia può donare, affermando con convinzione che la magia non è fuori della vita, estranea e frutto di fantasia, ma è nella vita, è la vita e il teatro il suo specchio.
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