Martedi, 12/05/2020 - Incontro on line del 10 maggio 2020 organizzato da Noi Rete Donne dal titolo “NOMINE E DESIGNAZIONI PUBBLICHE E PARI OPPORTUNITA'" coordinato da Marisa Rodano, Daniela Carlà e Mussi Bollini.
Introduzione di Marilisa D'Amico.
Interventi di: Laura Onofri, Fulvia Astolfi, Carla Lendaro, Antonella Anselmo, Agnese Canevari.
Di seguito si riportano le sintesi sommarie e non esaustive delle relazioni e degli interventi. Su youtube e Su Facebook le versioni integrali dei vari contributi. Daniela Carlà. C’è bisogno di tornare alla normalità, ma oggi abbiamo trovato particolarmente stridente vedere che le donne sono escluse dalla gestione del potere, non possiamo considerare tale una normalità che esclude le donne e osserviamo che i luoghi del potere sono frequentati principalmente dagli uomini mentre le responsabilità sono esercitate anche dalle donne, se non soprattutto dalle donne. Riteniamo che sia urgente fare delle scelte decisive perché le donne non possono non esserci. Invece così è stato per le task force in cui le donne sono o assenti o pochissime. Pensiamo sia arrivato il momento, proprio per la gravità della situazione, di una legge che imponga il riequilibrio di genere. Lo diciamo sulla base delle esperienze fatte con la legge elettorale, con la legge Golfo-Mosca e lo diciamo stando nel solco della Costituzione. Intendiamo aprire un dibattito sui criteri che determinano le nomine, argomento che è doveroso affrontare oggi, proprio per la concretezza del tema. Marilisa D’Amico. Siamo in una stagione in cui abbiamo conquistato tante norme, fatto positivo ma che è positivo ma che non basta. Occorre una maggiore concentrazione affinché all’aumento della presenza deve corrispondere anche un cambiamento effettivo. Occorre concentrarci su alcune nomine politiche, per esempio i componenti laici degli organi di autogoverno, dei giudici costituzionali, le authority, le partecipate. Occorre domandarci se occorre una legge oppure delle linee guida che, come strumenti di soft law, possano ottenere risultati. Ispirandomi al regolamento delle partecipate del Comune di Milano del 2012, in cui sono presenti dei criteri che possono essere ripresi, possiamo lavorare sulla trasparenza delle procedure e delle scadenze, sulle procedure pubbliche di una commissione che selezioni i cv che si possano pubblicare nel caso delle sole persone idonee, sulle norme antidiscriminatorie. Ma sono necessarie una legge o delle linee guida? In realtà non sarebbero necessarie, ma purtroppo in Italia c’è bisogno di una norma, altrimenti rimaniamo nell’ambito delle concessioni. Dobbiamo chiedere di più e anche impegnarci maggiormente come donne anche sui contenuti e sulle azioni di chi si trova in posti strategici. Agnese Canevari. Ci muoviamo in un quadro costituzionale e normativo abbastanza completo. Non è solo una questione di democrazia ma anche di impatto concreto nella vita delle persone; le donne pagheranno maggiormente la crisi economica e riorganizzazione del lavoro. La questione delle nomine pubbliche si colloca coerentemente in questo quadro perché ci sarà bisogno dell’apporto delle donne, quindi è una questione culturale e anche giuridica. Bisogna continuare a costruire alleanze, nelle Istituzioni e nella società, creare network per capitalizzare il grande lavoro che è stato fatto. Laura Onofri. Il DDL presentato ha alcune criticità circa la trasparenza, prevede solo indicazioni per nomine governative e non per le nomine parlamentari e nulla si dice circa le nomine monocratiche e la debolezza della prescrizione sanzionata ria, cosa che è invece molto importante. Da tenere sotto controllo anche le Regioni, dove spesso le donne sono assenti nei vari comitati o organismi. Fulvia Astolfi. L’obiettivo di una legge è condivisibile, ma occorre tanto tempo ed è un percorso lungo. Cosa possiamo fare, oggi, di più? Possiamo fare lava sulle leggi che impongono le Pari Opportunità facendole rispettare perché Pari Opportunità e non discriminazione significa Trasparenza (perché si fa una task force? con quali obiettivi? con quali contributi e presenze? ecc). Una volta chiariti i presupposti di fondo bisogna chiedere i criteri di scelta dei componenti. Questo va fatto ora. Antonella Anselmo. Analizza alcune mancanze e carenze del DPCM che nomina la task force: mancano le motivazioni che sono necessarie, al di là della discrezionalità pur prevista dalla norma. È grave che non ci siano le donne proprio in una fase di grandi cambiamenti. Nell’immediato quello che possiamo fare è chiedere di essere audite dalle task force, chiedere le relazioni e le decisioni prese sulle nostre vite. Occorre rivedere le norme perché abbiamo visto che non bastano le leggi, occorre un lavoro strategico per verificare tutti i livelli di governo e per integrare tutte le norme, per inserire criteri di trasparenza e apparati sanzionatori (nullità ab origine dell’organo, decadenza dell’organo dopo la diffida,invalidità degli atti). Carla Marina Lendaro.Occorrono strategie comuni, una crescita culturale, apertura alla società civile. Noi donne, oggi siamo qualificate e possiamo individuare tra noi le competenze. Oggi il 53,8% dei Magistrati è donna, ma solo il 27% ha ruoli apicali, solo il 38% ha ruoli semidirettivi. Occorre trovare spazi per le carriere delle donne. Da quando funziona il CSM, su 500 componenti solo 28 sono state donne. Il Pdl Ferranti aveva l’obiettivo di riequilibrare le presenze, in questa legislatura è stato ripresentato: nella magistratura c’è bisogna di una legge. Valeria Fedeli. Stiamo lavorando ad un disegno di legge che contiene la trasparenza e i criteri e che tocchi tutte le nomine di tutti gli organismi. Sono convinta che un disegno di legge va fatto, anche se avrà un percorso non breve, della legge c’è bisogno in vista delle prossime nomine. Sono anche per lavorare alle linee guida perché responsabilizza chi oggi lavora alle nomine, ci aiuterebbero anche nella battaglia politica. Vao bene anche fare delle richieste di audizione, cosa che non è alternativa alle altre iniziative. Sulla prossima mozione al Senato chiederemo la costituzione immediata di un Osservatorio presso la Presidenza del Consiglio per valutare l’impatto di genere ex ante di ogni scelta politica ed economica che viene fatta, come del resto è contenuto nel disegno di legge presentato nella precedente legislatura. Stefania Scarponi. D’accordo sulla trasparenza dei criteri delle nomine, per evitare che ci siano scelte scorrette che rispondono ad altri criteri o pressioni di vario genere. Occorre affrontare, oltre al versante giuridico, anche la questione delle sanzioni, quindi occorre una legge e anche un ripensamento culturale; pensa ai servizi di cura e al lavoro che ne deriva alle donne. Loredana Pesoli. È triste che ancora oggi parliamo di questi argomenti e dal 1980 ad oggi si sono depotenziati gli organismi, c’è stato abbandono delle nostre posizioni, determinato anche dall’assenza di presenze forti delle donne nei luoghi dove erano. Siccome le norme ci sono, dobbiamo farci sentire ed essere visibili nelle battaglie di legalità e costituzionalità. Le donne sono sfiduciate e dobbiamo avere il coraggio di individuare donne e uomini che poi facciano quello che chiediamo loro. Elisabetta Mureno. Vede due livelli di azione: certamente le leggi sono importantissime ma c’è anche bisogno che le donne recuperino fiducia in loro stesse. L’assenza delle donne nel settore della finanza è quasi certamente sinonimo di fallimento.
Daniela Colombo. Difficilmente si otterranno risultati a colpi di tweet come è stato per la campagna Datecivoce, che ha ottenuto risposte sempre con tweet da parte del Presidente del Consiglio. Propone che vengano date consulenze a delle esperte di genere per fare lo studio dell’impatto di genere ex ante delle misure che vengono proposte dalla task force. Se le parlamentari intendono lavorare sull’Osservatorio presso la Presidenza del Consiglio, potremmo sostenerle anche cercando alleanze con altre realtà femministe e femminili Patrizia Desole. In quanto consigliera comunale in Sardegna e con l’esperienza di gestione di un Centro antiviolenza, penso che sia indispensabile un cambio di passo. Preoccupante che non ci sia stata una protesta per l’assenza di donne nella task force di Colao, neppure da parte delle parlamentari del mio partito, il PD. Stiamo regredendo velocemente ed è urgente tornare ad una politica radicale e di rottura anche femminista e trovare alleanze nel mondo dell’associazionismo, che è troppo disgregato. Chiede alle parlamentari un maggiore legame con chi lavora nel territorio. Pia Locatelli. D’accordo che si debba lavorare sulla legge e il DDL presentato sia debole soprattutto per la vaghezza, quindi chiedo che la nuova proposta sia precisa e definita in particolare per uanto riguarda le sanzioni; una legge debole o non chiara non ci serve, anzi offre alibi. Una domanda alle nostre giuriste: siccome è stato ribadito che abbiamo un apparato normativo notevole, in relazione a queste task forse, se non sia possibile fare ricorso all’analogia legis, cioè far ricavare una regola di giudizio per i casi che non sono specificamente normati applicando i principi generali dell’ordinamento. Eva Desana. In questo momento è importante sfruttare anche le conoscenze delle donne vicine alla nostra causa che siedono nei CdA delle società quotate, loro hanno anche potere economico e possono aiutarci a portare avanti queste proposte di modifica al Disegno di legge o a una nuova iniziativa, chiedendo loro di aiutarci e sostenerle. Questo per evitare il rischio di farci vedere come rivendicazioni femministe. Laura Cavatorta. Necessità di un intervento normativo esteso ai ruoli apicali delle società private anche non quotate che siano di grandi dimensioni e a tutto il mondo pubblico inteso come società quotate e non e alle liste elettorali, per dire che l’estensione deve essere ampia. Magistratura, istruzione e sanità, dove c’è una maggioranza di donne nel numero degli occupati fa pensare quanto sia indispensabile intervenire con una norma. L’altro punto è il GIA, Gender Impact Assessment, in italiano Valutazione di impatto di genere, cioè di una metodologia che intervenga ex ante e che introduca nella nostra cultura istituzionale la valutazione dell’impatto di genere (lo abbiamo proposto alla ministra Bonetti), utile ad introdurre il concetto di raccolta dati suddivise per genere in tutte le categorie classiche (lavoratori, pensionati, migranti ecc ecc). Escludere gli incarichi dai criteri valutativi nell’assegnazione di ruoli e trovare criteri alternativi, questo per evitare che gli incarichi ottenuti nel corso della carriera siano automaticamente considerati un elemento di merito. Irene Giacobbe. D’accordo sull’esigenza di una legge con sanzioni chiare, ma richiede molto tempo e quindi in questa fase occorre insistere affinché ci siano le donne a decidere le priorità. Il mondo del lavoro deve cambiare: non si può pensare di cambiare senza il contributo delle donne su come e dove cambiare. Immaginiamo una fase post-coronavirus (che ha fatto emergere tutto quello che in questo paese non funziona) in cui le donne siano elemento essenziale del cambiamento, anche per portare la voce delle tante donne che hanno perso il lavoro fatto nelle case (per es le badanti, che in altri paese sono state regolarizzate senza problemi). Alessandra di Michele Bragadin. Le donne devono farsi sentire come forza propulsiva; occorre pressare il Presidente del Consiglio affinché traduca in azioni gli impegni presi. Non dobbiamo mollare la presa. Benedetta Castelli. Abbiamo sentito che Valentina Cuppi, presidente del PD, si rammarica della composizione delle task forces governative tutte al maschile: ma il PD che è al governo non poteva imporre più donne sin dall’inizio? Pertanto chiedo alle elette a tutti i livelli e alle donne che ricoprono posizioni apicali: nei vostri profili comunicate alla base quali azioni e quali contatti avete attivato nell’iter di formazione delle task forces. Titti Di Salvo. D’accordo sulla norma e sull’Osservatorio che Valeria Fedeli ha esposto. Ho vissuto in Parlamento la difficoltà di sottrarsi al voto segreto che gli uomini di tutti i partiti trasversalmente chiedevano e quindi sarà importate avere un sostegno forte e alleanze. Importante inoltre la presenza delle donne, perché questo è il momento della riscrittura e non è pensabile che non ci siamo. Sonia Ostrica. Noi donne siamo in bilico tra la gentilezza e la forza della rivendicazione; abbiamo capito che la gentilezza non produce effetti e quindi dobbiamo trovare il modo di far capire che la misura è colma e non deve sfuggirci che stiamo parlando di Istituzioni pubbliche che non rispettano la Costituzione. Dobbiamo richiamare le istituzioni al rispetto delle regole e, poiché tutto ciò che è pubblico parla per atti, mi domando se non sia possibile impugnare per vie legali ogni provvedimento che violi la parità di genere: dalla costituzione delle commissioni all’assegnazione degli incarichi fiduciari. Chi può farlo? O i singoli soggetti interessati o anche le associazioni. Quindi per un periodo limitato potremmo prendere l’impegno di impugnare gli atti chiedendo la nullità degli atti o la decadenza delle nomine. Altro punto riguarda il criterio della competenza nelle nomine: va applicato alle donne e agli uomini, ma chi è chiamato in organismi pubblici deve dimostrare la sua competenza nelle questioni di genere. Cecilia Robustelli. Il mutamento culturale è alla base di tutte le rivendicazioni e, da linguista, sottolinea l’importanza del linguaggio in questo obiettivo; media e le istituzioni continuano ad usare un linguaggio arretrato, fermo a prima degli anni Ottanta. Dobbiamo intervenire ed essere le prime ad usare un linguaggio non discriminante, che rispetti i generi e che ci metta in luce nelle istituzioni, che dica che le donne ci sono. Il motto per me è ‘parliamo anche per farci vedere, per affermarci; per non chiedere ma per provare il rispetto’. Noi non dobbiamo chiedere, noi dobbiamo dire. Daniela Carlà. Vogliamo che sia un’iniziativa trasversale e anche unitaria, come del resto abbiamo sempre fatto insieme ad altre realtà e associazioni. Il nostro focus è il rapporto tra donne e potere. Dopo questo dibattito direi di porci l’obiettivo di lavorare nelle direzioni indicate, senza escludere nulla. Abbiamo un progetto e una visione. L’obiettivo della legge non è alternativo rispetto all’iniziativa immediata, ma corrisponde alla necessità di inserirci in un percorso. Questa volta lo stupore per l’assenza delle donne è stato gigantesco. Di fronte alla drammaticità della situazione ci siamo sentite disorientate, questo non deve accadere mai più. Non credo che la via giudiziaria sia la via immediatamente percorribile, la strada dell’intervento immediato va percorsa e anche quella della legge nel medio periodo; una legge che deve essere a tempo, nel senso che noi stesse speriamo di non averne più bisogno una volta affermato la pratica e il principio. Sulla legge Golfo-Mosca oggi non siamo intervenute volutamente perché avevamo in programma un incontro solo su questo e speriamo di poter lavorare sul tema specifico a breve. Il femminismo è nato scardinando la dicotomia tra pubblico e privato, ora la storia ci consegna un compito difficilissimo: un intreccio inedito tra pubblico e privato, un rapporto che va reinventato ancora una volta a partire da alcune situazioni che presentano plasticamente le situazioni nuove, come per esempio il lavoro a domicilio, situazioni sulle quali molto possiamo ancora dire. L’intento di questo incontro era di ragionare sulle possibilità di convergere su una nuova legge, come abbiamo fatto per altre norme negli anni passati. Marisa Rodano. Sono emerse molte cose interessanti da questo incontro e mi fa piacere che, come Noi Rete Donne, riusciamo a lavorare anche in condizioni avverse. Mi auguro che presto potremo tornare ad incontrarci di persona.
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