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Natalia di Fausta Cialente

Natalia di Fausta Cialente

"È come se la scrittrice volesse amplificare la voce, la solitudine e il dolore di una donna e non farne il ‘prodotto’ di un contesto storico e sociale del Fascismo, che, seppur non nominato, è lì presente"

Lunedi, 25/09/2023 -

Coraggiosa Fausta Cialente. Questo si pensa nel momento in cui si iniziano a legge le opere della scrittrice. Coraggiosa perché non solo ha scritto di donne, quando queste non avevano diritto di parola. Ed erano relegate al ruolo di madri o di figlie o di moglie. Ma perché il suo primo romanzo Natalia (La Tartaruga, 2019) uscito nel 1930 è forse uno dei primi romanzi omosessuali o bisessuali della letteratura italiana.

L’autrice consapevole del proprio talento domina con padronanza la storia. E, attraverso un escamotage letterario, fa della sua protagonista una figura addirittura doppia, come se ci fossero due Natalie, quella che non apre l’animo a nessuno ed è forse lesbica, e la Natalia brava figlia di genitori borghesi (il padre è un ufficiale), con tutte le aspettative che l’ambiente dei primi del Novecento richiedeva a una donna.

Il romanzo racconta la storia di Natalia, prima bambina e poi giovane donna.

Dopo una prima conoscenza della protagonista bambina, della madre e della famiglia che le ospita per uno soggiorno, si passa alla storia vera e propria. Natalia è diventata una giovane donna, che si affaccia con uno sguardo annoiato alla vita. La Prima guerra mondiale è agli sgoccioli, fresco è il ricordo della disfatta di Caporetto, la ragazza ha intrattenuto una corrispondenza con un giovane soldato amico del fratello, Malaspina, che, a guerra finita, la vuole incontrare.

L’incontro con il giovane porta Natalia a capire che in realtà non ha molto in comune con l’uomo, oltre a non essere stata del tutto sincera con lui. L’autrice fa comprendere come, nelle lettere, la giovane donna si sia mostrata per quello che in realtà non è. Così, una volta incontrato l’uomo, prende un treno e va da Silvia, la figlia presso i quali ha passato l’estate raccontata all’inizio del romanzo.

È il fratello quasi a indurla non solo a incontrare l’uomo, ma anche farle capire che si è esposta. E per questo deve sposarlo.

Così la fuga e il vivere nella quiete della casa di Silvia, porta Natalia a mostrare la sua vera natura. Le due vivono sotto lo stesso tetto e, come se fosse una cosa normale, per i tempi, vivono la loro storia.

In Silvia il desiderio erotico si presenterà passivo, riflesso, accondiscendente al desiderio dell’amante. L’amore fiorisce, ma quando Natalia viene a sapere del matrimonio di Silvia, scrive infatti a Malaspina, l’uomo che aveva rifiutato poco prima. Natalia lo sposa e da lui ha un figlio. Il bambino nasce morto e intorno a lei, in famiglia, si fa un muro di silenzio, nessuno osa dire che il bambino è morto; nessuno lo dirà mai e lei nutre l’illusione che non sia avvenuto nulla. Vive una vita sospesa nel vuoto e nel silenzio, fino a considerare gli altri ostili. Allora prende la decisione di scomparire. Va a trovare la famiglia, il terzo giorno avrebbe dovuto essere raggiunta da Malaspina, secondo gli accordi con lui, ma parte prima, dicendo che sarebbe tornata da Malaspina in treno. Invece sparisce nel nulla.

Natalia scappa in una città estera vive la sua vita e, una sera, anni dopo, ritorna. Viene trovata da un amico del fratello, Valdemaro, una sorta di poeta fallito, in un bar, ingaggiata come attrice in un gruppo teatrale, al quale racconta di essersi sempre saputa mantenere da sola. A un certo punto lo spazio si contrae e compare Malaspina. E accetta di continuare a vivere sotto lo stesso tetto di Malaspina. La relazione con Silvia è ormai dimenticata o pensata come «istinto perverso».

Il romanzo è fatto di rotture: l’allontanamento di Natalia da Silvia; loro nuovo incontro da amanti; ripiego di Natalia su un matrimonio di facciata, alla notizia del matrimonio di Silvia. Nell’animo di Natalia, a questo punto, sorgono disperazione, gelosia e vendetta, Natalia scrive, infatti, a Malaspina. Si fidanza con lui, e da lui fugge qualche tempo più tardi. Oltre a queste rotture allontanamenti il romanzo vive anche di cambi di prospettiva. Quando Natalia fugge all’estero, l’autrice racconta la vita di Malaspina, la sua attesa, il suo subire il dolore che la perdita della moglie e del bambino morto gli provoca.

Altra componente è l’estraneità: il romanzo non ha mai una precisa indicazione spaziale dei luoghi; mai è fatto il nome di una città, non ci sono date se non allusioni a fatti storici. Questo forse per aumentare il dramma e la solitudine della donna protagonista. Come se il suo dramma dovesse essere un fatto solo esistenziale e non legato ad un contesto. È come se la scrittrice volesse amplificare la voce, la solitudine e il dolore di una donna e non farne il ‘prodotto’ di un contesto storico e sociale del Fascismo, che, seppur non nominato, è lì presente.

Questa si rivela la scelta più giusta della scrittrice. Che rende interessante il romanzo.

La passione lesbica di Natalia non si contrappone alla ragione o alla coscienza come qualcosa di impuro, non crea un conflitto con la ragione ma con l’ambiente sociale e familiare. D’altra parte, sembra essere la sua volontà a renderla, in una fase della vita, eterosessuale. Natalia sceglie, ad un certo punto, di essere eterosessuale. La geografia emozionale cambia, come cambiano i paesaggi, da una città senza nome a una campagna senza nome. Ci sono due testi, due fasi della vita, quello della protagonista omosessuale, e l’altro di lei eterosessuale. Per la caratteristica frammentazione e la scissione dell’io, Natalia è un romanzo modernista.

Non si riuscirà mai a capire chi è Natalia.

Natalia (terminato nel 1927 ma stampato nel 1930), vince il Premio dei Dieci, presieduto da Massimo Bontempelli

Natalia venne pubblicato in Francia nel 1932, nella traduzione di Henri Marchand.


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