Madri lavoratrici: preoccupante sentenza della Corte di Giustizia dell'UE
Per la Corte di Giustizia dell’UE in un licenziamento collettivo, in Spagna, una lavoratrice madre può essere licenziata, in contrasto con la direttiva europea 92/85 che vieta il licenziamento
Domenica, 25/02/2018 - La Corte di Giustizia dell’UE ha stabilito, con una recente sentenza (qui la sentenza), che nell’ ambito di un licenziamento collettivo, una legge che consente di licenziare una lavoratrice in stato di gravidanza non è contraria al diritto comunitario anche se ciascuno Stato membro resta libero di includere forme di tutele più garantiste per le lavoratrici gestanti.
La controversia è nata a seguito del licenziamento di una lavoratrice in stato di gravidanza nel corso di una procedura di riduzione collettiva del personale avviata da una banca. Tale recesso è stato intimato nel rispetto delle norme spagnole, che vietano il licenziamento delle lavoratrici gestanti salvo il caso in cui il recesso sia dovuto a motivi non riguardanti la gravidanza o l’esercizio del diritto ai permessi e all’aspettativa conseguenti alla maternità.
Diciamo subito che la sentenza non avrà alcun impatto immediato sulle norme vigenti in Italia, che impediscono, anche in caso di procedura collettiva, il licenziamento della lavoratrice madre, a meno che non ci sia una chiusura dell’intera azienda.
Quello che però rileva è che la Corte Europea ha applicato alla lettera la legge spagnola, giustificando il licenziamento per motivi economici relativi all’organizzazione e alla produzione dell’impresa, e non considerando di fatto la direttiva Ue 92/85 che vieta il licenziamento delle lavoratrici nel periodo compreso tra l’inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità (Articolo 10- Divieto di licenziamento. Per garantire alle lavoratrici ai sensi dell'articolo 2 l'esercizio dei diritti di protezione della sicurezza e della salute riconosciuti nel presente articolo: 1) gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare il licenziamento delle lavoratrici di cui all'articolo 2 nel periodo compreso tra l'inizio della gravidanza e il termine del congedo di maternità di cui all'articolo 8, paragrafo 1, tranne nei casi eccezionali non connessi al loro stato ammessi dalle legislazioni e/o prassi nazionali e, se del caso, a condizione che l'autorità competente abbia dato il suo accordo)
E' preoccupante questa decisione della Corte Europea perchè è un chiaro arretramento delle tutele sulla maternità che vedono restringere il perimetro della applicazione dei principi a garanzia delle lavoratrici madri in molti Paesi.
Come per i diritti sessuali e riproduttivi, continuare a legittimare che ogni singolo Stato possa legiferare autonomamente sulle materie che toccano i più importanti diritti delle donne è un grave passo indietro per il rafforzamento dell'idea di un Europa unita non solo economicamente, ma nella difesa delle libertà individuali e delle discriminazioni.
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